Cronaca

‘Ndrangheta, operazione “Conquista”: regge l’accusa ai Bonavota. In 4 restano in carcere

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Torna in libertà Pasquale Bonavota, ritenuto dagli inquirenti, il “capo società”. Per il gip di Roma non c’è pericolo di fuga. Ravvisate le esigenze cautelari per gli altri indagati

di MIMMO FAMULARO

Quattro delle sei persone fermate nell’ambito dell’operazione “Conquista” restano in carcere e, sostanzialmente, regge l’impianto accusatorio sul quale si fonda l’inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Il gip di Vibo Valentia, Gabriella Lupoli ha, infatti, convalidato il fermo di Domenico Bonavota, 37 anni, ritenuto il capo dell’ala militare dell’omonimo clan. Con lui restano dietro le sbarre anche Onofrio Barbieri, 36 anni, considerato uno sorta di “braccio destro” e Giuseppe Lopreiato, 22 anni. Provvedimento rigettato invece per Domenico Febbraro, 23 anni, anche lui di Sant’Onofrio, per il quale il giudice ha applicato ugualmente la misura cautelare in carcere. Non ha invece ravvisato gli estremi per convalidare il fermo, il gip di Roma che ha invece scarcerato Pasquale Bonavota, 42 anni, considerato il “capo società” ed il mandante in concorso con i fratelli Domenico e Nicola, degli omicidi di Raffaele Cracolici e Domenico Di Leo. Nessuna misura cautelare è stata emessa nei suoi confronti. Il presunto boss torna quindi in libertà. Come il fratello Nicola Bonavota, 40 anni, tutt’ora irreperibile e attivamente ricercato. Dalle carte dell’inchiesta emerge, tra l’altro, il viaggio effettuato da quest’ultimo nell’ottobre scorso a Toronto, in Canada.

‘Ndrangheta, operazione “Conquista”: i Bonavota rispondono e contestano le accuse

bonavotaIl verdetto del gip di Vibo. Il quadro accusatorio costruito dagli inquirenti si fonda sulle risultanze investigative già svolte all’epoca dei fatti e su una serie di dichiarazioni fornite dai pentiti. Di particolare importanza quelle fornite da Andrea Mantella che si è autoaccusato degli omicidi contestanti alla maggior parte degli indagati, più precisamente, ai fratelli Bonavota e ad Onofrio Barbieri. “Le dichiarazioni dei collaboratori – scrive il gip Gabriella Lupoli – oltre a riscontrarsi reciprocamente (in particolare il Mantella, alla ricostruzione già operata dal Michienzi, aggiunge particolari conoscibili solo a chi ha personalmente partecipato ai fatti) ricevono inoltre diverse conferme dai collaboratori di giustizia Giuseppe Giampà, Raffaele Moscato e Loredana Patania”. Per il giudice, quindi, sussiste un qualificato quadro di gravità indiziaria come esistono “plurimi ed univoci elementi” che tendono a delineare un concreto ed attuale pericolo di fuga a carico di Domenico Bonavota, Onofrio Barbieri e Giuseppe Lopreiato, ma non di Domenico Febbraro. “Emerge diffusamente – scrive il gip – in atti come la scelta collaborativa abbia destabilizzato gli equilibri criminali, allarmando i numerosi compartecipi, inducendoli seriamente e temere di essere attinti da provvedimenti restrittivi tanto da programmare e attuare allontanamenti dai propri luoghi di dimora abituale”. E’ il caso di Domenico Bonavota che si è reso irreperibile sottraendosi al regime di sorveglianza speciale dal settembre del 2016, ma anche di Onofrio Barbieri anche lui in “irreperibilità volontaria” dal luglio del 2016, e dello stesso Giuseppe Lopreiato che in ottobre si è recato in Canada insieme a Nicola Bonavota (riscontro dai carabinieri attraverso alcune foto pubblicate su Facebook). “Altrettanti elementi di analoga valenza – precisa il gip – non si rinvengono per la posizione di Domenico Febbraro”. Per il giudice le esigenze cautelare appaiono quindi sussistenti: per il pericolo di analoga replica criminosa, nonché per pericolo di fuga e per l’inquinamento probatorio di “siffatte spiccatissime personalità delinquenziali”.

‘Ndrangheta, operazione “Conquista”: il gip di Vibo convalida il fermo per Domenico Bonavota

pasquale-e-domenico-bonavotaLa scarcerazione di Pasquale Bonavota. Di tutt’altro avviso il gip del Tribunale di Roma, Giovanni Giorgianni che non ha convalidato il fermo nei confronti di Pasquale Bonavota, fermato nella Capitale dove vive ormai da diversi anni e recluso nel carcere di Regina Coeli fino a questa mattina. Rigettata, infatti, anche la richiesta di applicazione della misura cautelare. Il 42enne di Sant’Onofrio, difeso dagli avvocati Francesco Muzzopappa e Tiziana Barillaro, ritenuto dagli inquirenti il “il capo società” resta indagato, ma a piede libero. In particolare per il giuduce romano non ci sarebbero gli estremi per ravvisare il pericolo di fuga. “Appresa dagli organi di stampa la notizia della possibile collaborazione con la giustizia di Andrea Mantella e realizzato le estreme conseguenze di tale collaborazione sulla vita del clan e sulla libertà dei suoi esponenti poteva – scrive il gip del Tribunale di Roma – darsi alla fuga”. Pasquale Bonavota non è mai stato segnalato – evidenza il giudice – per periodi di latitanza. La gravità indiziaria poggia sulle dichiarazioni di Andrea Mantella che accusa il presunto boss di Sant’Onofrio di essere uno dei mandanti degli omicidi di Raffaele Cracolici e Domenico Di Leo. “La chiamata in correità del Mantella – sostiene – non sembra provvista degli adeguati riscontri individualizzanti con riferimento alla posizione di Pasquale Bonavota”. In sintesi, per il gip elementi raccolti dall’accusa sarebbero insufficienti per imputargli un contributo concorsuale nei due omicidi. Da qui la non convalida del fermo, il rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere e l’rdine di liberazione. Ora gli atti passano al gip distrettuale di Catanzaro, competente territorialmente per i fatti contestati.

‘Ndrangheta, operazione “Conquista” il gip non convalida il fermo e scarcera Pasquale Bonavota

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