Cronaca

Segregata e violentata nel Catanzarese, 20 anni per l’orco

Lo ha deciso la Corte di assise di Catanzaro. Il pm aveva chiesto per il 56enne la pena a ventisei anni di reclusione

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Picchiata dal proprio convivente e percossa con un cavo elettrico o un palo di legno fino a provocarle delle lacerazioni. Scene raccapriccianti avvenute davanti ai figli minori e uno di loro sarebbe stato costretto dal padre orco a ripetere gli stessi gesti di violenza contro la madre. Legata al letto per tutta la notte, costretta a subire rapporti sessuali, perché un suo rifiuto gli era già costato una serie di pugni in testa. Il compagno non l’avrebbe risparmiata nemmeno quando lei era in gravidanza: costretta a subire attività sessuali con attrezzi, che si usano per la coltivazione degli ortaggi, provocandole lesioni interne anche gravi. Con le accuse di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, lesioni personali aggravate, riduzione in schiavitù, la Corte di assise di Catanzaro, presieduta dal giudice Alessandro Bravin, ha condannato Francesco Rosario Aloisio Giordano, 56 anni, di Gizzeria, nel Lametino, codifeso dai legali Antonio Larussa e Bernardo Marasco, alla pena di 20 anni di reclusione, mentre il pm ha invocato, in aula, 26 anni, una richiesta di pena non ritenuta congrua rispetto alla gravità dei fatti dal legale di parte civile, l’avvocato Claudia Conidi. La Corte di assise ha ritenuto prescritti alcune ipotesi di reato. Nel corso dell’arringa difensiva, l’avvocato Larussa ha sollevato l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla donna e dal figlio davanti al giudice di Lamezia, funzionalmente incompetente per i reati di riduzione in schiavità.

L’inferno durato dieci anni. All’inizio il sogno di una vita insieme e la promessa alla giovane donna, di nazionalità rumena, di un posto di lavoro come badante, che le avrebbe garantito una certa autonomia, poi l’inferno fatto di abusi, di torture, sevizie e prevaricazioni, durati dieci anni, dal 2007 al 2017. Il 56enne avrebbe costretto la sua compagna e i figli a vivere in condizioni di precarietà, impedendo loro di sottoporsi a controlli sanitari, compresi quelli connessi alla gravidanza.

Segregata. Il compagno l’avrebbe segregata in una baracca semipericolante, senza luce e acqua potabile, priva di servizi igienici, reclusa per intere giornate o da sola o in compagnia della sua bambina, (di ratti e altri animali), consentendole di allontanarsi solo se accompagnata dal suo aguzzino. Ma sempre nascosta. L’avrebbe messa in auto, con tendine sui finestrini posteriori, perché nessuno potesse vederla e nessuno sapeva dell’esistenza di questa relazione, neanche la madre e la sorella dell’aguzzino avrebbero mai saputo della loro storia sentimentale, nonostante tra i due fossero passati dieci anni di convivenza.  Non c’erano vie di uscita per la rumena, a cui l’uomo aveva anche sottratto i documenti di riconoscimento per impedirle qualunque scappatoia o contatto col mondo esterno o con la sua famiglia di origine. E le minacce erano chiare: “da qui non andrai viva, andrai via sola da morta.. se scappi in Romania vengo e ti ammazzo”. Diversi sono gli episodi vessatori documentati dalla pubblica accusa, in un’ occasione il suo compagno avrebbe costretto la convivente a stare seminuda sul balcone di casa nel periodo invernale, dopo averle lanciato addosso un secchio di acqua fredda, offendendola con parole inenarrabili. Seviziata per futili motivi, presa a morsi in un pollice tanto da farle perdere l’unghia, penetrazioni forzate con corpi contundenti e con una pinza le avrebbe procurato una ferita grave all’indice, senza che la donna potesse ricorrere alla cure sanitarie o a un ricovero ospedaliero.

Le svolta nelle indagini. ,Sono stati i carabinieri di Gizzeria Lido,  dopo un controllo, a fermare Francesco Rosario Aloisio Giordano a bordo di un’auto fatiscente insieme al figlio di 9 anni. L’atteggiamento dell’uomo ha insospettito i militari che hanno ritenuto opportuno svolgere ulteriori approfondimenti, vista anche la reticenza dell’uomo nel fornire l’indirizzo di residenza. I carabinieri hanno così scoperto che il bambino, insieme alla sorellina di 3 anni e alla loro madre vivevano in una piccola baracca fatiscente, priva di illuminazione e di servizi, situata nelle campagne di Gizzeria. Un ambiente angusto, insalubre, infestato da topi e insetti, con servizi igienici ricavati nei secchi della spazzatura e letti in cartone. Viste le gravissime condizioni di degrado, la donna e i due bambini, all’epoca dei fatti, sono stati immediatamente trasferiti in località protetta. Le ulteriori indagini hanno poi portato ad accertare che la donna, era stata segregata da circa dieci anni, prima all’interno di diversi appartamenti e poi nella baracca, vivendo in stato di schiavitù.