Cronaca

Vibo, Diocesi e processi: una giustizia lenta che ostacola la ricerca della verità

Sono diverse le vicende giudiziarie che, negli ultimi anni, hanno coinvolto la Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea. Cos'hanno in comune? I lunghi tempi dei Tribunali calabresi

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Un potere giudiziario lento che, oltre alle maggiori spese per lo Stato, rinvia a tempo indeterminato una giustizia che per vittime e imputati sembra non arrivare mai. È un problema italiano ma anche, in particolare, calabrese. Con la curiosa coincidenza per la quale, quando c’è di mezzo qualcuno appartenente alla Diocesi vibonese di Mileto-Nicotera-Tropea, le cose vanno per le lunghe. Tutto legittimo, secondo la legge, ma che crea un potenziale vulnus anche nella vita spirituale di chi, da fedele, aspetta di conoscere la verità. È quanto succede ad esempio nel procedimento giudiziario che vede indagati due sacerdoti: don Graziano Maccarone e don Nicola De Luca. Un giudizio importante sia per le persone coinvolte – Maccarone è il segretario particolare del vescovo Luigi Renzo, De Luca il rettore del santuario di Santa Maria dell’Isola e di quello di San Francesco di Paola a Tropea, ed entrambi figurano come membri del Consiglio diocesano (l’organo che supporta il vescovo nel governo della diocesi) – che per il tenore delle accuse: tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose.

Udienze rinviate e rinviate (e rinviate ancora).
Nonostante il rinvio a giudizio sia stato chiesto a maggio 2019, quindi oltre un anno e mezzo fa, arrivati a gennaio 2021 il Gup non ha ancora preso una decisione. Il Tribunale, in circa 20 mesi, non ha ancora valutato, quindi, se far partire o meno il processo. Le motivazioni del ritardo sono state le più disparate ma hanno un punto in comune: il continuo rinvio delle udienze. A ottobre 2019, ad esempio, De Luca non è presente in aula e questo ha portato a un primo rinvio. A dicembre 2019, poi, il giudice era stato trasferito ma il Tribunale si era dimenticato di assegnare un nuovo giudice. Si arriva quindi a maggio 2020, quando questa volta è il Covid a causare un rinvio. Si va avanti così di diversi mesi, causa pandemia, e si arriva a ottobre 2020: sembrava essere la volta giusta ma, purtroppo, il Tribunale non aveva disposto l’attivazione della fonoregistrazione in aula. Una grave dimenticanza che provoca l’ennesimo, ulteriore, rinvio.

“Estrema sofferenza”.
La prossima udienza si terrà adesso tra pochi giorni, il 21 gennaio, con la speranza che finalmente si possa arrivare a una decisione del Gup di Catanzaro. L’avvocato Michele Gigliotti, difensore di una delle parti offese, raggiunto telefonicamente ha dichiarato: “Confido nella celerità della magistratura, con l’auspicio che questo processo trovi prontamente un esito che faccia luce su una delle vicende più tetre attualmente all’attenzione della magistratura. Dico questo da persona credente che confida, fortemente, nei valori della Chiesa e delle istituzioni ecclesiastiche tutte”. Tutto ciò, ci spiega, “anche considerando l’estrema sofferenza che questa vicenda umana e processuale sta infliggendo alla famiglia Mazzocca”.

“Romanzo criminale” contro la cosca dei Patania.
Non sono però le uniche volte in cui la giustizia, in procedimenti che toccano la Chiesa vibonese, procede a rilento. È il caso infatti anche dello stralcio del processo “Romanzo criminale” contro il clan dei Patania di Stefanaconi, che vede sotto giudizio don Salvatore Santaguida e l’ex comandante della Stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio Sebastiano Cannizzaro. Mentre il processo principale è andato avanti – e ha visto concludersi primo grado, Appello, Cassazione, e adesso si è ritornati in Appello – lo stralcio in questione ha visto la ricusazione dei giudici, e diversi altri imprevisti, che hanno portato un processo iniziato nel 2015 a non vedere neanche la fine del primo grado, oltre 5 anni dopo. Arrivati nel 2021 si dovrebbe essere ormai alle “battute finali”. Del primo grado, però. Quanti altri anni ci vorranno per arrivare a una verità giudiziaria definitiva?

Molestie o diffamazione?
Ma i casi non finiscono qui. Ad agosto 2018 la Procura di Vibo aveva inoltre avviato le indagini sulle accuse di molestie sessuali a carico di due sacerdoti del Vibonese. Una vicenda complicata a seguito della quale gli inquirenti hanno dovuto indagare sull’effettiva presenza delle molestie o su, viceversa, un’attività di diffamazione da parte del giovane. Il risultato? Niente, a quanto è dato sapere. Nè i due sacerdoti coinvolti né il giovane, infatti, hanno ricevuto alcuna notizia sulla chiusura delle indagini. È quindi possibile che la vicenda si sia conclusa con un’archiviazione che non è stata comunicata (a nessuno) dalla Procura di Vibo. Ma anche, per quanto ne sappiamo, che dopo quasi due anni e mezzo le indagini siano ancora in corso. L’ennesimo di caso di una giustizia che procede a passo di lumaca (o di tartaruga, scegliete pure il lento animale che preferite) che crea un grave danno alla ricerca della verità. Senza dimenticare che, dietro ogni vicenda, ci sono vittime e imputati che aspettano che la dea della giustizia li liberi dal pesante fardello emotivo che si portano dietro. Lo stesso che i Tribunali calabresi, purtroppo, continuano ad appesantire.

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