Cronaca

Inchiesta “Robin Hood”, Ruberto e Caserta lasciano il carcere e vanno ai domiciliari

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L’ex presidente di Calabria Etica e l’ex dirigente della Regione Calabria lasciano la Casa circondariale di Vibo dove erano reclusi dallo scorso 2 febbraio

di GABRIELLA PASSARIELLO

Dal carcere agli arresti domiciliari. Il Tribunale del riesame di Catanzaro ha parzialmente accolto le richieste dei legali Giancarlo Pittelli e Francesco Iacopino difensori dell’ex direttore generale del dipartimento generale Vincenzo Caserta e dell’avvocato Mario Murone dell’ex leader di Calabria Etica Pasqualino Ruberto, travolti nell’inchiesta Robin Hood sulla gestione clientelare di fondi pubblici che ha portato all’arresto di nove
persone tra politici, imprenditori e dirigenti regionali. Una decisione da parte dei giudici del Riesame arrivata dopo un giorno dalla discussione degli avvocati e del procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri e del pm Graziella Viscomi. I legali dei coindagati avevano invocato l’annullamento dell’ordinanza per difetto sia della gravità
indiziaria che delle esigenze cautelari dimostrando davanti ai giudici del Riesame, presidente Giuseppe Valea, a latere Federico Zampaoli ed Ermanna Grossi, l’infondatezza delle ipotesi accusatorie di abuso di ufficio e turbativa d’asta, cui si aggiunge per Caserta il capo di accusa per falso. E in seconda battuta avevano chiesto la sostituzione della misura cautelare in carcere con una misura meno afflittiva. Il pubblico ministero Graziella
Viscomi aveva prodotto in aula ulteriore documentazione a sostegno della propria tesi accusatoria.

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L’inchiesta.  L’inchiesta ha svelato la distrazione di fondi comunitari destinati al
“Credito sociale”, sottratti ai veri destinatari, alle famiglie più disagiate,  somme cospicue impiegate, invece, per scopi personali. Un meccanismo escogitato ad hoc, secondo le ipotesi di accusa, dall’ex assessore al Lavoro Nazzareno Salerno, che avrebbe esercitato una pressione continua nei confronti dei dirigenti del proprio assessorato, per imporre
scelte che gli avrebbero garantito ampia discrezionalità nella gestione del progetto “Credito sociale”, complici Vincenzo Caserta e Pasqualino Ruberto. Sarebbe bastato esternalizzare il servizio, sottraendolo a Fincalabra, ente in house della Regione. Nazareno Salerno, raggiunto anche lui da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, avrebbe affidato la procedura per assegnare il servizio di esternalizzazione a Vincenzo Caserta, considerato la longa manus dell’ex assessore secondo gli inquirenti. Caserta, poi, avrebbe affidato la gestione dello strumento di ingegneria finanziaria alla fondazione Calabria Etica, in realtà priva dei requisiti per la gestione di uno strumento finanziario di microcredito. E nel giro di pochi giorni il servizio sarebbe passato alla Cooperfin.

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