Rinascita, a Vibo il “caso” Lo Bianco mette in fuga maggioranza e opposizione

La seduta è andata deserta sulla riammissione del consigliere coinvolto nella maxi operazione anti 'ndrangheta condotta dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri

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Il Consiglio comunale di Vibo Valentia doveva oggi prendere atto del provvedimento del prefetto Francesco Zito che ha comunicato la cessazione della causa di sospensione del consigliere Alfredo Lo Bianco, coinvolto nell’operazione Rinascita-Scott con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso. Con delibera dello scorso 13 gennaio, infatti, l’Assemblea aveva preso atto della sospensione del componente del Pd, finito inizialmente ai domiciliari e attualmente gravato dall’obbligo di dimora presso il Comune di residenza. Il Consiglio non è però arrivato a votare in quanto tutti i consiglieri – sia di maggioranza che di opposizione – hanno deciso di abbandonare l’aula e far cadere il numero legale.

La lettera della maggioranza. Prima della “fuga” dall’aula il presidente del Consiglio, Nazzareno Putrino, ha letto una dichiarazione del sindaco Maria Limardo e di tutta la maggioranza in cui spiegavano che l’istanza di reintegro di un membro è solitamente “un’operazione ordinaria”, tuttavia “lo straordinario e delicato momento storico” impone una “profonda riflessione” e l’impossibilità di rimanere indifferenti rispetto all’imponente operazione antimafia Rinascita Scott “seconda per importanza solo al maxi processo di Palermo”.

“Non si tratta di essere garantisti o giustizialisti”. “Sbaglia chi crede che oggi si tratti soltanto dell’applicazione asettica di una norma – scrivono Maria Limardo e tutta la maggioranza – poichè invece siamo chiamati a una scelta ben più gravosa che impone una profonda riflessione”. “Non si tratta di essere garantisti o giustizialisti – sottolineano – ma di prendere atto della gravità della situazione per come discendente dalla gravità dei fatti contestati”.

L’attacco al Pd.“Stupisce non poco l’atteggiamento del Partito Democratico che, dopo aver sospeso il consigliere a ragione della misura cautelare e della stringenza al riguardo del suo codice etico, oggi sceglie inspiegabilmente di sacrificare quegli stessi principi in nome di una reintegra almeno inopportuna. Questo comportamento genera confusione e sconcerto nei cittadini e nella classe politica, in quanto far parte delle istituzioni non è un’attività qualsiasi ma è la massima espressione della democrazia. Prenda atto di questo il Partito Democratico e i suoi leader, e abbiano il coraggio di dire ai cittadini se la scelta sia o meno opportuna anche alla luce del tanto declamato codice etico improntato, per come scritto sulla carta, a legalità e trasparenza”. “Auspichiamo – conclude la maggioranza – che il Pd faccia una riflessione sull’opportunità della scelta a prescindere dalle prerogative previste dalla legge”. (a.s.)

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