Cronaca

Genesi, Tassone ai giudici: “Tra me e Petrini un amore disinteressato”

Emergono ulteriori dettagli nelle carte depositate dal Riesame di Salerno, con cui i giudici motivano la decisione di rimettere in libertà l'avvocato catanzarese

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Le dichiarazioni rese dall’avvocato Maria, detta “Marzia” Tassone, indagata per corruzione in atti giudiziari, nell’ambito dell’inchiesta Genesi, davanti al gip e al Tribunale del riesame di Salerno sono univoche. Emergono ulteriori dettagli nelle 24 pagine con cui i giudici del Tdl  motivano l’annullamento della misura cautelare degli arresti domiciliari per l’avvocato catanzarese del foro di Locri in merito all’inesistenza di un patto corruttivo con il giudice Marco Petrini. Non emergono agli atti prove di processi aggiustati dietro il compenso di un rapporto sessuale, perché tra i due esisteva un rapporto sentimentale stabile.

Gli incontri segreti.  Il legale ha riferito ai giudici di aver incontrato il magistrato della Corte di appello di Catanzaro Marco Petrini la prima volta nel 2017, in occasione di un’udienza, quando lei lavorava come tirocinante in uno studio legale e solo l’anno dopo, nel 2018, tra i due era iniziata una relazione sentimentale. Una storia d’amore, che sarebbe dovuta rimanere segreta, vissuta negli uffici della Commissione tributaria e mai in altri posti, perché Petrini era sposato. Era sempre lui a chiamarla, sebbene saltuariamente, per lo più di sabato e di domenica, mentre lei non poteva telefonargli, se non col suo nulla osta. Tassone ha precisato ai giudici, che la prima volta era stata contattata da Petrini, con una mail nella quale le indicava, tra le altre cose, anche il numero di telefono dove poterlo rintracciare, numero, però, che risultava spento o inesistente tutte le volte in cui provava a comporlo.

Le chiamate anonime.  Secondo la versione fornita da Marzia Tassone, Petrini l’ha ricontattata successivamente con un numero anonimo invitandola a prendere un aperitivo in un bar del Centro di Catanzaro e in questa occasione le proponeva anche di scrivere con lui un articolo in materia di omicidio premeditato da pubblicarsi su una rivista giuridica. Lui, a detta dell’indagata, la chiamava sempre con un numero anonimo, giustificando questa “precauzione” col fatto che la moglie era molto gelosa. Il discorso sull’articolo da pubblicare su una rivista di settore venne poi sospeso dal giudice, che però iniziava a dimostrarle un certo interesse sia per la sua professionalità che per l’aspetto fisico. Tassone, dal canto suo, considerava Petrini una persona preparata e competente, una persona sulla quale fare affidamento e dalla quale ricevere consigli riguardanti la sua attività professionale di avvocato.

I consigli giudiziari del giudice all’amante. “Si trattava però sempre di consigli e pareri inerenti processi non assegnati a Petrini e anzi processi- spiega l’indagata ai giudici- pendenti nel distretto di Reggio, avendo svolto la pratica di avvocato soprattutto a Locri”. Tassone confermava anche che Petrini, dopo tali iniziali rapporti, le chiedeva di acquisire una scheda sim a nome della madre da utilizzare per comunicare tra loro in modo riservato.

Le agevolazioni mai chieste e mai ricevute. A conclusione dell’interrogatorio davanti al gip, riferiva, gli stessi fatti, resi spontaneamente in aula durante l’udienza del Riesame: “Non mi sono mai concessa sessualmente a Petrini  per ottenere benefici nei processi trattati, anche perché non avevo processi con lui” e comunque mai gliene avrebbe parlato. Al momento dell’esecuzione dell’ordinanza “Genesi” la loro relazione era ancora in corso, anche se Tassone intendeva porvi fine, già da tempo, perché lui era diventato geloso, poi la lettura delle carte e la consapevolezza di non aver conosciuto Petrini fino in fondo.  Ai giudici riferisce di non aver mai pensato di ricevere favori da lui, né avrebbe potuto riceverne, perché i processi di cui gli parlava erano assegnati ad altri magistrati su cui Petrini non poteva in alcun modo incidere.

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