Cronaca

“False perizie” per evitare il carcere, lo stratagemma di Mantella per fingersi pazzo

Gli altri dettagli dei verbali inediti del pentito Raffaele Moscato depositati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro

Mantella-e-Moscato

Fingeva di essere pazzo per evitare il carcere e pagava profumatamente chi dava consigli su come fare il matto rendendo la cosa credibile agli occhi di chi poi avrebbe dovuto scarcerarlo. A parlare è Andrea Mantella, l’ex boss esponente di spicco dell’ala scissionista dei “Pardea Ranisi” di Vibo che da un paio di anni collabora con la giustizia e che in un altro dei suoi verbali appena “desecretati” racconta particolari inediti al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci. Trascrizioni di verbali depositati proprio lunedì nel processo a carico di medici legali, avvocati penalisti e periti di parte accusati a vario titolo di corruzione in atti giudiziari, false dichiarazioni, false attestazioni a pubblico ufficiale, false dichiarazioni al difensore. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso.

Mantella il “matto”. Tra gli indagati ci sono due avvocati, Giuseppe Di Renzo di Vibo e Salvatore Staiano di Soverato. Entrambi sono stati i difensori di Andrea Mantella. “Ecco l’avvocato Staiano – sostiene il pentito – mi ha fregato i soldi… Soldi perché mi aveva promesso la stessa strada, via maestra… della certificazioni, delle cose e voleva ungere ancora di…”. Il riferimento è all’ultima detenzione di Mantella dopo l’arresto nel 2011. Lui portava avanti quello che chiama il “discorso della malattia”, ovvero si fingeva pazzo. Mantella spiega come funzionava la “barzelletta”, ovvero la simulazione della malattia. “I messaggi, tecnicamente, per simulare la malattia, a me l’hanno detto i dottori che io ho pagato profumatamente. Mi hanno detto – spiega agli inquirenti – quello che io dovevo fare, per essere credibile davanti agli altri periti del Procuratore, dovevo manifestare queste sensazioni, ecco, perché queste sensazioni corrispondono tecnicamente alla malattia che io manifestavo, per trarre in inganno e per appoggiare la perizia sulle mie sensazioni”. Mantella doveva quindi dimostrare di essere depresso, stava chiuso in cella, con la coperta di lana anche in estate, la barba lunga e i lacci delle scarpe strappate quando camminava.

I “malati mentali”. Al verbale di Mantella, si aggiunge anche quello di Raffaele Moscato, ancora più recente visto che l’interrogatorio dinnanzi al sostituto procuratore antimafia di Catanzaro Annamaria Frustaci risale, nel suo caso, allo scorso 5 ottobre. L’ex esponente dei “Piscopisani” ricorda che, prima di essere ucciso, Francesco Scrugli gli parlò di come con Andrea Mantella fingevano di essere “malati mentali” per ottenere la scarcerazione. “Scrugli – racconta Moscato – aveva simulato in precedenza, così come Mantella, di essere malati ed erano andati in quella clinica di Cosenza, che mi pare si chiami Villa Verde”. Il pentito ricorda un periodo di detenzione nello stesso carcere nel quale era recluso Mantella. “Ricordo che era agosto 2011 e ricordo di averlo notato, passando davanti la sua cella mentre mi portavano in isolamento, perché – anche se non lo avevo mai conosciuto personalmente – ne avevo sempre sentito parlare. Mi colpì perché, pur essendo agosto, aveva addosso delle coperte di lana e la barba lunga, inoltre parlava di vacche chiedendo alle guardie di farlo uscire poiché lui doveva occuparsi delle sue vacche. Mi sono avvicinato a presentarmi e a salutarlo e lui mi ha stretto la mano chiedendomi se avessi bisogno di qualcosa e facendomi capire che potevo contare sul suo aiuto. Ad un certo punto, non appena si avvicinarono le guardie, cambiò atteggiamento iniziando a chiedermi chi fossi, che cosa volessi da lui e chiedendomi se fossi un infermiere, facendomi così fare una figuraccia”.

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