L’INTERVISTA | Rifiuti tossici in Calabria: “Ci aspettavamo un supporto dalla politica”

Massimiliano Pitimada, uno dei curatori dello studio sui siti contaminati in Calabria: "Ad oggi non è stato fatto nulla, ma punto anche sul fatto che sempre più spesso si parla di tutela della salute"

rifiuti tossici

La nostra inchiesta sulla presunta presenza di rifiuti tossici nel Vibonese (QUI per leggere la prima parte e QUI la seconda) si conclude con un’intervista a Massimiliano Pitimada, uno dei curatori del Rapporto Istisan 16/9 dall’emblematico titolo “Studio epidemiologico dei siti contaminati della Calabria: obiettivi, metodologia, fattibilità”. Il dottor Pitimada ci ha spiegato cosa ha portato a realizzare questo rapporto e, soprattutto, cosa ci si aspettava – che non è stato fatto – da politica e amministratori. Emergono infatti dati preoccupanti in diverse zone del territorio calabrese, ma sono necessari ulteriori studi di cui non si è più parlato.

L’unica attenzione politica in merito è stata un’interrogazione datata 6 febbraio 2020 del M5S, al proprio Governo, in cui si chiedeva di sapere se i ministri fossero a conoscenza “di quale sia la situazione nel territorio regionale non preso in esame dagli studi” e “se siano al corrente di quali iniziative abbia intrapreso la Regione Calabria”. La risposta? Anche in questo caso, nessuna.

– Dottor Pitimada, lei nel 2016 ha curato uno studio sui siti contaminati in Calabria. Qual era lo scopo di questo rapporto, perchè è stato fatto?

Si, sono stato uno dei curatori del Rapporto Istisan, l’altro è stato il dottor Pietro Comba ex dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità e, come lo definisco io, l’artefice del progetto Sentieri che studia lo stato di salute delle popolazioni che risiedono nei siti contaminati.

Fondamentalmente i motivi che hanno spinto a fare questa monografia sono stati tre:
1) la Regione Calabria ha effettuato una ricerca sistematica delle aree contaminate da bonificare, identificando in particolare quelle da considerare ad alto rischio;
2) Importanti passi avanti sono stati effettuati nella costruzione della Rete Epidemiologica e di Salute di Popolazione della Regione Calabria, come dimostrato dal Workshop svolto presso l’Istituto Superiore di Sanità il 27-29 maggio 2015. Questa iniziativa ha contribuito, fra le altre cose, a consolidare la cultura dell’utilizzo dei flussi informativi sanitari – quali quelli relativi a mortalità, ricoveri e incidenza tumori – con riferimento ad aree territoriali specifiche per le quali gli indicatori di contaminazione ambientale disponibili evidenziano situazioni di criticità;
3) Vi è in Calabria una diffusa percezione del rischio associato alla contaminazione ambientale – a livello degli amministratori locali, dell’associazionismo e dell’opinione pubblica – che è testimoniata in particolare dal mondo dei media.

– E, in estrema sintesi, cosa è emerso dal rapporto? C’erano aree in cui dalle analisi dei dati usciva fuori un quadro preoccupante?

Sono state prese come aree (dove peraltro viene fatto un primo quadro dello stato di salute con dati prodotti da questo gruppo di lavoro): 1) Il Sito di Interesse Nazionale di Crotone – Cassano – Cerchiara (unico “Sito di bonifica di Interesse Nazionale” presente in Calabria); 2) Lamezia Terme e Davoli (sono state scelte queste 2 tra le 18 aree ad “alto rischio ambientale” presenti in Calabria perché ricadono nella provincia dove all’epoca della lavorazione era l’unica provincia ad avere il registro tumori, appunto quello di Catanzaro); 3) la Valle dell’Oliva (i comuni sono Aiello Calabro, Amantea, Cleto, Domanico, Grimaldi, Lago, Malito, San Pietro in Amantea e Serra d’Aiello) e le Serre Vibonesi (i comuni sono Fabrizia, Mongiana e Serra San Bruno) perché particolarmente attenzionate dalla magistratura e dal mondo dell’associazionismo.

Bene, ecco i risultati dei 4 casi studio.
Crotone: eccessi di mortalità in entrambi i generi per tutte le cause, tutti i tumori, tumori epatici e renali. Eccessi di ricoveri ospedalieri per tutti i tumori e per neoplasie gastriche, epatiche e polmonari.
Davoli e Lamezia Terme: i dati di incidenza oncologica non mostrano eccessi rispetto alla popolazione di riferimento.
Serre vibonesi: eccesso di mortalità per tumori totali e in particolare tumori gastrici, e per diverse patologie cronico-degenerative.
Valle dell’Oliva: nel comune di Serra d’Aiello eccessi di mortalità per tumori del colon-retto e per diverse patologie cronico-degenerative.

– Quindi, dopo questo rapporto, ci si aspettava un’azione da parte della politica che però non è mai arrivata. Sono passati ormai più di quattro anni, cosa era necessario fare che, purtroppo, non è stato fatto?

Ci si aspettava da parte della Regione, e quindi dai decisori politici e amministrativi, un supporto fondamentale per concretizzare il tutto. Anche perché: la pubblicazione non ha colore politico (in famiglia o nell’ambito delle amicizie abbiamo avuto tutti dei casi); è stata fatta non per attaccare o allarmare ma, come tutte le pubblicazioni scientifiche, per informare; pur chiamandosi Rapporto, non è e ne vuole essere un rapporto di fine lavoro ma spinge a fare questo determinato studio proprio come riportato nell’ultimo capitolo “Proposta di uno studio epidemiologico della popolazione residente nei siti contaminati della Calabria”; copia della pubblicazione è stata data, proprio per fare rete e farla con le istituzioni, alle massime autorità istituzionali nazionali e regionali calabresi, ricevendo elogi.

– Quindi questo ulteriore studio epidemiologico di approfondimento, per quanto necessario visti i risultati del rapporto, non è mai stato fatto?

Ad oggi non è stato fatto nulla, ma punto su due fattori: sulla determinazione e tenacia che contraddistingue noi calabresi visto che, quando ci prefissiamo di raggiungere un obiettivo, non solo facciamo di tutto per arrivarci ma non siamo secondi a nessuno. E sul fatto che sempre più spesso si parla di tutela della salute, salvaguardia dell’ambiente e di voler fare per il Sud e per la Calabria. Che sia la volta buona!

– Nel caso specifico delle Serre vibonesi, lo studio parla di un tasso di mortalità sopra la media precisando però che le malattie “non coincidono, in linea di massima, con quelle per le quali è ipotizzabile un ruolo eziologico della residenza in prossimità di siti di smaltimento di rifiuti pericolosi”. È quindi da escludere tale possibilità o erano necessarie ulteriori ricerche?

Sono senz’altro da prevedere studi ulteriori proprio perché non è tuttora sufficientemente caratterizzato il profilo tossicologico degli inquinanti eventualmente presenti nei rifiuti. Per essere più chiari, ad esempio, se avessimo avuto sospetti sulla presenza di rifiuti contenenti amianto, avremmo cercato casi (anche pochi, è una patologia rara) di mesotelioma pleurico. In questo quadro le indicazioni sono due: acquisire dati più informativi sugli inquinanti eventualmente presenti ed aggiornare i dati epidemiologici.

– Nello stesso documento si chiedono attività “accompagnate da iniziative di comunicazione con la popolazione caratterizzata da rigore scientifico, chiarezza e reciproco ascolto”. Secondo lei perchè è mancata questa trasparenza?

Per quanto riguarda la comunicazione, non abbiamo detto che è mancata la trasparenza. Piuttosto, abbiamo segnalato che nelle aree con problematiche di inquinamento ambientale accertato o sospettato, è sempre opportuno costruire iniziative di comunicazione mirate. Che non si attivano da sole ma richiedono studio e dialogo fra istituzioni e popolazione, ascolto reciproco, linguaggio chiaro e quant’altro. Anche per costruire un clima di fiducia fra cittadini e istituzioni.

– Anche per far capire l’importanza di questo studio, chi sono gli autori dei vari capitoli?

Sono gli “attori” principali e cioè: Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), Istituto Superiore di Sanità (Iss), Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), ministero dell’Ambiente e del Territorio e del Mare, Associazione Italiana dei Registri Tumori (Airtum), Istituto Studio e Prevenzione Oncologica (Ispo), dipartimento Tutela della salute e delle Politiche sanitarie della Regione Calabria, Arpacal, Registro tumori della provincia di Catanzaro.

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