Cronaca

“Furbetti del cartellino” all’Asp di Catanzaro, Nisticò al gip: “Estraneo alle accuse”

Durante l'interrogatorio di garanzia, davanti al gip, in 5 si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e solo in 2 hanno fornito la loro versione dei fatti

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Dei sette indagati finiti nell’inchiesta "i furbetti del cartellino" all'Asp di Catanzaro istruita dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Domenico Assumma,  per truffa e falsa attestazione della presenza in ufficio, raggiunti dalla misura di sospensione temporanea dal servizio per i quali per stamattina è stato calendarizzato l’interrogatorio di garanzia, in cinque hanno scelto il silenzio, in attesa di entrare in possesso di tutti gli atti di indagine, mentre solo in due hanno deciso di rispondere al gip. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, davanti al giudice Claudio Paris, firmatario del provvedimento cautelare Francesco Salvatore Sinopoli (sospeso per un anno) , difeso dall’avvocato Maurizio Belmonte, Vitaliano Palaia, (sospeso per sei mesi) difeso dal legale Antonio Rania, Alessandro Ruggiero, (sospeso per sei mesi), difeso dal legale Pietro Pitari, Giuseppe Ciambrone, (sospeso per sei mesi),difeso dal legale Giuseppe Risadelli e Marcello Ferro, (sospeso per un anno) codifeso di legali Saverio Loiero e Vittoria Aversa.  Hanno fornito la loro versione dei fatti, Rosario Tomarchio, (sospeso per sei mesi), codifeso dai legali Aldo Ferraro e Antonella Pagliuso, che hanno chiesto la revoca della misura, perché si tratta di fatti datati nel tempo e il dirigente di Struttura complessa Carlo Nisticò, (sospeso per un anno), ex consigliere comunale, difeso dall’avvocato Peppe Fonte.




“Ho sempre lavorato”.  "Non ero tenuto ad un orario di lavoro e non ho mai truffato l'azienda". Nisticò si è difeso dalle accuse, dichiarandosi estraneo ai fatti contestati.  Il suo ruolo di dirigente di Struttura Complessa, come chiarito dal suo legale difensore, secondo la normativa vigente in materia, "lo esentava da qualsiasi obbligo d'orario in entrata ed in uscita. La sua retribuzione, secondo legge, non veniva corrisposta in base all'orario di lavoro. Ne deriva che, nessuna delle condotte contestate al dirigente nel provvedimento di applicazione della misura interdittiva può avere, secondo la difesa, rilevanza penale". Domani sono previsti gli interrogatori di garanzia per gli altri otto indagati raggiunti  dalla stessa misura cautelare di sospensione. Si tratta di Enrico Caruso, Giuseppe Gallo Folino, Mario Mangiacasale, Antonio Aloi, Maurizio Mazziotti, Giuseppe Raciti, Vincenzo Mancuso e Giorgio Costantino. L’inchiesta, che ha portato a 57 avvisi di garanzia, ha consentito di rilevare oltre 2.100 episodi di assenteismo, di ingiustificato allontanamento dal luogo di lavoro e di falsa attestazione della presenza, per un totale di circa 1.800 ore di servizio non svolte.

Le richieste del pm. Il pubblico ministero, titolare del fascicolo, aveva chiesto misure cautelari ben più pesanti: il carcere per Marcello Ferro, gli arresti domiciliari per Alessandro Ruggiero, Carlo Nisticò, Francesco Salvatore Sinopoli, l’obbligo di dimora per Giuseppe Ciambrone, Enrico Caruso, Giuseppe Raciti, Vitaliano Palaia. E ancora l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Rosario Tomarchio, Giuseppe Folino Gallo, Antonio Aloi, Giorgio Costantino, Mario Mangiacasale, Maurizio Mazziotti e Vincenzo Mancuso.

La decisione del gip.  Richieste non accolte dal gip e non perché il giudice per le indagini preliminari non condivida le ipotesi accusatorie del pubblico ministero titolare del fascicolo o perché non ritenga raggiunta la prova o la gravità indiziaria. Tutt’altro. Per il gip si tratta di un’indagine che mette a nudo per l’ennesima volta un diffuso assenteismo nell’ambito di locali uffici pubblici “e si badi un assenteismo non semplicemente generalizzato ed accettato, ma reso ancora più subdolo e riprovevole da una sorte di atteggiamento corporativo da parte di quegli stessi dirigenti che anziché reprimere siffatte condotte dei loro sottoposti, ne sono stati essi stessi protagonisti e in alcuni casi finanche istigatori. Va precisato che i certosini accertamenti della Guardia di finanza inducono senza altro a ritenere sussistente la gravità indiziaria rispetto a ciascuna delle provvisorie imputazioni formulate dal requirente nei confronti di ciascun indagato. Fonti di prova inoppugnabili quali le immagini estrapolate dalle telecamere presenti in loco”.

Fatti datati.  Il gip non accoglie le misure cautelari richieste dal titolare del fascicolo solo perché si tratta di fatti datati, risalenti ai primi mesi del 2017, che in ogni caso non fanno venir meno il pericolo di reiterazione del reato. “Non può non evidenziarsi- scrive il gip- l’enorme serialità degli episodi commessi e del modus operandi degli indagati, trattandosi di una sovente perpetrazione concorsuale dell’illecito frutto di una diffusa sensazione di impunità proprio perché ciascuno è complice dello stesso sistema e depositario dei segreti dell’altro. E’ vero che si tratta di accertamento risalente, ma è altrettanto vero che le innumerevoli condotte di cui si discute si registrano in un ristrettissimo arco temporale, circa quattro mesi, il che lungi dal rafforzare l’assunto della risalenza nel tempo e dell’episodicità di tali condotte, dimostra invece come si tratti di un modo di vivere il proprio rapporto di impiego con l’amministrazione di appartenenza. Quanto al tipo di misura ritenuta idonea a fronteggiare il pericolo di reiterazione, ad avviso del giudice mai come in questo tipo di illeciti è di evidenza la straordinaria efficacia della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio”.

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