Cronaca

I retroscena sull’agguato a “Ciccio Tabacco”, la faida interna ai Mancuso e le dichiarazioni inedite dei pentiti

I particolari dell'inchiesta "Errore fatale" che ha ricostruito l'omicidio di Raffaele Fiamingo e il tentato omicidio di Francesco Mancuso. A dare il via libera all'agguato sarebbe stato il boss Cosmo Mancuso

Una tentata estorsione alla persona sbagliata nel posto sbagliato. Per questo motivo la notte del 9 luglio del 2003 fu ucciso Raffaele Fiamingo, alias "Il Vichingo". Con lui rischiò di morire anche il boss Francesco Mancuso, detto "Ciccio Tabacco", rimasto gravemente ferito. L'agguato maturò nell'ambito di una serie di contrasti tra due fazioni del clan, in una vera e propria faida interna alla stessa famiglia di Limbadi. La richiesta estorsiva fu rivolta al titolare di un panificio di Spilinga, nel Vibonese, di cui era titolare il fratello di Antonio Prenesti, 53 anni, di Nicotera, elemento di spicco del clan Mancuso, oggi arrestato nell'ambito dell'operazione "Errore Fatale". L'inchiesta svela tutti i retroscena anche attraverso i racconti di diversi collaboratori di giustizia, vecchi e nuovi, vibonesi e non: da Emanuele Mancuso ad Andrea Mantella passando per Raffaele Moscato e Giuseppe Giampà.

I ruoli degli arrestati. Secondo l'accusa il boss Cosmo Mancuso, 70 anni, di Limbadi, già detenuto nel carcere di Prato, sarebbe il presunto mandante o, almeno, colui che avrebbe dato l'autorizzazione a sparare contro un Mancuso, ovvero il nipote "Ciccio Tabacco". Giuseppe Accorinti, 60 anni, presunto boss di Zungri, avrebbe invece accompagnato sul luogo dell'agguato a Spilinga (territorio di sua competenza) i due esecutori materiali indicati in Antonio Prenesti 53 anni di Nicotera e Domenico Polito 55 anni di Tropea. Per gli inquirenti Cosmo Mancuso sarebbe il vertice, il direttore e l'organizzatore dell'articolazione della famiglia Mancuso facente capo a Luigi Mancuso. Giuseppe Accorinti è accusato di essere il "co-esecutore materiale" avendo accompagnato i due killer sul posto mentre a sparare sarebbero dunque stati Antonio Prenesti e Domenico Polito che avrebbero pianificato e attuato concretamente l'agguato esplodendo numerosi colpi di pistola calibro 9x21 e calibro 32 all'indirizzo di Raffaele Fiamingo e Francesco Mancuso.



Il tranello. Il titolare del panificio avrebbe avvertito il fratello del tentativo di estorsione. Antonio Prenesti avrebbe, quindi, chiesto l'autorizzazione di sparare al boss Cosmo Michele Mancuso, zio di Francesco Mancuso. Sceso dall'auto per ritirare il denaro, Raffaele Fiamingo, al quale fu fatto credere che la presunta vittima avrebbe pagato, si trovò dinnanzi ai colpi di pistola che sarebbero stati esplosi da Antonio Prenesti e Domenico Polito. Fiamingo fu colpito mortalmente e venne freddato sul posto mentre Francesco Mancuso, rimasto in auto, riuscì a scompare all'agguato, a tornare a casa per poi essere accompagnato dal figlio in ospedale a Vibo dopo essere stato colpito alla spalla destra, al torace, all'addome e al ginocchio sinistro.

La terza persona scampata all'agguato. A ricostruire le varie fasi dell'agguato sono stati diversi collaboratori di giustizia. Il primo a parlare di questo fatto di sangue fu Angiolino Servello che agli inquirenti ha riferito di una terza persona che quella notte era in compagnia di Raffaele Fiamingo e Ciccio Mancuso, ovvero Antonio Tripodi. "So con certezza - spiega - che quel giorno in macchina con Fiamingo Lello e Francesco Mancuso alias Tabacco c'era anche Antonio Tripodi che è riuscito a scampare all'agguato. Questa cosa me la disse lo stesso Antonio Tripodi". Un particolare confermato da Raffaele Moscato al quale lo stesso Tripodi avrebbe raccontato i particolari di quel delitto. "La storia era - dice Moscato - che Francesco Mancuso aveva picchiato uno che vendeva pana ed il figlio di questi lo avrebbe ucciso poiché si trattava di un soggetto spietato e sanguinario per cui Cosmo Mancuso sapeva che comunque avrebbe portato a termine quello che diceva e diede l'ok all'omicidio". Ancora più recenti le dichiarazioni di Andrea Mantella che chiama in causa proprio Antonio Prenesti. "L'omicidio di Raffaele Fiamingo lo ha commesso Antonio Prenesti, detto "Musso Sorto", perchè Ciccio Tabacco, ovvero Francesco Mancuso, stava facendo la scissione da Luni Mancuso "Scarpuni" mentre Prenesti era dalla parte di Scarpuni e dello zio Luigi Mancuso in quel periodo detenuto. Ciccio Tabacco mese nella sua squadra Raffaele Fiamingo e Antonio Tripodi che scampò all'agguato. Nel creare questa squadra avevano iniziato a fare dei danneggiamenti con "Peppone" Accorinti che era un pò con "Ciccio Tabacco" e un pò con "Scarpuni"". Secondo quanto riferisce Mantella Antonio Tripodi è scampato all'agguato riuscendo a scappare e nella notte avrebbe chiamato Enzo Barba e Paolino Lo Bianco per portare Francesco Mancuso alla Villa dei Gerani di Vibo per farlo visitare da un dottore di quella clinica. "So - aggiunge Mantella - che c'era anche Gaetano Comito che era il braccio destro di Ciccio Tabacco e credo che inizialmente quest'ultimo, ferito, si sia portato in una sua villetta vicino al campo di aviazione. Tutti abbiamo saputo tramite Antonio Tripodi e perché si diceva nell'ambiente che a sparare era stato Antonio Pronesti". Sul movente Mantella aggiunge: "Si tratta di una frattura interna ai Mancuso... Ricordo vagamente che il fatto avvenne anche per un danneggiamento a un panificio di un parente di "Mussu Stortu", ricordo che forse questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso".

Emanuele Mancuso

Un clan diviso. L'ex boss lametino Giuseppe Giampà ha invece riferito agli inquirenti della circostanza, notoria in ambienti criminali, che la famiglia Mancuso fosse al suo interno spaccata in due articolazioni: da una parte quella facente capo a Luigi Mancuso e dall'altra quella guidata da Giuseppe Mancuso, alias "Mbrogghia, il fratello di Francesco e Diego Mancuso. Alla prima articolazione appartenevano - secondo quanto raccontato da Giampà - Panteleone Mancuso alias Scarpuni, Mimmo Polito, Nazzareno Colace, Michele Mancuso, Agostino Papaianni e i La Rosa di Tropea. Emanuele Mancuso, nipote di "Ciccio Tabacco", conferma i contrasti all'interno della famiglia di Limbadi e apprende dal cugino Domenico Mancuso che il tentato omicidio dello zio sarebbe stato commesso da Michele Cosmo Mancuso insieme a Totò detto Yo Yo, il soprannome di Antonio Prenesti. Quanto ai motivi dell'attentato aggiunge: "Sono da rinvenirsi nella gestione di un panificio della zona di Rombiolo o zone vicine e riconducibile al predetto Yo Yo ed a Michelina, ossia Mancuso Cosmo. Peraltro Tabacco era solito commettere incendi e danneggiamenti nei confronti di sodali e soggetti vicini a Mancuso Cosmo (come ad esempio tale Papaianni di Ricadi-Tropea) e Mancuso Pantaleone (alias Vetrinetta). Credo che anche per questi motivi si prese la decisione di colpire Mancuso Francesco e il suo sodale".

La ricomposizione. Su Francesco Mancuso, il collaboratore di giustizia rivela altri particolari inediti: "Si tratta dell'unico che non va d'accordo con il ceppo degli 11 (ad eccezione della famiglia di Scarpuni con la quale Tabacco è in buoni rapporti). Ad oggi - precisa - ritengo che la situazione sia stata composta anche perché in caso contrario Totò Yo Yo non si permetterebbe mai di fare rientro nel Vibonese. Ciò in quanto, se così non fosse, chiunque del ceppo di 'Mbrogghia avrebbe già reagito nei confronti di quest'ultimo, atteso anche la forza criminale che contraddistingue il clan". Prenesti è considerato un trafficante internazionale di droga ed ha precedenti per associazione mafiosa. Già destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'operazione "Dinasty" del 2003, diretta dalla Dda di Catanzaro, Prenesti riuscì a sottrarsi in quell'occasione all'arresto e restò latitante fino al 2010, anno in cui fu arrestato. Successivamente l'uomo riuscì ad ottenere la scarcerazione e rientrò nei ranghi operativi della cosca Mancuso. La Polizia sta svolgendo adesso indagini per accertare i motivi per i quali Antonio Prenesti si trovasse a Milano e quale ruolo svolgesse nel capoluogo lombardo nell'ambito delle attività criminali della cosca Mancuso.

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