Cronaca

‘Ndrangheta: scioglimento Comune Tropea, le dichiarazioni dei politici

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Nel silenzio dei vertici provinciali e regionali di tutti i partiti, M5S escluso, ecco le reazioni del sindaco e le dichiarazioni di altri consiglieri (ormai ex) del centro del Vibonese

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di GIUSEPPE BAGLIVO

Si registra al momento soltanto una dura presa di posizione da parte del Movimento Cinque Stelle sulle motivazioni che hanno portato allo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Tropea per infiltrazioni mafiose. A parlarne ieri sera in una pubblica manifestazione organizzata per spiegare le ragioni del No al referendum costituzionale, è stata la deputata tropeana del M5S Dalila Nesci (LEGGI QUI:  Scioglimento Comune Tropea, Nesci (M5S): “Responsabili pure coloro che hanno confezionato le liste” ).

Nesci

In una piazza strapiena come non mai, Dalila Nesci non ha risparmiato chi ha approntato le liste per le comunali di Tropea nel maggio 2014, ribadendo quanto già a suo tempo – attraverso apposite inchieste – aveva sollevato in solitudine anche Zoom24, ovvero che a Tropea ed in molti altri centri del Vibonese alcune candidature erano a dir poco discutibili per i loro stretti legami con esponenti dei clan.

Prima di arrivare a Tropea, il deputato del M5S Alessandro Di Battista aveva invece scritto questo post sul sul profilo facebook: “Arrivo a Tropea dalla statale 18. Tropea esce fuori dall’acqua come una regina. Sullo sfondo l’isola di Stromboli. Da togliere il fiato.

Di Battista

Ho percorso 3300 km di bellezza. Come diavolo è possibile che ci sia più turismo in Francia, Gran Bretagna e Germania? Ve lo spiego subito. Tropea è la perla del Tirreno ma è anche un Comune sciolto per infiltrazioni mafiose. L’hanno sciolto il 10 agosto scorso. La notte di San Lorenzo. Insieme a Tropea hanno sciolto Corleone. I luoghi più belli del mondo controllati anche dalle cosche, quelle cosche che senza la corruzione della politica non avrebbero questa forza. Ce la faremo a mandarli via. Piazza dopo piazza. Sudore dopo sudore. La strada è quella giusta”.

Giuseppe Rodolico

Giuseppe Rodolico

Non ci sta, invece, il sindaco (ormai ex) di Tropea, Giuseppe Rodolico, pesantemente tirato in ballo dal decreto di scioglimento degli organi elettivi dell’ente per infiltrazioni mafiose (LEGGI QUI:Ndrangheta: Comune Tropea, ecco tutti i motivi dello scioglimento e QUI:Ndrangheta: Comune Tropea, gli accordi pre-elettorali con soggetti vicini ai clan ). Non entra nel merito delle singole questioni messe nero su bianco dalla Commissione di accesso agli atti, dalla Prefettura di Vibo Valentia, dal Ministero dell’Interno e ratificate poi dal Consiglio dei ministri e dal decreto presidenziale, ma come già fatto all’indomani dello scioglimento degli organi elettivi dell’ente, quando ancora non erano note le motivazioni, Pino Rodolico ritiene che mandando a “casa” la sua amministrazione per infiltrazioni mafiose si sia offesa automaticamente pure l’immagine della città. L’equiparazione fra la città di Tropea, la sua storia, le sue ricchezze paesaggistiche, architettoniche e naturalistiche, che di certo prescindono ed hanno vita a sè stante rispetto a colui/coloro che guidano politicamente il Municipio, viene così spiegata dall’ex sindaco Rodolico: “Ho letto attentamente le motivazioni del decreto di scioglimento con la relazione allegata e le argomentazioni addotte mi hanno ferito profondamente ed ingiustamente. Sono in grado di contestarle e contrastarle in tutte le sedi competenti a tutela dell’immagine della città di Tropea, della mia dignità ed onorabilità di cittadino prima di tutto, di professionista e di amministratore della cosa pubblica”. L’ex sindaco sottolinea poi che tutte le contestazioni mosse alla sua persona ed alla sua amministrazione sono “prive di un minimo riscontro o addirittura totalmente errate nella ricostruzione dei fatti”, ribadendo che la sua amministrazione “si è sempre ispirata ai principi della trasparenza e della legalità, avendo rimosso in due anni le criticità che avevano affossato i principali uffici comunali. Sto valutando tempi e modi – conclude Rodolico – per impugnare l’atto, sicuro che la giustizia amministrativa, accertando la veridicità dei fatti, valuterà positivamente la copiosa documentazione che addurrò nel corso del giudizio innanzi al Tar”.

Macrì con Berlusconi

Così come il Pd, tace al momento anche Forza Italia. All’indomani dello scioglimento degli organi elettivi dell’ente era stato il solo consigliere comunale di Fi Giovanni Macrì – e già candidato a sindaco di Tropea in contrapposizione a Rodolico – a rilasciare una dichiarazione. Dalle motivazioni del decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose viene ora tirato in ballo lo zio Gerardo Macrì per la vicenda dello “Chalet dei fiori”, mentre riferimenti allo stesso Giovanni Macrì sono contenuti negli atti della voluminosa inchiesta antimafia denominata “Black money” scattata nel marzo 2013. Pur senza aver avuto uno sbocco processuale e quindi conseguenze dirette sul piano penale per i chiamati in causa, nell’inchiesta sono infatti depositati da tempo i verbali del collaboratore di giustizia di Tropea, Domenico Cricelli, il quale ha parlato agli inquirenti pure dei Macrì (di Gerardo e del nipote Giovanni) e di Pino Rodolico. In ogni caso, Giovanni Macrì – attuale vicecoordinatore provinciale di Forza Italia, nominato “di diritto” nel dicembre scorso dal coordinatore provinciale del partito (nonchè consigliere regionale) Giuseppe Mangialavori – il 12 agosto scorso così si era espresso dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi del Comune di Tropea: ““Pur essendo ormai preparato e rassegnato allo scioglimento del Consiglio della mia amata città, ho incassato la notizia come un violentissimo pugno allo stomaco. Sono senza respiro -aveva detto Giovanni Macrì – triste ed amareggiato al pari della stragrande maggioranza dei tropeani. Quanto avvenuto è una tragedia e la situazione in divenire un dramma destinato a condizionare negativamente la nostra quotidianità e la vita della città per i prossimi anni.

comune tropea

Solo chi non è di Tropea, chi non è un tropeano autentico, può esultare per un simile notizia perché, evidentemente, percepita come funzionale alle proprie del tutto velleitarie mire. Non entro – aveva aggiunto Macrì – nel merito della vicenda non avendo e non conoscendo alla stato le motivazioni della gravissima decisione. Tuttavia, in linea generale ed astratta e per onestà intellettuale, ritengo di aggiungere che il provvedimento, al pari di tutti quelli analoghi, è figlio comunque di una norma dal sapore inquisitorio, dai confini molto labili, che si presta ad interpretazioni molto discrezionali, sulla quale sarebbe auspicabile un sollecito intervento da parte del Parlamento in modo da ridisegnarne i paletti e ricondurla nell’alveo del diritto rappresentando la stessa – aveva concluso Giovanni Macrì – un possibile vulnus alla democrazia”.

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