Cronaca

Omicidio Gangitano, ucciso dall’ex boss Andrea Mantella perché omosessuale

Del delitto si è autoaccusato il collaboratore di giustizia che ha riferito agli inquirenti modalità e movente del delitto

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Filippo Gangitano doveva essere ucciso, la cosca non poteva tollerare di avere come associato un omossessuale. E secondo le regole della malandrineria, era Andrea Mantella, cugino di Gangitano, la persona designata a farlo fuori. Un omicidio la cui gravità indiziaria, è essenzialmente basata sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Mantella, il quale si è autoaccusato del delitto, raccontando nel dettaglio il movente, il fatto che Gangitano fosse andato a convivere a casa del padre con il compagno, i tentativi vani dello stesso di convincere i capi Carmelo Lo Bianco, padre di Paolino, Vincenzo Barba dall’abbandonare quella decisione, obbligata dalle regole della malavita che non avrebbero tollerato di avere un associato gay. Mantella ha riferito le fasi prodromiche del delitto, le modalità di esecuzione, anche attraverso il coinvolgimento inconsapevole dei fratelli Domenico e Nazzareno, costretti a occultare il cadavere della povera vittima. Una trappola tesa dal fratello che li avrebbe costretti a compiere un’azione non voluta contro il cugino, un affronto che avrebbe definitivamente determinato la fine dei rapporti con lui.  Secondo il gip Barbara Saccà pur  ritenendo dettagliate, logiche le dichiarazioni rese da Mantella, la cui attendibilità è stata acclarata in diversi processi e nei cui confronti si deve riconoscere il coinvolgimento nel delitto Gangitano, con riferimento agli altri indagati (Vincenzo Barba, Paolino Lo Bianco) mancano i riscontri per ritenere raggiunta la soglia della gravità indiziaria. (g. p.)

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