Cronaca

I verbali dei pentiti vibonesi: l’estorsione dell’avvocato e l’inchiesta “svelata” ai Piscopisani

Le rivelazioni di Mantella e Moscato confermano le collusioni della 'ndrangheta vibonese con "insospettabili" colletti bianchi tra "talpe" e "infedeli" infiltrati nelle istituzioni

Mantella-e-Moscato

Contengono particolari inediti e, allo stesso tempo, inquietanti i due nuovi verbali dei collaboratori di giustizia vibonesi Andrea Mantella e Raffaele Moscato depositati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro lunedì scorso nell’udienza preliminare che vede imputate davanti al gup 14 persone tra medici, periti e avvocati penalisti. Tra le oltre 100 pagine delle trascrizioni che vanno ad ingrossare il fascicolo dell’accusa, i due pentiti parlano del ruolo rivestito da alcuni avvocati ma anche di “talpe” interne alle forze dell’ordine che avrebbero anticipato operazioni, svelato particolari scottanti di inchieste e rivelato preziose intercettazioni ancor prima dei blitz.

L’estorsione dell’avvocato. Le dichiarazioni fornite dall’ex boss scissionista e dall’ex esponente dei Piscopisani al pm antimafia della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci fanno tremare i cosiddetti “colletti bianchi” e confermano l’elevato grado di collusione presente nel Vibonese all’interno di quell’area grigia dove la ‘ndrangheta stringe affari con “insospettabili” in giacca e cravatta. Dai racconti di Mantella e Moscato emergono presunte “talpe” o “infedeli” delle istituzioni. Tra le pagine del verbale firmato da Andrea Mantella si parla, tra le altre cose, di alcune lettere spedite ai suoi avvocati e delle presunte “velate” minacce rivolte dall’ex boss ai legali che nel corso del tempo lo hanno difeso. Tra una dichiarazione e un’altra Mantella rivela: “Non ho mai espressamente rivolto minacce, se non velate “minacce” che poggiavano su precedenti collusioni e sulle precedenti condotte che gli avvocati avevano tenuto per mio conto”. A questo aggiunge di aver persino chiuso delle estorsioni con uno dei suoi avvocati (non indagato e non coinvolto nel procedimento penale sulle presunte false perizie presentate per essere scarcerato): “Io poggiavo le mie pretese sulla mia precedente condotta: non poteva – aggiunge riferendosi al legale in questione – poi tirarsi indietro solo perché si era avvicinato ai Mancuso”. Il resto è coperto da omissis e anticipa scenari altrettanto inquietanti.

L’intercettazione. Un altro capitolo altrettanto inquietante è quello che scrive con le sue dichiarazioni Raffaele Moscato che agli inquirenti svela una ‘mbasciata (un messaggio) che Mantella avrebbe mandato dal carcere ai Piscopisani: “Ma pecchì non vi fate i fatti vostri? Perché l’avvocato mi ha detto che in una intercettazione parlate con Francesco e con altri che io era bravo u mu simulu a malattia”. Quindi a riferire dell’intercettazione – secondo il pentito – sarebbe stato proprio un avvocato. C’è di più secondo Moscato gli stessi “Piscopisani” avrebbero saputo in anticipo di alcune indagini e sarebbero entrati in possesso anche di una pen-drive con tutte le intercettazioni relative all’operazione “Gringia”, la maxi inchiesta che fece luce sulla faida con i Patania di Stefanaconi. “Noi – dichiara il collaboratore di giustizia – sapevamo parecchie cose quando eravamo indagati, quindi non… le sapevamo le intercettazioni, le cose, chi era indagato, chi non era indagato, l’amu sempre saputo… che prima ancora che c’era l’operazione Gringia, che c’erano sempre le intercettazioni, ci sono anche nel provvedimento dell’operazione Gringia, noi avevamo già la pennetta prima ancora che scattava l’operazione… E quindi sapevamo tutta l’operazione”.

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