Economia & società

Sanità, il 46% dei medici è pronto a lasciare gli ospedali pubblici perché non si sente valorizzato

Sono i risultati del sondaggio del sindacato dei medici Anaao-Assomed. Preoccupazione della Federazione nazionale degli Ordine dei Medici: “è una sconfitta per l’intero sistema sanitario”

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Il 46% dei medici è pronto a lasciare gli ospedali pubblici perchè non si sente valorizzato. È quanto emerge dai risultati del sondaggio che “destano inquietudine e preoccupazione: l’insoddisfazione che emerge tra i medici ospedalieri per le loro condizioni di lavoro è una sconfitta per l’intero Servizio Sanitario Nazionale. La loro tentazione di fuggire verso l’estero il privato o il pensionamento anticipato è un pericolo che mette a rischio la tenuta di tutto il sistema”. Ne parla Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, commentando i dati in occasione del Comitato Centrale.

Dal sondaggio del principale sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed è emerso infatti che solo il 54% dei medici si vede ancora in un ospedale pubblico tra due anni. “Non si può fare la sanità senza i medici – dice Anelli – il disagio della Professione non nasce oggi: la pandemia ha solo amplificato carenze e zone grigie che erano già in atto, frutto di decenni di tagli lineari”. Già due anni, come “regalo di Natale” al Governo di allora, il presidente della Fnomceo aveva firmato un assegno da mezzo miliardo di euro, vale a dire il controvalore dei quindici milioni di ore di straordinario che i medici dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale effettuavano ogni anno oltre il tetto massimo, e che non venivano quindi retribuite.

“A distanza di due anni, diamo atto che qualcosa è cambiato in meglio – spiega Anelli – grazie all’impegno del ministro della Salute. La pandemia però ha messo in luce carenze organizzative che erano ormai strutturali. Carenze di personale ,a livello edilizio, strumentali, di posti letto, delle terapie intensive. Carenze nella sicurezza”.

“Nonostante tutto, i medici hanno continuato a svolgere il loro lavoro, moltiplicando i sacrifici e le rinunce – conclude Anelli – ma ora è il momento della ricostruzione: adeguando finalmente le loro retribuzioni – e le loro condizioni di lavoro – agli standard europei e coinvolgendoli nei processi decisionali”.