Cronaca

Acquisti per 600mila euro e assunzioni, il sistema clientelare e corruttivo di Callipo

L'inchiesta della Procura di Vibo svela come l'ex sindaco di Pizzo favoriva alcuni imprenditori “amici” assicurandosi vantaggi elettorali con metodi clientelari

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Spiaggia libera. Il nome in codice dato alla nuova bufera giudiziaria che scuote ancora Pizzo dice molto ma non tutto. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Vibo e condotta sul campo dagli investigatori del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, nasce nel febbraio del 2019 dopo la denuncia di un piccolo imprenditore di Pizzo. Gran parte dell’indagine ruota intorno allo sfruttamento di una concessione demaniale in un’area di spiaggia situata in località Savelli. Al centro delle accuse finiscono l’ex sindaco Gianluca Callipo e un noto imprenditore vibonese, Vincenzo Renda, titolare di un lussuoso resort in fase di costruzione nella stessa zona.

L’imprenditore “vessato” da Callipo. Secondo l’accusa, ad ostacolare l’ambizioso progetto turistico è una licenza demaniale rilasciata all’imprenditore napitino nel giugno del 2010 che impedisce l’accesso al mare ai futuri clienti della struttura. Un problema che va risolto e per il quale Callipo, “abusando della sua qualifica e dei suoi poteri” inizia a “vessare” il piccolo imprenditore di Pizzo al fine di impedirgli lo sfruttamento della concessione demaniale. Fino a quando la “vittima” non decide di rivolgersi alla Finanza denunciando fatti e circostanze che mettono nei guai il sindaco. L’uomo parla di “soprusi continui”, “pressioni psicologiche”, “azioni indebite” da parte del primo cittadino, tra le quali l’invio dei vigili urbani per bloccare senza ordinanza alcuni lavori.

Sindaco intercettato. Le fiamme gialle, coordinate dal sostituto procuratore Concettina Iannazzo, indagano e vanno a caccia di riscontri. Intercettano Gianluca Callipo, monitorato per mesi, in tutti i suoi incontri pubblici e privati. Seguito nei panni di sindaco di Pizzo ma anche di presidente di Anci Giovani. Le Fiamme gialle ascoltano e annotano tutto. Ne viene fuori un ritratto poco edificante e il quadro delle accuse si allarga. Nei suoi confronti viene infatti ipotizzata la tentata concussione aggravata, la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio in concorso con Renda, l’abuso d’ufficio in concorso con un altro pubblico ufficiale.

La corruzione. Gli inquirenti parlano di “plurime utilità” ricevute dal sindaco in cambio del favore. Di cosa si tratta? Secondo l’accusa Renda, in qualità di titolare della struttura ricettiva “Galia Luxury Hotel” avrebbe corrotto Callipo acquistando merce per oltre 600 mila euro alla “Callipo srl”, la ditta dove Gianluca è socio insieme ai fratelli. Lo stesso imprenditore avrebbe poi assunto un parente del sindaco nella struttura ricettiva e promesso l’assunzione di altri soggetti segnalati dallo stesso primo cittadino. “Utilità – si legge nelle carte dell’inchieste – che il Callipo riceveva per far compiere atti contrari ai doveri del proprio ufficio e, in particolare, quale vertice dell’amministrazione comunale che impartiva le direttive anche sulla politica di gestione del territorio”. Così avrebbe condizionato l’operato dei dirigenti del Comune di Pizzo “istigati” a compiere condotte illecite nella gestione delle pratiche. Nell’inchiesta della Procura di Vibo finiscono infatti anche due architetti Nicola Domenico Donato e Nicola Salvatore Vasta, rispettivamente, all’epoca dei fatti, dirigente tecnico e responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Pizzo Calabro. Sono indagati a piede libero e devono rispondere di abuso d’ufficio.

Rinascita Scott. L’attività investigativa prosegue fino all’alba del 19 dicembre quando viene arrestato nell’ambito della maxi inchiesta “Rinascita-Scott”. I carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia bussano alla porta con un mandato di arresto nelle mani e un’accusa pesantissima: concorso esterno in associazione mafiosa. Nei suoi confronti il gip emette un’ordinanza di custodia cautelare in carcere dove Callipo si trova ancora ristretto. Avrebbe contribuito pur senza farne formalmente parte al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi della Locale di ‘ndrangheta di San Gregorio (cosca Razionale-Gasparro) e della ‘ndrina di Pizzo operante sul territorio. E’ il tramonto della sua ancora giovane carriera politica ma è anche la fine dell’Amministrazione comunale di Pizzo successivamente sciolta per infiltrazioni mafiose. Nuove nubi si addensano ora sulla sua gestione amministrativa e stavolta le accuse non arrivano dalla Dda di Catanzaro ma dalla Procura di Vibo nel frattempo passata sotto la direzione di Camillo Falvo, ironia della sorte il magistrato che aveva iniziato la maxi inchiesta “Rinascita” e che ha supervisionato la fase finale dell’indagine “Spiaggia Libera”. Un destino, quello di Callipo, accomunato a Vincenzo Alberto Maria Renda, l’imprenditore di Vibo anche lui arrestato nel maxi blitz di Gratteri contro la ‘ndrangheta nel Vibonese. Finito in carcere per aver agevolato la cosca dei Mancuso, è stato successivamente scarcerato e posto ai domiciliari con l’ipotesi di reato derubricata in concorso esterno in associazione mafiosa. L’imprenditore vibonese, socio e amministratore di importanti villaggi turistici della Costa degli Dei, nonché di una nota impresa di trasporti, si sarebbe messo al servizio del boss Luigi Mancuso garantendo appalti e commesse ad una serie di aziende “colluse” con il clan. In “Spiaggia libera” deve rispondere, in concorso con Callipo, di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.

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