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#PASQUA | La tradizione in cucina: i dolci della settimana santa

Non solo fede, processioni e liturgie. I riti della settimana santa sono pure scanditi dalla tradizione culinaria. Ecco i dolci pasquali e le usanze gastronomiche calabresi

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La tradizione tra fede e riti cristiani, liturgie e sacralità. Usanze che si rinnovano nella settimana santa, quella che precede la Pasqua della resurrezione. Ma che fanno pure “tappa” a tavola, dove famiglie e amici si incontrano per le feste. Le pietanze pasquali della tradizione tipica calabrese sono varie e variegate, vengono tramandate di generazione in generazione e rappresentano parte integrante delle usanze locali del momento. In Calabria, a Pasqua, non mancano le uova di cioccolato, non mancano le pastiere napoletano rigorosamente rivisitate in chiave regionale. Ma soprattutto non mancano le “cuzzupe”, treccia o ciambella arricchita con canditi. Tradizionalmente, nell’impasto, si inserisce un uovo, poi la forma viene cotto al forno, dove l’uovo diventa sodo. Quest’ultimo è un elemento ricorrente nella cucina pasquale, insieme alle forme circolari simboleggia la rigenerazione della vita.

I dolci. Tradizione vuole che i dolci possano essere gustati a partire dalle 12 del sabato santo, momento della rinascita, scandito nelle piccole realtà di un tempo dal suono delle campane delle chiese. Oggi, tanto rigore è stato abbandonato, ma si conserva in ogni realtà un “gusto” particolare. Oltre alle cuzzupe, infatti, ci sono i “cici” che ne sono una sorta di variante dalle forme diverse, in base al destinatario del pensiero. Poi c’è la “riganella”, dolce ripieno di uva passa e noci, anche questo dalla forma a spirale. Non meno diffusa la “napitella”, interamente composta da pasta sfoglia e ripiena di fichi secchi, mandorle, noci e in qualche caso con miele e vino cotto. Immancabili nella tradizione i mostaccioli, dall’impasto “pastoso” e ricco, con miele di fichi e farina, mandorle e noci.

Le “tendenze”. “Vanno le pastiere. Da qualche settimana abbiamo iniziato a vedere moltissime pastiere, pie e cuzzupe, sia le classiche con le uova, che quelle con i canditi”. Vincenzo D’Amico, imprenditore del settore gastronomia e titolare di un famigerato panificio di Vibo Valentia, svela le tendenze del momento. “Rispetto agli anni passati – afferma -, possiamo dire che abbiamo iniziato a ricevere richieste in ritardo, nelle ultime settimane e prevalentemente a persone di età avanzata”. Segno che la tradizione si sta perdendo tra le giovani generazioni. “I ragazzi non vogliono sentir parlare di canditi, di uva passa e cose simili e, in generale, dimostrano meno interesse per le tradizioni tipiche di Pasqua”. L’esperienza di D’Amico è solida, perché trasmessa di generazione in generazione. Lui ha intrapreso la sua attività nel 1996 e, con l’apertura di diversi punti vendita negli ultimi 10 anni, ha “sdoganato” successi e qualità. “Nella mia attività, io – dice – ho introdotto alcune ricette tipiche di mia madre: la pizza ripiena pasqualina (uova, salame, “zirincola” e mozzarella) e il pane di mais (noto come panne col “cucco”), ripieno di alici e pomodoro”.  Ricette che si associano ai tantissimi tipi di pane e prodotti secchi. “Da noi vanno anche le friselle, i tozzetti, che sono biscotti al finocchio, con cui siamo arrivati all’Expo prima e ad Eataly dopo”. Successi che si incassano quando la tradizione sposa il talento.

 

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