Cronaca

Segretario del vescovo di Mileto nel mirino della Dda, la Curia respinge le accuse: “Accuse montate per non restituire i soldi”

In una nota l'ufficio stampa della diocesi prova a fare chiarezza su una vicenda quantomeno imbarazzante che vede coinvolti due sacerdoti del vibonese accusati di tentata estorsione con aggravante mafiosa

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Dopo la richiesta di rinvio a giudizio di due sacerdoti con l'accusa di "violenza e tentata estorsione mafiosa", la curia di di Mileto ha ritenuto necessario "fare gli opportuni chiarimenti atti a fare verità sull'accaduto e su quanto pubblicato". Bisogna prendere atto, purtroppo, che, "quando ci sono in mezzo dei sacerdoti, i pruriti che scattano sono i più disparati pur di mettere in evidenza ed in cattiva luce le persone. In questo senso appare strano, o per lo meno non secondo etica professionale, per esempio, che mentre del soggetto veramente sotto accusa si danno solo le iniziali del nome, R.M, per i due sacerdoti non c'è risparmio di particolari, a prescindere dalla verità oggettiva dei fatti".




"A parte questo - prosegue la nota - su quanto denunciato, l'unica "vera" verità è che i due sacerdoti, spinti da carità cristiana, hanno inteso aiutare e venire incontro alle richieste disperate del sig. R. M., come si evince dall'allegata dichiarazione dello stesso, dandogli in prestito "grazioso", in data 11 ottobre 2012, la bella somma complessiva di € 8.950 (ottomilanovecentocinquanta), quale acconto per pagare un debito da lui contratto col sig. Sergio Politi. La predetta somma non è stata mai restituita dal R.M., come non è stato pagato il resto del debito al sig. Politi. (vedi), a dire dello stesso interessato. Al contrario di quanto apparso sulla stampa, non è stato don Maccarone a minacciare il sig. R.M., evocando l'intervento di chissà chi, ma è stato questo a raggirare il sacerdote e a tentare ogni ricatto registrando a sua insaputa conversazioni telefoniche, il cui contenuto è stato artatamente alterato e artificiosamente interpretato fino ad accusarlo di messaggi a sfondo sessuale con la figlia disabile e cose del genere, con minaccia per di più di rendere pubblici quei messaggi. Il tutto finalizzato chiaramente per trovare una scusa e non restituire il denaro avuto in prestito. E' veramente grave ed immorale da parte di un padre giocare con la onorabilità di una figlia per soldi. Capito il soggetto e soprattutto vista l'impossibilità di riavere il denaro prestato, don Maccarone insieme a don De Luca, hanno inteso tagliare completamente i ponti col sig. R.M. rinunciando a tutto il dovuto. In risposta il tale ha provveduto ad inventare un'accusa inesistente e a denunciare alla Dda di Catanzaro la falsità dell'accaduto, per di più con l'aggravante mafiosa".

"Circa l'accusa di violenza e di tentata estorsione di stampo mafioso usata da don Maccarone nei confronti del R.M., è senza riscontri nella realtà. Avere un parente che conosce il tale dei tali, non significa avere legami e rapporti di frequentazione con certi ambienti. Le elucubrazioni evocative di senso contrario sono frutto di fantasia e di malevolenza di chi le ha costruite e le ha messe in giro. A questo riguardo don Maccarone, con le autorizzazioni dovute, ha provveduto già ad una "denuncia-querela" alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia per tramite del Comando dei Carabinieri di Mileto per tutelare la sua immagine. Inoltre con una Pec dei giorni scorsi, tramite il suo avvocato di fiducia, ha chiesto di essere ascoltato dalla Dott.ssa Annamaria Frustaci della Dda di Catanzaro, titolare dell'inchiesta".

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