STORIE | I capolavori del “vibonese” Zoda, l’arte dell’espressione e l’oblìo della sfortuna

Diede inizio alla Scuola Pittorica di Monteleone, grande amico di Luca Giordano, ma di suo restano pochi dipinti. Il terremoto del 1783 rase al suolo l'abbazia della Certosa di Serra San Bruno ed i suoi affreschi capolavoro

La sua sfortuna? Il terremoto del 1783. Certo non solo la sua, visto che il flagello che stravolge la Calabria e la Sicilia travolge migliaia di vite, ma per Francesco Zoda è come una mola che macina via il capolavoro della sua vita. Le scosse lacerano l’abbazia di Santo Stefano nella Certosa di Serra San Bruno e con essa gli affreschi realizzati quasi un secolo prima.
Dell’aggiudicazione dell’appalto narra Emanuele Paparo della Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli (1826). Lo Zoda, richiamato appositamente dalla Sicilia, dove si era trasferito per numerose commesse, dal priore padre Baldari, si trova ad affrontare una sorta di tenzone a colpi di pennello con un altro pittore, il napoletano Niccolò Rossa e ne esce vincitore. Vista la bravura del suo rivale, infatti, il Rossa nottetempo lascia il convento e “fugge”.

Discepolo di Pietro o di Lorrain?

 A parte questo episodio, le notizie biografiche di Zoda, sono scarse. Nato a Monteleone (oggi Vibo Valentia) il 13 settembre 1639, si sposa due volte e ha tanti figli, tra cui un Antonio che segue le orme del padre ma muore giovanissimo. Nella sua città opera a lungo prima di trasferirsi a Napoli e poi a Roma dove si perfeziona alla scuola di Pietro da Cortona o, per altri, di Claude Lorrain. A Roma conosce Luca Giordano e ne diviene grande amico. Di ritorno nella sua terra, viene chiamato a Palermo per decorare il palazzo vicereale e a Catania. Solo il prestigioso incarico alla Certosa lo riporta in Calabria. Zoda conclusa la sua fatica serrese rientra a Monteleone, e Luca Giordano suo grande amico, viene a fargli visita almeno un paio di volte. Tanto forte è la loro amicizia che Zoda gli cede la commissione di un quadro per la Chiesa di S. Maria degli Angeli. Il Giordano lo realizza e lo firma per gratitudine e in ricordo della visita a Zoda. Quasi ottantenne, nel 1719, muore mentre esegue un affresco sulla nascita di S. Francesco nel chiostro del convento dei frati Minori Osservanti, la sua ultima opera, anche questa persa, Tutto qui.

Le opere disperse

Le uniche e scarne notizie biografiche tramandate dal Paparo, sono più un ritratto eulogico che un racconto di fatti della vita dello Zoda. Per fortuna Paparo elenca alcune delle opere dallo stesso realizzate, oggi non più rintracciabili o andate disperse. “Il suo quadro di Tobia – scrive Paparo – è il monumento del suo genio, di quella bravura pittorica nell’esecuzione de’ vasti progetti… Il Davide posseduto dal Marchese di S. Caterina, varie mezze figure nella casa de’ signori Alessandria; i Maggi alla Capanna di Betlemme, e l’energumena guarita da S. Diego presso il Sig. D. Vito Capialbi, sono opere condotte con tutta la scienza pittorica… È mirabile in questa logora tela la forza dell’espressione…”. Non a molto serve l’elenco fatto da Pietro Tarallo nel 1897, che riprende Paparo e Bisogni, aggiungendo all’elenco uno Sposalizio di Santa Caterina e un Santo Anacoreta. Nessuna citazione del suo lungo periodo siciliano, di cui manca una seria ricerca ed analisi storica. Sembra oltremodo strano che dei suoi anni oltre lo Stretto non sia rimasto nulla.

I dipinti attribuitiI

 Delle opere di Zoda anche a Vibo Valentia resta ben poco. A lui attribuibili o attribuite, con molte perplessità, sono esposte nella chiesa di San Michele una Annunciazione, che però appare una replica con varianti di una tela di Teodoro d’Errico presente a Napoli nella chiesa della Sapienza, e una Deposizione di Cristo molto simile a quella del Giordano esposta a Venezia nelle gallerie dell’Accademia e datata al 1665. Più plausibilmente dello Zoda è, invece, il San Michele e la cacciata degli angeli ribelli, di una bellezza e di una forza espressiva che impressiona nel dolore che emerge dai visi deformi dei demoni e dalla forza possente dell’arcangelo. Questa tela attribuita inizialmente a Luca Giordano, pare riprendere i tratti del bozzetto del San Michele affrescato per la Certosa descritto dal Paparo, come vedremo, fornendo l’ipotesi concreta di una attribuzione al pittore vibonese. Allo Zoda è stato attribuito anche un San Francesco di Assisi presente nella chiesa del Rosario, detto “vera immagine del santo” replica di un dipinto medievale. A Palermo potrebbe attribuirsi a Zoda una Madonna del Lume, mentre di una analoga tela custodita a Vibo, se ne è persa traccia, come delle tele della collezione Di Francia.

Gli affreschi della certosa

 Torniamo al capolavoro perduto della sua vita, gli affreschi certosini. E’ lo stesso Paparo a dirci di avere i disegni originali, per poterli descrivere: “Zoda dipinse nella volta la caduta degli Angeli in questo fresco superò il suo talento, l’altrui aspettazione, e fece tacere l’opposto partito di quei monaci, che in odio del Priore, e del buon senso, volevano sostenere il profugo artista. Il sottoinsù di questa pittura è mirabile, come l’immaginazione de’ gruppi, e come le novità de’ pensieri. Lucifero alla testa delle sue legioni, mostra lo spavento, e ‘l terrore alla vista dell’infocata voragine, che s’apre sotto i suoi piedi…. Il carattere di S. Michele, che minaccia ai debellati l’esilio, è d’una dignità divina, e mirabile… Passiamo alla cupola…. ciò che rappresenta è l’apoteosi di S. Bruno. L’eterno Padre, che si curva per vedere questo nuovo cittadino del Cielo; il Figlio, che scende dal trono per incontrarlo; la Vergine, che piena di gioia lo conduce; la festa de’ Serafini; la santa compiacenza di quegl’innumerabili comprensori, e quell’immensa luce, ch’or si diffonde, ed or s’interrompe fin le masse di tanti gruppi, è ciò che forma lo spettacolo più dignitoso, e più augusto”.

La scuola di Monteleone

L’opera che gli avrebbe dato fama mondiale è scomparsa per sempre, ma il nome di Zoda resta legato alla nascita della Scuola Pittorica di Monteleone, esempio unico in Calabria, che vide protagonisti più importanti Francesco Antonio Coratoli, Tommaso di Florio, Agostino Cannata, Giulio Rubino, Padre Michele Aloisio e Francesco Saverio Mergolo. E poi Brunetto Aloi, Emanuele Paparo, Stefano Colloca, Enea Silvio Strani e altri ancora. Una scuola di grande importanza, con una produzione e rilevanza ancora da rivalutare. che chiuse le porte di Monteleone e dintorni addirittura a Mattia Preti.

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