Cronaca

Vibo, omicidio Fiorillo: due le pistole che hanno fatto fuoco. Eseguita l’autopsia

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Due le pistole che hanno sparato contro Francesco Fiorillo. Sette i bossoli repertati dalla Squadra Mobile sul luogo dell’agguato. Un delitto “particolare” commesso in un territorio “particolare”

Sono state due pistole ad esplodere i sette colpi mortali contro Francesco Fiorillo, 45 anni, di Vibo Valentia, il cui corpo ormai privo di vita è stato ritrovato giovedì intorno alle ore 13 dal nipote nei pressi del cancello di casa a Longobardi. Questa la prima certezza investigativa data dal rinvenimento da parte degli uomini della Squadra Mobile vibonese, diretti da Tito Cicero, di bossoli di calibro diverso sul luogo dell’agguato. A sparare, quindi, sarebbero stati almeno due sicari, ma su questo solo gli esami balistici potranno offrire certezze granitiche agli inquirenti, atteso che in linea teorica lo stesso sicario potrebbe aver utilizzato due armi diverse. L’autopsia effettuata dal medico legale, Katiuscia Bisogni, ha confermato il numero dei colpi che hanno attinto Francesco Fiorillo: sette, sparati comunque da breve distanza. La vittima, attinta dai colpi al torace ed al braccio, è caduta a pochi metri dalla sua auto in un estremo tentativo di sottrarsi alla pioggia di fuoco.

FIORILLO FRANCESCO cl. '70 Vibo Marina (armi e droga)

Francesco Fiorillo

Per quanto attiene il fronte delle indagini di un caso per diversi aspetti “particolare”, al vaglio degli inquirenti (Squadra Mobile e pm Barbara Buonanno) vi sono delle carte sequestrate in casa di Fiorillo. Gli investigatori stanno inoltre tentanto di ricostruire tutti i movimenti della vittima nelle ore antecedenti il delitto, così come legami e frequentazioni.

Luogo dell’agguato. Le modalità dell’agguato sono quelle tipiche degli omicidi di mafia. La caratura “criminale” della vittima non viene tuttavia allo stato ritenuta dagli inquirenti di particolare peso. Non sfugge però agli investigatori il fatto che il luogo dove è stato compiuto l’omicidio si trova in linea d’aria a poche centinaia di metri da quello in cui l’11 marzo 2010 è stato ucciso l’assicuratore Michele Palumbo sul cui omicidio il pentito Raffaele Moscato ha svelato tutti i retroscena indicando alla Dda di Catanzaro mandanti, moventi e sicari, pur se ad oggi non è ancora scattato alcun arresto per tale delitto. Il luogo dell’agguato, appunto, lascia aperte diverse ipotesi, atteso che anche sulla scorta delle dichiarazioni del pentito Moscato, lo stesso (Longobardi) – unitamente a tutta l’aria di Portosalvo e Vibo Marina – viene ritenuto sotto il ferreo controllo del clan dei Piscopisani e dei Tripodi. L’omicidio di Francesco Fiorillo, al di là del movente, è stato quindi compiuto in pieno “territorio” dei Piscopisani e dei Tripodi di Portosalvo. Due quindi le ipotesi: sono saltati gli equilibri nella geografia mafiosa del Vibonese tanto da potersi compiere un omicidio su un territorio controllato da una potente organizzazione mafiosa? Oppure tale organizzazione non ha più il “controllo” del territorio di un tempo? Ipotesi, scenari e dubbi che solo le indagini affidate alla Squadra Mobile di Vibo Valentia, che procedono celermente, potranno sciogliere. Non si escludono altre ipotesi fra le quali quella che porta alla vita strettamente privata della vittima con possibili frequentazioni e relazioni ancora al vaglio degli inquirenti. (g.b.)

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