Cronaca

Assenteismo all’Asp di Catanzaro, il dirigente Nisticò può tornare a lavoro

I giudici del Tribunale del Riesame hanno annullato all’indagato, coinvolto nell'inchiesta "Cartellino Rosso", la misura della sospensione dal servizio per un anno

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Può tornare a lavorare il dirigente di Struttura complessa Carlo Nisticò, ex consigliere del Comune di Catanzaro, coinvolto insieme ad altre 56 persone, per truffa e falsa attestazione della presenza in ufficio nell’inchiesta “Cartellino Rosso”, istruita dal sostituto procuratore della Repubblica Domenico Assumma, nei confronti di dipendenti dell’Asp e del Pugliese. I giudici del Tribunale del Riesame hanno accolto l’istanza difensiva del legale Peppe Fonte, annullando all’indagato la misura della sospensione dal servizio per un anno. Davanti al gip, durante l’interrogatorio di garanzia aveva fornito la sua versione dei fatti: “non ero tenuto ad un orario di lavoro e non ho mai truffato l’azienda”, dichiarandosi estraneo ai fatti contestati.  Il suo ruolo di dirigente di Struttura Complessa, come chiarito dal suo legale difensore, secondo la normativa vigente in materia, “lo esentava da qualsiasi obbligo d’orario in entrata ed in uscita. La sua retribuzione, secondo legge, non veniva corrisposta in base all’orario di lavoro. Ne deriva che, nessuna delle condotte contestate al dirigente nel provvedimento di applicazione della misura interdittiva può avere, secondo la difesa, rilevanza penale”.

Per la Procura, che aveva richiesto nei confronti di Nisticò gli arresti domiciliari,  il dominus dell’organizzazione truffaldina sarebbe stato proprio lui, il direttore responsabile della Struttura complessa Gestione tecnico patrimoniale dell’Asp di Catanzaro, che nell’arco di soli quattro mesi, sarebbe risultato assente ingiustificato per più di 46 ore con danno per l’ente pubblico per oltre 2.600 euro. Il cartellino del dirigente risultava correttamente timbrato, solo che il suo badge sarebbe stato strisciato sul dispositivo elettronico aziendale dai suoi colleghi, che lo coprivano mentre Nisticò si trovava altrove, violando i doveri di lealtà e probità inerenti il pubblico servizio svolto. (g. p.)

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