Rimborsi non dovuti, il “vizietto” di Brutto e le strane correzioni (VIDEO)

Non è la prima volta che il consigliere del Comune di Catanzaro finisce nel mirino della Procura per aver “intascato” rimborsi non dovuti

Verbali farlocchi sulle riunioni della Prima, Seconda e Terza commissione consiliare avrebbero consentito al consigliere comunale di Catanzaro Tommaso  Brutto, in soli due  mesi, di intascare a titolo di gettone di presenza 192,60 euro e un’assunzione fittizia alla Verdeoro, risultante solo sulla carta, perché, Brutto, secondo le ipotesi della Procura, a lavoro non ci andava mai.  Lo stipendio di tremila euro lordi al mese? Sul conto del Comune, “costretto” a pagare dal 2015 a giugno 2018, un rimborso complessivo alla società di 103.160,34 euro, per le assenze che avrebbero impegnato il consigliere nelle sue attività istituzionali a Palazzo De Nobili, sottraendolo alla attività lavorativa nell’impresa agricola della Verdeoro. Una duplice vicenda giudiziaria che è costata a Brutto un avviso di garanzia per le ipotesi di reato di uso di atto falso e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.




Corsi e ricorsi storici.  Non è la prima volta, però, che Brutto, finisce nel mirino della Procura per aver “intascato” rimborsi non dovuti. Nel 2007, quando era assessore ai Trasporti della Provincia è stato indagato per truffa aggravata ai danni dell’Ente intermedio di Catanzaro. Al centro dell’inchiesta una serie di fatture gonfiate per 13 missioni fuori Calabria, accuse che lo hanno portato sul banco degli imputati e ad una condanna ad un anno e dieci mesi di reclusione in primo grado nel 2011 per 11 di queste trasferte fuori regione. Secondo il castello accusatorio, nel 2005, il consigliere avrebbe chiesto e ottenuto dalla Provincia rimborsi non dovuti per un totale di 3.284 euro e per una missione avrebbe richiesto il rimborso sia al Comune che alla Provincia, duplicando le spese di vitto e alloggio, con l’indicazione del mezzo utilizzato, l’aereo per la Provincia e il mezzo proprio per il Comune. Ci ha pensato poi il decorso del tempo in Appello a mettere definitamente la parola fine su questa vicenda: i giudici di secondo grado hanno pronunciato l’estinzione del reato per prescrizione.

 L'inchiesta attuale e le strane correzioni.  Nei faldoni dell’inchiesta sull’assunzione di Brutto alla Verdeoro emergono in alcuni atti delle discrasie risalenti a cinque anni fa.  Il 28 luglio 2015, una dipendente comunale addetta al servizio, sulla scorta di una documentazione prodotta in Ufficio ha trasmesso alla Verdeoro il riepilogo delle spettanze da rimborsare al consigliere Brutto inerente il periodo febbraio-giugno 2015, per un importo totale da fatturare di 10.552,85. Sulle attestazioni di partecipazione ai lavori di quella che nella scorsa legislatura era la Sesta commissione, sono presenti correzioni a penna apportate nei giorni 13, 20 e 27 maggio nonché il 30 aprile 2015. Attestazioni consegnate alla dipendente comunale da Brutto, “il quale- si legge nell’informativa dei carabinieri delegati alle indagini- siglava anche le correzioni”. Stessa cosa sull’attestazione dell’allora seconda commissione consiliare permanente relativa alla partecipazione del consigliere Brutto per il mese di marzo 2015. Risultano evidenti correzioni a penna sull’ orario di termine dei lavori della stessa: i giorni 13, 20 e 27,  l’orario di fine lavori dattiloscritto per le 10.30 è stato ricorretto mettendo 13.30.  Correzioni a penna risultanti anche nel mese di aprile 2015, alterazioni confermate dal riscontro degli stessi documenti prodotti dalla società Verdeoro alla polizia giudiziaria. Inoltre nel contenuto dei verbali inerenti le sedute della Sesta commissione consiliare permanente  nei giorni 13, 20 e 27 marzo 2015, non viene dato in alcun modo atto del subentro ai lavori del consigliere Brutto,  solo “nella fiancatura” risulta l’indicazione di una “P” manoscritta e a fianco di tale lettera  l’orario “10.30 e 13.30” scritto a mano. Manipolazioni "avvenute col chiaro intento di ricevere un ingiusto profitto".

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