Cronaca

‘Ndrangheta a Vibo, luce sulla “faida” tra i “Ranisi-Pardea” e i “Pugliese Cassarola”

Il pentito Bartolomeo Arena ricostruisce i tentati omicidi compiuti in città tra il settembre del 2017 e il febbraio del 2018: "Mommo Macrì voleva coinvolgerci in una guerra"

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“Temo che a Vibo a breve scoppierà una guerra di ‘ndrangheta”. Parole di Bartolomeo Arena, il nuovo collaboratore di giustizia le cui dichiarazioni confluiscono tra le pagine della maxi inchiesta denominata “Rinascita-Scott”. Un retroscena emerso già qualche giorno prima del maxi blitz e che oggi, alla luce di quanto si legge tra le migliaia di carte che compongono la monumentale indagine della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, inizia ad avere un significato preciso. A cavallo tra il 2017 e il 2018 a Vibo la “pax mafiosa” raggiunta tra le tre ‘ndrine che compongono il locale di ‘ndrangheta cittadino fu messa a dura prova dai comportamenti “spregiudicati” e “sconsiderati” delle cosiddette “nuove leve” e, in particolare, di alcuni componenti del gruppo emergente dei “Pardea-Ranisi” in contrasto con i “Pugliese Cassarola”. Un’escalation di danneggiamenti e tentati omicidi che rischiò di sfociare in una vera e propria guerra di ‘ndrangheta.

Mommo Macrì

Saro Pugliese

Quel 27 settembre del 2017. In particolare, nel tardo pomeriggio del 27 settembre del 2017, alle ore 18.30 nel quartiere Affaccio di Vibo Valentia, un soggetto con un casco integrale esplodeva numerosi colpi d’arma da fuoco gambizzando Nazzareno Pugliese, nipote di Rosario, detto “Saro Cassarola”, esponente di spicco dell’omonima ‘ndrina.  L’azione, secondo le acquisizioni tecniche del Nucleo investigativo dei Carabinieri, sarebbe stata seguita da ulteriori eventi, tutti non denunciati, ossia: l’esplosione di colpi di arma da fuoco da parte di alcuni soggetti appartenenti o vicini alla famiglia Pugliese contro l’auto di colui che era ritenuto l’autore del ferimento di Nazzareno Pugliese; l’esplosione di colpi di arma da fuoco contro l’abitazione dei coniugi Pugliese-Fortuna, genitori di Nazzareno Pugliese; l’esplosione di colpi di arma da fuoco contro l’abitazione dei coniugi Franzè-Pugliese, zii dei Nazzareno Pugliese. Inoltre, alle ore 19.30 del giorno successivo, sempre nel quartiere Affaccio di Vibo Valentia, venivano esplosi ulteriori colpi di arma da fuoco da parte di due soggetti a bordo di uno scooter, con indosso caschi integrali. Obiettivo dell’intimidazione il circolo privato “Capialbi”, ubicato nelle vicinanze del Comando provinciale dei vigili del fuoco nel quartiere Affaccio e noto come “Il Gallo”, dal soprannome del proprietario, Carmelo Pugliese, zio di Nazzareno e fratello di Rosario. Per gli inquirenti il filo conduttore delle azioni di fuoco sarebbe Domenico Macrì, detto “Mommo”, 35 anni, ritenuto il capo dell’ala militare dei “Pardea Ranisi” e arrestato nel maxi blitz di giovedì scorso anche con l’accusa, tra le altre cose, di tentato omicidio. Quella sera del 27 settembre 2017 avrebbe esploso otto colpi di pistola all’indirizzo di Nazzareno Pugliese e, successivamente, avrebbe attentato alla vita di Antonio Franzè, colpito con sette colpi della stessa pistola, una calibro 9. La stessa che ha sparato il giorno dopo all’indirizzo del circolo ricreativo di Carmelo Pugliese. Una tripla azione che – secondo l’ipotesi accusatoria – sarebbe stata posta in essere “per motivi abietti e futili legati al controllo del territorio nel contesto delle dinamiche associative interne alla locale di ‘ndrangheta di Vibo e della contrapposizione esistente tra la ‘ndrina dei Ranisi e quella dei Cassarola, facente campo alla famiglia Pugliese”.

Bartolomeo Arena

Le dichiarazioni di Arena. Sulla “faida” tra i “Ranisi” e i “Pugliese” riferisce proprio il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena secondo il quale, nonostante le acredini tra i due gruppi criminali risalissero nel tempo, il vero e proprio scontro sarebbe iniziato con il ferimento mediante l’esplosione di colpi di pistola di Nazzareno Pugliese da parte di Domenico Macrì. Il giovane pentito riferisce anche dell’intervento immediato di Enzo Barba e Paolino Lo Bianco nel tentativo di interrompere le ostilità temendo l’intensificazioni delle attenzioni da parte delle forze dell’ordine. Nell’interrogatorio dell’uno novembre 2019, Arena aggiunge altri particolari- “Mommo Macri mi diceva espressamente in quel periodo che voleva coinvolgerci in una vera e propria guerra, cosa che stava riuscendo, tant’è che lui aveva sparato anche a Nazzareno Cassarola, figlio di Antonio, ragion per cui Saro Cassarola sparò a me, Antonio Macrì e Giuseppe Camillò. Il ferimento di Nazzareno Pugliese avvenne in viale Affaccio mentre Mommo Macrì era in compagnia di mio cugino Michele Pugliese Carchedi. Nella circostanza Mamma Macrì sparò Nazzareno nel piede. Successivamente Mommo venne a casa mia insieme a mio cugino Pugliese Carchedi e mi disse che aveva sparato ad uno dei Cassarola ed, in particolare, a Nazzareno Pugliese, in quel momento in compagnia del cognato Fabio Tagliacozzo, che non l’avevano salutato all’interno di un circolo. Preciso che Mommo Macrì non era sicuro di aver ferito il Pugliese. Io, in primo luogo, andai a cercare mio cugino Pardea Francesco Antonio non trovandolo, poi andai da Antonio Macrì – già in compagnia in quel momento di Giuseppe Camillò – e gli dissi che il figlio aveva sparato ad un Cassarola. Antonio mi chiese di andare in giro con lui nella macchina ma mi proibì di portare al seguito delle armi. All’interno della macchina c’era pure Giuseppe Camillò. Antonio Macrì, cugino di Mommo, in Piazza Municipio mi disse che Saro Cassarola era nella zona della Despar che evidentemente stava cercando Mommo Macrì, che abita li vicino. Ci siamo recati nel luogo dove effettivamente incontravamo Saro Cassarola che, armato di pistola cal. 38, esplodeva dei colpi di arma da fuoco verso la nostra autovettura senza tuttavia colpirci. In seguito, ci siamo incontrati nei pressi dell’agenzia di scommesse Intralot, con Mommo Macrì che arrivò sul luogo in moto unitamente a Daniele La Grotteria, e nella circostanza lo rimproverai pesantemente per quanto aveva fatto, dicendogli che Pugliese Saro ci aveva appena sparato. Lui sentendosi in colpa andò a bordo della moto unitamente a Daniele La Grotteria, in viale Affaccio, ed esplose dei colpi di arma da fuoco all’indirizzo dell’autovetture e dell’abitazione di Saro Cassarola”. Nell’interrogatorio dell’1 novembre 2019, Arena indicava gli autori della sparatoria all’indirizzo del circolo ricreativo “Capialbi” di Carmelo Pugliese, specificando che il movente era riconducibile sempre allo scontro tra i Ranisi ed i Cassarola. Ad eseguire l’attentato sarebbero stati Domenico Camillò (classe 1994) e Luigi Federici, con quest’ultimo che conduceva il motociclo ed il primo che materialmente esplodeva i colpi di pistola. “Nella circostanza sottolinea Arena – i due esplosero dei colpi di arma da fuoco all’impazzata con il rischio di uccidere qualche innocente”.

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L’agguato al cimitero. Lo stesso Macrì è accusato di essere il mandante del tentato omicidio di Alessandro Sicari, il custode del cimitero di Vibo, ferito il 21 gennaio del 2018 con due colpi di pistola. A sparare sarebbe stato in questo caso Marco Ferraro. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Sicari avrebbe sottratto a Macrì una pistola che aveva originariamente occultato all’interno del cimitero. Quanto basta per ordinare l’azione di fuoco compiuta nel tardo pomeriggio di una uggiosa domenica di gennaio.

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Il presunto danneggiamento alla casa dei Ionadi. Tra il 16 e il 19 febbraio 2018 Mommo Macrì, insieme a Luigi Federici, Michele Pio Maximiliano Macrì, Domenico Camillò e Giuseppe Alessandro Tomaino si sarebbe recato a casa di Roberto Ionadi e alla presenza dei suoi familiari lo avrebbero minacciato, picchiato fino ad esplodere contro l’abitazione almeno quattro colpi d’arma da fuoco. Motivo? Costringere il giovane a non frequentare più Francesco Barbieri, inviso al gruppo e ritenuto appartenente alla cosca Accorinti di Zungri, nonché – secondo il capo d’imputazione – per aver frequentato Francesco Pugliese, inteso Willy, figlio di Saro Pugliese. Un altro episodio che gli inquirenti inquadrano nell’ambito della contrapposizione tra la ‘ndrina dei Ranisi e quella dei Cassarola.

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