Cronaca

‘Ndrangheta, il Tribunale del Riesame ha deciso: resta in carcere Domenico Bonavota

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Respinte anche le istanze di scarcerazione avanzate nei confronti di altri tre indagati nell’ambito dell’operazione “Conquista” contro il clan di Sant’Onofrio

Restano in carcere Domenico Bonavota, Onofrio Barbieri, Giuseppe Lopreiato e Domenico Febbraro, arrestati nell’ambito dell’operazione “Conquista”, scattata lo scorso 14 dicembre, che ha colpito il potente clan dei Bonavota di Sant’Onofrio, nel Vibonese. L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Camillo Falvo e condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Vibo, agli ordini del capitano Valerio Palmieri, regge anche davanti al Tribunale della Libertà di Catanzaro.

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Domenico Bonavota

Domenico Bonavota

Il verdetto. Rigettate dal giudice del Riesame le richieste presentate dagli avvocati delle quattro persone destinatarie dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Catanzaro. Per il Tribunale della Libertà non esistono quindi i presupposti per la scarcerazione di Domenico Bonavota, 37 anni, considerato il capo dell’ala militare dell’omonimo clan; di Onofrio Barbieri, 36 anni, ritenuto una sorta di “luogotenente”; di Giuseppe Lopreiato, 22 anni, e di Domenico Febbraro, 23 anni, accusati di essere gli autori dei danneggiamenti al Popilia Country Resort, il complesso alberghiero della famiglia Callipo.

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L’inchiesta. In 400 pagine la Dda ha ricostruito le dinamiche che avrebbero portato agli omicidi di Raffaele Cracolici, detto Lele Palermo, e Domenico Di Leo, alias Micu i Catalano, uccisi tra il maggio ed il luglio del 2004. Ricostruiti anche una serie di danneggiamenti perpetrati ai danni dell’imprenditore del tonno, Pippo Callipo, oggetto di intimidazioni alle sue aziende nel 2004 e, più recentemente, nel 2016.

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Le dichiarazioni di Mantella. Al centro dell’inchiesta la zona industriale di Maierato per il cui controllo si sarebbe scatenata una vera e propria guerra. Parte delle accuse poggiano sulle dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia Andrea Mantella che si è autoaccusato di aver partecipato ad entrambi gli omicidi contestati nell’ordinanza con il ruolo di esecutore materiale. C’è da ricordare che il gip di Roma non ha convalidato il fermo di Pasquale Bonavota, considerato dagli inquirenti il “capo società”, mentre quello di Vibo Valentia non ha ritenuto sufficienti gli elementi raccolti a carico di Nicola Bonavota che inizialmente si era reso irreperibile e si era costituito ai carabinieri qualche giorno dopo. Anche nel suo caso non è stata applicata nessuna misura cautelare. (m.f.)

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