Cronaca

Omicidio Di Leo, le dichiarazioni di Mantella aprono a nuovi scenari: ecco altre prove

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Il collaboratore di giustizia non indica solo i mandanti ma anche gli esecutori dell’orribile fatto di sangue. E tra questi Francesco Scrugli oltre che se stesso

Le dichiarazioni del pentito Andrea Mantella rischiano di aprire nuovi importanti scenari su omicidi e guerre di mafia nel Vibonese. Uno di questi è indubbiamente l’omicidio di Domenico Di Leo, detto Micu i Catalanu, avvenuto a Sant’Onofrio nella notte tra l’11 e il 12 luglio 2004. Per l’agguato è attualmente in carcere il 36enne Francesco Fortuna, nei cui confronti è stato chiesto il giudizio.

camillo-falvoMa la difesa, rappresentata dagli avvocati Salvatore Staiano e Sergio Rotundo, ha chiesto qualche giorno di tempo per visionare gli atti prodotti dal pubblico ministero della Direzione distrettuale Antimafia Camillo Falvo.  Si tornerà in aula per l’udienza preliminare, dunque, il prossimo 3 gennaio. Rinvio necessario pure alla luce del decreto di fermo che ha riguardato alcuni giorni addietro alcuni esponenti dei Bonavota di Sant’Onofrio.

Mantella

Il pentito. Le affermazioni di Mantella potrebbero aprire nuovi scenari e rendere ancor più pesante la posizione di Fortuna. Mantella, infatti, non indica solo i mandanti ma anche gli esecutori dell’orribile fatto di sangue.E tra i componenti del commando che entrò in azione per eliminare Micu i Catalanu vi sarebbe stato anche Francesco Scrugli (ucciso nella faida tra i Patania e i Piscopisani).  Alla guida dell’auto, secondo la ricostruzione, vi era proprio l’attuale collaboratore di giustizia, pronto ad entrare in azione qualora la circostanza lo avesse richiesto.

Il “contesto associativo”. Esiti che per il gip della Dda di Catanzaro forniscono “pieno riscontro a tutti gli altri elementi emersi nel corso degli anni in relazione al contesto associativo – riporta questa mattina la Gazzetta del Sud – in cui è maturato il grave fatto di sangue, ai soggetti coinvolti ed al movente”.  A determinare la morte di Di Leo, a giudizio degli inquirenti, sarebbero state frizioni all’interno del clan Bonavota. La vittima infatti ” era divenuta -si legge – pedina scomoda per il suo clan”. Il conflitto sarebbe sorto per via di alcune operazioni commerciali nella zona di Maierato