Cronaca

Mileto, il segretario del vescovo e le intercettazioni che tirano in ballo Luigi Mancuso tra minacce e insulti

Dall'incontro con un uomo "assiduo frequentatore" di Pantaleone Mancuso ai vari "verrà picchiato lo stesso", "loro si sporcheranno le mani" e "farà una brutta fine": il repertorio di don Maccarone

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“Ritirati dalla questione, se la vedranno i miei parenti […] si recupererà il tutto per vie traverse […] visto come si è comportato avrà quel che si merita”. Così il segretario del vescovo di Mileto Luigi Renzo, don Graziano Maccarone, parlava (mentre era intercettato) con don Nicola De Luca. L’oggetto della conversazione era il recupero di circa 9mila euro prestati a un uomo. Il problema – per cui i due sacerdoti sono stati rinviati a giudizio recentemente, il 21 gennaio 2021, per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso – è che i “parenti” in questione non hanno una società di recupero credito ma sarebbero persone vicine alla potente cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso. Un nome che anche solo pronunciarlo, nel Vibonese, produce delle conseguenze. Secondo gli inquirenti, questa è l’accusa, i due sacerdoti dopo aver erogato il prestito avrebbero infatti usato minacce e raggiri per tentare di ottenere più di quanto dovuto.

I “cugini” parenti del “capo dei capi” Luigi Mancuso.
È lo stesso Maccarone che, in un verbale di spontanee dichiarazioni datato 2014, ha ammesso che il debitore “mi ha provocato e io, avendo estremo bisogno dei miei soldi, se non ricordo male, l’ho minacciato dicendogli che sarebbero intervenute altre persone, facendo riferimento, non menzionandoli esplicitamente, ad alcuni miei parenti vicini al clan Mancuso”. E in un’altra occasione è sempre il sacerdote, questa volta espressamente, a fare menzione dei suoi legami con persone vicine al “capo dei capi”. In una conversazione, registrata, don Graziano consigliava infatti al debitore di non mettersi contro un uomo considerato in mezzo ad affari illeciti (“non è cazzo il vostro… ha gli agganci”) e che “era ben agganciato – si legge nella relazione degli investigatori – anche lo stesso don Graziano: ‘Ve lo sto dicendo io… digli tu chi sono i miei cugini… così capisce e ci capiamo tutti e due’; per come specificava don Nicola ‘dei Mancuso’; e per come precisava don Graziano ‘parenti di Luigi (Mancuso, ndr), quello uscito a luglio, ovvero il ‘capo dei capi’”.

Nell’intercettazione ambientale, nello specifico, si sente:
Don Graziano: ve lo sto dicendo io… digli tu chi sono i miei cugini… così capisce adesso ci capiamo tutti e due… diglielo…
Don Nicola: i Mancuso…
Debitore: Quale?
Don Graziano: Luigi…
Debitore: Luigi vostro cugino è?
Don Graziano: No!… ehhh…
Don Nicola: è nella parentela
Don Graziano: eh… siamo nella combriccola. Il cugino mio… Luigi è quello che è uscito adesso a luglio, il capo dei capi… no Luni… Lui ormai è quello che era… Ma Luigi…eh…

Cosa c’entrano i “cugini”?
In quell’occasione era stato raggiunto un accordo, per la restituzione del denaro, conclusosi con don Graziano che affermava di dover informare dei nuovi accordi i cugini, ma non il boss Luigi Mancuso (“No!… che Luigi…”) anche perchè “quello non si chiama, lì si va di persona…”. Cosa c’entrano i “cugini” in questa storia? Il debitore aveva chiesto aiuto alla Chiesa, tramite la Caritas, per ottenere un prestito viste le gravi difficoltà economiche in cui purtroppo si era imbattuto. Doveva infatti pagare un creditore (quello che “non è cazzo il vostro… ha gli agganci”) che sarebbe stato saldato dalla Chiesa con una somma che – si evince dalle intercettazioni – nonostante le difficoltà e gli inevitabili rinvii l’uomo aveva intenzione di restituire. I soldi utilizzati, però, all’insaputa dello stesso debitore, sarebbero stati prestati anche da questi “cugini” di don Maccarone. Lo si capisce, tra le altre cose, anche da una telefonata tra il debitore e don Nicola De Luca: “Però don Graziano – afferma il debitore – una volta mi dice che glieli hanno prestati i cugini suoi questi della malavita, so che mi diceva lui”. Don Nicola “farfugliava una risposta – scrivono gli investigatori – asserendo che don Graziano una parte li aveva presi dalla Chiesa e una parte dai cugini”.

“Verrà picchiato lo stesso”, “farà una brutta fine”.
Nelle numerose intercettazioni, però, le minacce che si leggono sono diverse e di ben altro spessore. In un altro caso, sempre in una chiamata tra don Nicola e don Graziano, il segretario del vescovo Luigi Renzo “asseriva che parallelamente – scrivono ancora gli investigatori – procederà con l’altro discorso in quanto terze persone (i cugini) aspettano solo il suo benestare e che il debitore comunque buscherà (verrà picchiato)“. Letteralmente: “No…no… tu sai… o glielo dici… o non glielo dici… verrà picchiato lo stesso“. Annunciando poi, appuntano sempre gli uomini della Questura di Vibo, che “se dovesse partire la macchina (dei cugini) non si sarebbe fermata più” e “asseriva che se anche perdesse la faccia il debitore farebbe una brutta fine (lo ripete più volte)” spiegando poco dopo a don Nicola che “il debitore non può dimostrare di aver pagato perchè le ricevute le ha lui (don Graziano)”.

C’è chi si sporca le mani, ma bisogna salvaguardare l’immagine della Chiesa.
Successivamente don Graziano, sempre intercettato, afferma che “questi suoi amici gli hanno detto che loro agiranno sicuramente e che comunque è bene temporeggiare. Aggiungendo che “lui di questa persona si fida – scrivono sempre gli investigatori – in quanto gli ha risolto tante questioni e chiede a don Nicola cosa conviene fare”. Il dubbio derivava dal fatto che “quella sera ha spiegato tutto a una terza persona il quale gli ha detto che non ci sono problemi, e che comunque sono preoccupati per lui (don Graziano) in quanto è una questione di immagine: gli hanno detto che loro si sporcheranno le mani senza problema, e che comunque è da considerare che la macchia rimarrà da loro (nella Chiesa) se agiranno così come lui (don Graziano) vuole agire“.

“Il fuoco è troppo alto e ci bruciamo tutti”.
Poco dopo, inoltre, don Graziano “si arrabbia” dicendo che lui “glieli manderebbe questa notte per farlo picchiare e che la terza persona gli ha detto che le mani se le sporcano loro anche se a lui (don Graziano) rimarrà la macchia e che comunque hanno detto che ancora non è ora perchè c’è troppo fuoco e non vorrebbero che la colpa ricadesse su di loro”. Per questo motivo, poiché gli era stato consigliato di “cercare un compromesso per temporeggiare”, visto che in quel momento “il fuoco è troppo alto e ci bruciamo tutti“, don Graziano invitava don Nicola a chiamare il debitore per dirgli di essere riuscito a convincere lo stesso don Graziano a effettuare un piano di rientro.

La paura delle intercettazioni: “Sei profondamente stupida”.
La possibilità che ci sia qualche vicenda non del tutto trasparente gli inquirenti lo ricavano anche dalla paura di Maccarone di essere intercettato. In un caso don Graziano dice a don Nicola che “magari ne parliamo di persona oggi pomeriggio dai… per telefono non è conveniente… va bene?”. In un altro, rivolto a una donna che lo metteva in guardia sul fatto che “secondo me ti stai mettendo in qualche casino“, non manca di ricorrere a insulti per la stessa ragione: “Tu continui a parlare al telefono, sei profondamente stupida. Io ci rinuncio a istruirti, ci rinuncio perchè è tempo perso, lo stesso che parli con un tronco di legno… non capisci mai niente”.

L’incontro con l'”assiduo frequentatore” di Pantaleone Mancuso.
Un’altra conversazione “di interesse” è poi quella dal quale si evince, scrivono gli investigatori, che i due interlocutori – ovvero il segretario del vescovo Luigi Renzo e un certo “Lello” –  “stanno ordendo qualcosa di illecito, tant’è che si danno appuntamento a tra poco per sistemare ‘quel discorso’, senza specificare né il motivo né il luogo dell’incontro, probabilmente per paura di essere intercettati”. Il “Lello” di cui si parla, si legge nel verbale redatto dalla Questura di Vibo Valentia, è Antonio Giuseppe Tomeo, detto appunto “Lello”, “assiduo frequentatore di Pantaleone Mancuso classe 1961, detto ‘Scarpuni’”. Tomeo è anche imputato nell’inchiesta Rinascita Scott. Maccarone e De Luca avranno adesso modo di spiegare la propria posizione, e dimostrarsi innocenti, nel corso del processo. Nel frattempo il vescovo Luigi Renzo cosa intende fare? Aspettare i lunghi tempi della giustizia? Gliel’abbiamo chiesto, ma non ci ha risposto. Chissà allora cosa ne pensa di tutta questa storia, che coinvolge un diretto collaboratore del vescovo, tutto il mondo ecclesiastico e, in particolare, monsignor Vincenzo Bertolone – presidente dei vescovi calabresi – che non si è mai espresso a riguardo.

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