Cronaca

Asse Vibo-Catanzaro nel traffico di droga, la Dda invoca pene più severe (NOMI)

Le prove acquisite, in particolare le intercettazioni, "dimostrano chiaramente l'esistenza dell'associazione criminale"

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La Dda di Catanzaro critica il giudizio del giudice Gilda Romano emesso il 13 marzo 2023 per 21 dei 25 imputati coinvolti nell’inchiesta Anteo, avviata il 17 maggio 2021. Durante l’inchiesta, i carabinieri avevano eseguito 30 misure cautelari e due avvisi di garanzia in relazione a presunti reati di traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, ricettazione, detenzione e porto illegale di armi da guerra, detenzione di materiali esplosivi e furto.

Il verdetto pronunciato a marzo scorso ha notevolmente ridimensionato le pene rispetto alle richieste del pubblico ministero, portando a 18 condanne e 7 assoluzioni. Questa decisione ha fatto cadere le accuse di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e di spaccio anche per figure centrali dell’inchiesta come Damiano Fabiano, Giuseppe Fabiano, Francesco Fabiano e Vito Chiefari, un’esito che la Dda ritiene discutibile.

Nel ricorso presentato contro il verdetto, i magistrati antimafia Stefania Paparazzo e Debora Rizza affermano che la prova dell’esistenza dell’associazione e del ruolo di ciascun imputato è chiaramente emersa dagli atti investigativi. Le fonti di prova, principalmente costituite da intercettazioni telefoniche, conversazioni tra i presenti, videoriprese e pedinamenti elettronici con tecnologia satellitare, hanno permesso di ricostruire l’esistenza e la stabilità dell’accordo criminale. Queste prove suggeriscono che gli imputati fossero coinvolti in un’unica associazione, impegnati nel perseguire un obiettivo comune e con ruoli chiaramente definiti all’interno dell’organizzazione dedicata al traffico di sostanze stupefacenti.

In sintesi, la Dda contesta il verdetto del giudice sostenendo che le prove acquisite, in particolare le intercettazioni e altre prove investigative, dimostrano chiaramente l’esistenza dell’associazione criminale, a differenza di quanto sostenuto dal giudice nel verdetto emesso a marzo.

La Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro ha richiesto condanne più pesanti per diciassette imputati nell’ambito di un’inchiesta specifica. Tra questi imputati, vengono evidenziati i seguenti nomi:

Raffaele Andreacchio di Guardavalle
Vito Chiefari di Chiaravalle
Daniele Cortese di Capistrano
Fortunato Demasi di Simbario
Damiano Fabiano di Cardinale
Francesco Fabiano di Chiaravalle Centrale
Giuseppe Fabiano di Chiaravalle
Domenico Giorgi di Benestare
Domenico Giorgio di Chiaravalle Centrale
Salvatore Macrì di Chiaravalle Centrale
Emanuele Mancuso, collaboratore di giustizia, di Nicotera
Michele Matarese di Montepaone
Gianluca Minnella di Bovalino
Mirko Pironaci
Antonella Procopio
Antonio Puntieri di Olivadi
Roberto Venuto di Olivadi

Inoltre, la Dda di Catanzaro, sotto la guida del procuratore capo Nicola Gratteri, sta chiedendo ai giudici di appello di convertire in condanne le precedenti assoluzioni per altri quattro imputati:

Anthony Salvatore Catanzariti di Olivadi
Mirco Furchì di Limbadi
Giuseppe Marco Marchese di Chiaravalle Centrale
Bruno Procopio

In precedenza, il giudice istruttore Matteo Ferrante aveva già rinviato a giudizio dodici persone il 25 marzo dell’anno scorso, e il processo dibattimentale è attualmente in corso per queste persone coinvolte nella stessa inchiesta.