Dagli studi all’Università di Catania alla rivoluzione impossibile, l’altro Gratteri si racconta a Capo Vaticano

Intervista quasi autobiografica nel corso della rassegna culturale "Estate a casa Berto". Oltre la lotta alla 'ndrangheta: vita, passioni e sogni del "Falcone di Calabria"

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Un Gratteri inedito, a tratti ironico, al solito incisivo, per nulla scontato quello che ha tenuto alta l'attenzione a Ricadi nella terza giornata della rassegna culturale "Estate a casa Berto". Intervistato dal giornalista del Corriere della Sera Paolo Conti ha parlato della sua vita, delle sue passioni, della Calabria. Un'intervista quasi autobiografica con la lotta alla 'ndrangheta stavolta sullo sfondo. I temi centrali sono stati altri e fulcro della discussione è stata la cultura come arma vincente contro le mafie, la corruzione e il malcostume dilagante che regna in Italia e non solo in Calabria in questo frangente storico. "Noi ci riempiamo la bocca di cultura - ha spiegato - ma la cultura viene dopo l'istruzione e noi dobbiamo ripartire da qui". Ripartire quindi dalla scuola, dagli insegnanti, dall'educazione per gettare le basi verso una vera e propria rivoluzione che prima di tutto deve essere culturale. Un messaggio ribadito a più riprese e con diversi ragionamenti. "Siamo sempre meno colti. Noi pensiamo - ha sottolineato Nicola Gratteri - che attraverso lo smartphone possiamo sapere tutto. Internet però non è cultura e non è neanche informazione. La cultura è il risultato di una vita di saperi, di confronti, di ricerche. Invece di tenere in mano un telefono, meglio leggere la terza pagina di un giornale o un bel libro".




Gomorra può nuocere ai ragazzi. Il procuratore capo della Dda di Catanzaro ha poi bollato come inutili e dannose alcune serie tv che raccontano a suo dire in modo sbagliato le mafie. "Qualche grande personaggio che si definisce intellettuale - attacca Gratteri - dice che vogliamo censurare la cultura. Io invece sono preoccupato perché i bambini si nutrono di queste porcherie". Nel mirino finiscono quindi inevitabilmente serie tv di successo come Gomorra che influenzano in maniera negativa gli adolescenti. Gratteri spiega: "Oltre a fare il magistrato, io sono seguito da migliaia di persone per le quali sono un modello ciò significa che devo stare attento a quello che dico e a quello che faccio. Se so che scrivendo un romanzo, una sceneggiatura o qualsiasi altra cosa posso nuocere al comportamento dei ragazzi quel prodotto non lo faccio altrimenti sono uno spregiudicato o un ingordo che voglio solo guadagnare soldi".

Gratteri e l'istruzione. Istruzione e cultura sono il filo diretto della serata vibonese di Nicola Gratteri che - ironicamente - si definisce un esperto agricoltore infiltrato in magistratura. Terzo di cinque figli, parla dei suoi studi all'Università di Catania dove si è laureato in Giurisprudenza. Orgoglioso di averlo fatto con una cultura paesana in mezzo a figli di magistrati, notai, avvocati, studiando dodici ore al giorno e uscendo una sola volta a settimana, preparando un esame dietro l'altro di giorno e leggendo Sciascia (uno dei suoi autori preferiti) e altri scrittori del '900 di notte. "Ho scelto Catania perchè Messina era all'epoca un altro pezzo di Calabria e in quell'Università si erano iscritti i figli dei capi mafia". Già all'epoca Gratteri aveva le idee molto chiare su chi frequentare e che cosa fare da grande. La sua è stata una giovinezza fatta di grandi sacrifici e di tante rinunce. "Mio padre aveva la quinta elementare, mia madre la terza. Io sapevo che era fondamentale laurearsi il più in fretta possibile perché i miei genitori dovevano mantenere gli studi ad altri due figli". Così si è laureato in tempi record ed è entrato in magistratura. Oggi lavora oltre dodici ore al giorno, pranza in ufficio, l'unica valvola di svago è il suo orto ma quando torna a casa non ha neanche il tempo di guardare la tv per la stanchezza. A proposito, gli piacciono Totò e Verdone che cita quando dice di dover tenere acceso il telefonino ventiquattro ore su ventiquattro per la delicatezza del suo lavoro. "Sono come il personaggio di Verdone in 'Viaggio di Nozze': gli ufficiali mi chiamano a tutte le ore e io devo sempre dire 'Non mi disturba affatto'". Alle serie tv sulle mafie preferisce i film del neorealismo, quelli di Pupi Avati o quelli ambientati nel periodo del fascismo: "Le donne e gli uomini più eleganti - sottolinea - sono quelli degli anni venti e trenta".

La rivoluzione mancata. Inevitabile un passaggio sulla stretta attualità e sulla tanto discussa riforma della giustizia. La mente torna a qualche anno fa quando l'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi lo chiamò a palazzo Chigi quale consulente per realizzare un bozza di riforma da presentare in Parlamento insieme a una commissione di esperti. "Dissi che bisognava iniziare da una riforma di superficie per arrivare successivamente a una modifica radicale. L'ovvio prima della rivoluzione. Non è passato neanche l'ovvio. Le riforme radicali normative non passano e non passeranno perché in Parlamento non ci sono maggioranze tali per fare una rivoluzione".

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