E’ il boss di Pizzinni di Filandari Leone Soriano tramite il suo avvocato Diego Brancia insieme alla figlia del detenuto eccellente, a chiedere di accendere i riflettori sulle sue condizioni di salute, dopo il ricovero in ospedale dal carcere di Parma, dove è detenuto al 41 bis.   Nessuno, infatti, avrebbe dato sue notizie alla famiglia dopo una caduta. Leone Soriano, coinvolto nel processo “Rinascita Scott”, poi riunito per lui e altri imputati al processo denominato operazione “Nemea”, è stato condannato a vent’anni di reclusione per presunte attività connesse alla criminalità organizzata in provincia di Vibo Valentia. Ora -come scrive Il Dubbio – è in attesa in attesa della motivazione della sentenza di appello (Corte di Appello di Catanzaro). Di recente il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha confermato la proposta di proroga della sottoposizione al 41 bis rigettando il reclamo difensivo.

La situazione di Soriano  -spiega il quotidiano diretto da Davide Varì – diventa drammatica il 20 marzo, quando la moglie viene informata del ricovero d’urgenza del marito presso l’Ospedale Universitario di Parma. La donna, però, non riceve alcuna spiegazione sulle ragioni del ricovero né sulle sue condizioni di salute. Anche l’avvocato Brancia si scontra con un muro di silenzio da parte delle autorità carcerarie, che negano informazioni sulla situazione del suo assistito.

Le richieste di accesso e di informazioni da parte della famiglia e del legale di Leone si scontrano con una serie di impedimenti burocratici e rinvii da parte delle autorità penitenziarie. Nonostante le innumerevoli pec inviate, né i familiari né l’avvocato ricevono alcuna notizia sulle condizioni di salute del detenuto. La figlia di Soriano lamenta che le comunicazioni si limitino a notificare il ricovero d’urgenza, senza fornire alcun aggiornamento successivo.

La situazione si complica ulteriormente quando la moglie di Leone si reca al carcere di Parma per ottenere l’autorizzazione a un colloquio straordinario con il marito ricoverato, ma si scontra con ulteriori ostacoli burocratici e mancanza di collaborazione da parte delle autorità penitenziarie. Nonostante l’autorizzazione concessa dal giudice per un colloquio straordinario, l’accesso le viene negato. «La casa circondariale – spiega a Il Dubbio Maria, la figlia di Soriano – le dice di non poterla autorizzare al colloquio perché manca l’autorizzazione del Dap». L’avvocato Diego Brancia sottolinea che Soriano è «da tempo gravemente ammalato e le patologie metaboliche e cardio-vascolari che lo affliggono sono, in parte, connesse agli abusi di sostanza stupefacente del tipo cocaina durante la pregressa libertà».

L’avvocato denuncia un «trattamento inumano» che i familiari dei detenuti al 41 bis sovente devono tollerare, sia per le limitazioni ai colloqui, sia per la chiusura informativa che le direzioni delle Case circondariali adottano in maniera del tutto illegittima.