Economia & Società

Sanità a Vibo, imboscati e pure…pregiudicati

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Non solo imboscati all’interno dell’Azienda sanitaria di Vibo Valentia ma anche pregiudicati e soggetti noti alle forze dell’ordine. In rarissimi casi si è arrivati al loro licenziamento. Complice la mancanza di leggi adeguate e di volontà politica

di GIUSEPPE BAGLIVO

Imboscati ed in diversi casi anche…pregiudicati. Accade nell’Asp di Vibo Valentia, un’Azienda sanitaria non a caso sciolta il 23 dicembre 2010 per infiltrazioni mafiose, con una relazione ancora oggi per tanti aspetti attualissima. Basta pensare che molti dei pregiudicati o segnalati in rapporti con i clan sono rimasti al loro posto all’interno dell’Azienda sanitaria oppure imboscati in altri uffici. Pochissimi i licenziati, attesa una normativa farraginosa in materia e, spesso, una mancanza di volontà politica nel voler fare davvero “pulizia” da parte dei vari vertici – salvo qualche eccezione – che si sono negli anni succeduti alla guida dell’Asp.

La relazione, ad esempio, sottolinea che dal 2005 al 2010 l’Asp vibonese “ha vissuto un periodo di incertezza sulla sua gestione che ne ha pregiudicato la credibilità, con la presenza costante di alcune figure di dirigenti sanitari che, anche per la loro collocazione strategica, hanno assunto nel tempo un ruolo di preminente importanza che si è tradotto in situazioni conflittuali che hanno finito per acuire le tensioni, pregiudicando pure la funzionalità delle strutture”. Provata, per Prefettura e Ministero dell’Interno che hanno commissariato all’epoca per infiltrazioni mafiose la locale Azienda sanitaria, è del resto “la presenza di esponenti della criminalità organizzata – rimarca tale relazione – tra il personale dipendente dell’Asp”, così come altrettanto provata la presenza pure di “sanitari con precedenti penali e frequentazioni con esponenti dei clan”. Gli uni e gli altri, colletti bianchi e mafiosi, avrebbero quindi favorito, secondo la Prefettura ed il Viminale, l’aggiudicazione di appalti a ditte riconducibili ad elementi di spicco delle cosche in alcuni casi anche con un ribasso del 50%.

La gestione della sanità a Vibo Valentia e provincia è stata quindi sacrificata e piegata – stando alle relazioni degli organi deputati al suo controllo in tal senso – in nome di disegni “politici” in cui varie caselle di un enorme puzzle, giocato sia sullo scacchiere regionale che nazionale, si sarebbero per molto tempo incastrate. Una situazione di illegalità diffusa, insomma, che – per dirla con le parole della relazione – “ha fatto da schermo all’infiltrazione delle cosche locali”, mettendo così in cattiva luce pure l’operato dei tanti e tanti sanitari onesti che ogni giorno svolgono con impegno ed abnegazione il proprio lavoro.

ospedale Vibo

ospedale di Vibo Valentia

La stessa sentenza relativa all’operazione antimafia “Nuova Alba”, con la quale è stato condannato in via definitiva il clan Lo Bianco, evidenzia poi in molti passaggi delle motivazioni come la cosca dei Lo Bianco sia diventata negli anni “parte integrante – scrivono i giudici – dell’ospedale di Vibo lavorando infatti come copertura in ospedale”. L’Azienda sanitaria di Vibo ha rappresentato quindi – e lo dice una sentenza ormai definitiva – quella che i giudici definiscono come “una fonte di guadagno enorme per il clan, con la presenza, all’interno dell’ospedale, di partecipi all’associazione mafiosa che mantengono così il controllo sulle attività appaltate, con la possibilità di intervenire per ottenere guadagni illeciti”. Riuscirà il commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro, Massimo Scura, a stanare gli imboscati ed a ripristinare la legalità spesso violata all’interno della sanità vibonese? Riuscirà a ridare fiducia ai tanti sanitari onesti che ogni giorno lavorano anche per chi di lavorare non ha mai avuto troppa voglia? Chi vivrà, vedrà…

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