Cronaca

‘Ndrangheta: Comune Tropea, ecco tutti i motivi dello scioglimento

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Gravi contestazioni emergono dalle relazioni che hanno portato al commissariamento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi dell’ente 

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di GIUSEPPE BAGLIVO

Depositato al protocollo del Comune di Tropea il decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi dell’ente con la relazione del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che fra qualche giorno sarà pubblicata pure sulla Gazzetta ufficiale. E’ una relazione dura in molti passaggi che mette in evidenza un “grave inquinamento e deterioramento dell’amministrazione comunale di Tropea” con “concreti, univoci e rilevanti elementi” che hanno determinato la necessità di far luogo allo scioglimento del Consiglio comunale e disporre il conseguente commissariamento al fine di “rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l’interesse pubblico e – sottolinea il decreto – assicurare il risanamento dell’ente locale”. Al di là di qualche evidente forzatura da parte degli investigatori nel valorizzare procedimenti penali poi conclusi con archiviazioni (dato non riportato dai commissari e dalle relazioni), l’attività investigativa chiama, ancora una volta, direttamente in causa la classe politica vibonese incapace sinora di gestire la cosa pubblica senza cadere nei rigori delle leggi antimafia dalla stessa politica varate al fine di evitare lo svilimento delle istituzioni locali.

Prefettura Vibo Valentia

La nomina della commissione di accesso. La relazione del ministro ripercorre quindi le tappe che hanno portato al commissariamento dell’ente. Già all’indomani della presentazione delle candidature al Consiglio comunale (maggio 2014) e poi in occasione delle successive elezioni del Consiglio provinciale (settembre 2014) la stampa locale aveva sollevato il problema della presenza di parenti di esponenti dei clan nelle liste, ma la politica vibonese si era voltata dall’altra parte. Sono state quindi alcune segnalazioni su irregolarità amministrative, giunte all’orecchio delle forze dell’ordine, ad indurre la Prefettura di Vibo Valentia – anche a seguito dell’atto intimidatorio dalle modalità mafiose ai danni dell’auto del sindaco Giuseppe Rodolico, avvenuto la notte del 19 gennaio 2015 – ad inviare nell’ottobre 2015 la Commissione di accesso agli atti.

Domenico Tropeano

Domenico Tropeano

La relazione della commissione è stata poi fatta propria dalla Prefettura ed inviata al Ministero dell’Interno. Dalla stessa si evince che le forze di polizia hanno evidenziato la sussistenza di rapporti di parentela o frequentazione di alcuni amministratori con “persone affiliate o collegate alle consorterie criminali”. In particolare sono stati accertati rapporti di parentela fra il vice sindaco Domenico Tropeano (nonchè assessore all’Ambiente, al Commercio ed allo Sport) con “soggetti legati al contesto criminale del territorio”. Vengono quindi elencati una lunga serie di deferimenti (ben 18) all’autorità giudiziaria a partire dal 1987 nei confronti di Pino Rodolico, all’epoca amministratore a Joppolo e poi sindaco di Tropea nel maggio 2014, sino all’ottobre 2013 (epoca in cui Rodolico era consigliere provinciale). Per nessuno di tali deferimenti e successivi procedimenti penali, la Commissione di accesso agli atti e la conseguente relazione hanno però indicato l’esito finale. In quasi tutti i casi si tratta di archiviazioni e proscioglimenti.

Tropea-comune-aula-consiliare

Per quanto concerne i dipendenti comunali, le forze di polizia evidenziano invece che l’architetto Francesco Grande, già responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Tropea, è stato indagato nell’operazione antimafia denominata “Odissea” (settembre 2006) per il reato di concussione aggravato dalle finalità mafiose. Tale aggravante è però caduta (e di questo la relazione ne dà conto) ed il processo è pendente attualmente dinanzi al Tribunale di Vibo con l’accusa sostenuta dalla Procura ordinaria. La relazione spiega inoltre che nell’operazione antimafia “Peter Pan” (scattata nel dicembre 2012) “emerge la figura del predetto funzionario come autore di procedure irregolari in relazione all’aggiudicazione di appalti pubblici”. Nell’operazione antimafia “Purgatorio” del 2013 viene quindi concentrata l’attenzione su un uomo “riferimento” del clan Mancuso che opererebbe all’interno dell’Ufficio tecnico del Comune di Tropea da identificarsi “presumibilmente” in un altro architetto. E’ la stessa relazione ad usare il termine “presumibilmente”, segno che l’inchiesta “Purgatorio”, condotta dal Ros di Catanzaro, su tale specifico punto non è giunta ad avere in mano elementi tali da muovere una specifica accusa a tale architetto, “deferito poi nel 2010 dai carabinieri Tutela del Patrimonio di Cosenza per abuso d’ufficio in concorso, unitamente al predetto responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Tropea, al dipendente U.t.c. omissis ed all’ex sindaco del Comune di Ricadi”. In questo caso la relazione omette i nominativi e non riporta l’esito di tale deferimento.

Giuseppe Rodolico

Giuseppe Rodolico

Le altre “contestazioni”. Più seri, invece, altri rilievi mossi dalla Commissione di accesso agli atti e dalla relazione della Prefettura di Vibo e da quella del Viminale. Per l’insediamento del sindaco Giuseppe Rodolico e della sua giunta comunale, ad avviso delle forze di polizia, sarebbero stati “decisivi alcuni accordi pre-elettorali, maturati alla presenza di soggetti presumibilmente vicini alle cosche mafiose dei Mancuso di Limbadi e dei La Rosa di Tropea”. Uno degli incontri si sarebbe svolto in un albergo vicino Tropea alla presenza del futuro sindaco e del titolare della struttura legato per rapporti parentali “ad un soggetto riconducibile alla locale cosca e ad altri soggetti parimenti riconducibili ad ambienti criminali”. Anche il ruolo all’interno della giunta da parte dell’allora assessore comunale al Turismo Antonio Bretti sarebbe stato “oggetto di accordi pre-elettorali alla presenza di soggetti vicini al contesto della criminalità organizzata”.

Antonio Bretti

Antonio Bretti

La revoca delle deleghe all’assessore Antonio Bretti da parte del sindaco Giuseppe Rodolico, per via della partecipazione di Francesco Zaccaro (noto alle forze dell’ordine, già sorvegliato speciale e genero del boss di Tropea Tonino La Rosa) all’evento pubblico del tuffo in mare organizzato dal Comune di Tropea per festeggiare l’arrivo del nuovo anno con tanto di intervista del Tgr di Rai Tre Calabria allo stesso Zaccaro in presenza dell’assessore Bretti, coincidono poi temporalmente – fanno notare le forze di polizia – con l’incendio ai danni dell’auto del sindaco e con l’estromissione di una ditta in favore di un’altra che sarebbe stata indicata direttamente dallo stesso sindaco.

cappello carabinieri

Gli incarichi e la destinazione di fondi. Il Comune di Tropea, con “ingerenze del sindaco nelle competenze dell’Area Tecnica” avrebbe poi utilizzato la procedura della “somma urgenza” per affidare i lavori di messa in sicurezza dopo l’alluvione del 20 giugno 2014 in località Gurnella ad una ditta di Vibo Marina il cui titolare è ritenuto un prestanome del clan Tripodi di Portosalvo, e quindi successivamente ad altra ditta la cui titolare è nipote di un capo clan della cosca Mancuso nonchè moglie di un indagato per associazione mafiosa nell’operazione “Quadrifoglio” della Dda di Milano. Infine l’affidamento è finito ad ad una terza ditta il cui socio, marito della titolare, risulta gravato da precedenti penali e di polizia nonchè con frequentazioni – lavorative e non – con esponenti del clan La Rosa di Tropea. Per le opere di manutenzione della rete idrica e fognaria, dopo l’intervento di ben due ditte per la stessa tipologia di lavori, il Comune si è invece rivolto – a soli 6 giorni distanza dal precedente atto di regolare esecuzione dei lavori – ad un’altra ditta collegata ai clan e con ulteriore spesa di oltre 8 mila euro su quella complessiva di oltre 48mila euro senza indicazione delle date di inizio e di fine lavori.

Tropea Panorama

Aiuola alla Marina dell’Isola. Qui la Commissione di accesso agli atti evidenzia “gravi violazioni, anche di natura penale ad opera di alcuni soggetti dell’amministrazione comunale in concorso con il responsabile dell’Area Tecnica” con la “turbativa d’asta la falsità ideologica commessa nella procedura di gara”. In tale specifico caso, secondo i commissari, vi sarebbero state “ingerenze” da parte del vice sindaco e di un consigliere comunale nell’individuazione della ditta aggiudicataria dei lavori, pur potendo la giunta comunale eseguire gratuitamente i lavori “mediante il sistema della sponsorizzazione”.

depuratore

Depurazione. Per la gestione dell’impianto di depurazione, Il Comune di Tropea ha trasmesso alla Stazione unica appaltante gli atti necessari all’espletamento di una nuova gara solo il 7 maggio 2015 e quindi tre settimane prima della scadenza del contratto. Con tale ritardo, a cui se ne sono aggiunti altri, il Comune di Tropea ha consentito la prosecuzione dei lavori in favore di una ditta che non si è poi rivelata la stessa aggiudicataria del la nuova gara. In assenza del contratto, il Comune ha destinato a tale ditta, per il solo canone bimestrale di conduzione ordinaria, la somma complessiva di oltre 110 mila euro a cui vanno aggiunti gli importi relativi alle manutenzioni straordinarie.

Tropea spiaggia libera

Concessioni demaniali e Stazione appaltante. Carenze da parte del Comune anche nelle procedure di rilascio delle concessioni delle aree demaniali (lidi balneari), con rinnovi effettuati in alcuni casi senza richiedere le certificazioni antimafia ed in altri omettendo di emanare i provvedimenti ingiuntivi finalizzati al ripristino dello stato dei luoghi a seguito di violazioni penali contestate dall’Ufficio locale marittimo.

Legge

Chalet dei fiori. Qui le condotte del sindaco e della giunta comunale, secondo la relazione e le forze di polizia, avrebbero “tentato di favorire di fatto” Gerardo Macrì, già “intestatario di beni confiscati riconducibili alla consorteria dei Mancuso e della locale ‘ndrina dei La Rosa” e già sorvegliato speciale. Gerardo Macrì è fra l’altro zio del consigliere comunale di Tropea Giovanni Macrì, quest’ultimo già candidato a sindaco (sconfitto) contro Rodolico nelle amministrative del maggio 2014 , nonchè consigliere provinciale e nel coordinamento provinciale di Forza Italia nominato “di diritto” in tale incarico nel dicembre 2015 dal coordinatore provinciale Giuseppe Mangialavori, quest’ultimo consigliere regionale. Lo “Chalet dei fiori” – struttura in muratura all’interno di un parco comunale ed adibito ad attività commerciale per la somministrazione di alimenti e bevande – avrebbe occupato “abusivamente il suolo dell’area pubblica di Villa Ghirlanda”, in assenza “di alcun titolo autorizzativo” e con opere abusive messe nero su bianco dalla polizia municipale e che sono costate l’iscrizione sul registro degli indagati, da parte della Procura di Vibo, del titolare dell’attività commerciale. Chalet dei fiori poi chiuso nel marzo 2015. La mancata disponibilità da parte del dirigente comunale ad apporre un parere favorevole nella vicenda è stata indicata dallo stesso come uno dei motivi per i quali il sindaco Giuseppe Rodolico ne avrebbe caldeggiato il suo allontanamento dal Comune. Pur non costituendosi in giudizio il Comune di Tropea dinanzi alla giustizia amministrativa, il giorno prima dell’udienza al Consiglio di Stato il sindaco Rodolico “ingerendosi ancora una volta nell’attività di gestione”, avrebbe quindi formalizzato alla parte soccombente – stando alla ricostruzione degli investigatori – la volontà dell’ente di giungere ad una soluzione transattiva della controversia, tentando così di favorire Gerardo Macrì.

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Il condannato Marchese e i lavori di pubblica utilità. La precedente amministrazione comunale nel 2013 aveva sottoscritto un contratto sociale impegnandosi affinchè Giuseppe Marchese ( il secondo in foto da sinistra verso destra, condannato per reati di droga nell’operazione “Cerbero”) svolgesse per un anno lavori di pubblica utilità al Comune quale pena alternativa alla reclusione. L’amministrazione comunale non avrebbe però adottato alcun criterio per assicurare il corretto rispetto degli impegni assunti. Solo dopo le contestazioni dell’autorità giudiziaria sulle assenze dal lavoro da parte del condannato Marchese, il Comune di Tropea avrebbe quindi comunicato all’Ufficio “Esecuzioni penali” di non avere a disposizione una struttura operativa tale da consentire la giornaliera sorveglianza di Giuseppe Marchese al quale nel marzo 2016 il Tribunale di Vibo ha revocato il beneficio ponendo in rilievo “le discutibili modalità di controllo e vigilanza poste in essere dal Comune di Tropea”. Senza l’intervento dell’Ufficio “Esecuzioni penali”, secondo la relazione, le omissive condotte dell’amministrazione comunale (nel caso di specie, secondo la relazione, i responsabili Area Tecnica ed Amministrativa del Comune, sindaco e segretario comunale) avrebbero consentito che un condannato (anche per reati associativi) fruisse del beneficio pur non svolgendo le attività alternative alla pena.

pallone-sgonfio

Contributi. In occasione di un torneo calcistico patrocinato nel 2014 e nel 2015 dall’amministrazione comunale, i contributi deliberati dalla giunta sarebbero finiti, secondo le risultanze investigative, anche a soggetti legati al contesto criminale locale “pur nella consapevolezza, da parte degli amministratori, che tra gli organizzatori della manifestazione vi fossero soggetti con precedenti per gravi reati anche associativi e riconducibili alla locale criminalità organizzata”.

I rilievi sull’amministrazione del 2010. Secondo le risultanze investigative, al termine delle consultazioni elettorali del 2010, nel cortile di una scuola adibita a seggio, alla notizia dell’affermazione dell’allora sindaco Adolfo Repice “e conseguentemente di Rodolico nominato in quell’amministrazione vicesindaco e assessore all’Urbanistica ed ai Lavori pubblici”, nel primo discorso “non ufficiale alla folla colà riunita per l’occasione da parte del neo primo cittadino”, alla sinistra di quest’ultimo ed alla destra si sarebbero trovati due soggetti controindicati.

Porto-Tropea

Area turistico-commerciale del porto. Qui la relazione della Commissione d’indagine pone in rilievo il fatto che l’amministrazione comunale, dopo aver approvato con delibera di giunta un protocollo d’intesa con la Capitaneria di Porto per il posizionamento delle biglietterie in strutture mobili, “consentiva l’occupazione degli spazi ad uso commerciale previo pagamento del solo canone di occupazione del suolo pubblico e senza il preventivo rilascio del titolo autorizzativo e senza l’acquisizione delle certificazioni antimafia”. Alcuni titolari delle aziende che occupano le predette aree, secondo le risultanze investigative, sono “riconducibili al locale contesto criminale”.

Questi i motivi che hanno portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi del Comune di Tropea, principale località turistica della provincia di Vibo Valentia e della Calabria. Molti dei nomi contenuti nella relazione e nel decreto sono coperti da omissis, ma sono invece ben presenti nella relazione conclusiva della Commissione di accesso agli atti nominata dalla Prefettura di Vibo Valentia. Ancora una volta le relazioni chiamano in causa la classe politica locale (vibonese e calabrese) incapace sin qui – in molte realtà – di interrogarsi al proprio interno per evitare situazioni che non giovano innanzitutto alla loro stessa credibilità.

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