Cronaca

Un appartamento del clan di ‘Ndrangheta diviene centro d’accoglienza. Ecco dove

I terreni confiscati al boss saranno affidati a cooperative sociali

san luca

Nel corso dell’autunno i bandi per affidare a enti e cooperative sociali sia un servizio di tata familiare in un alloggio da 50 metri quadrati sia alcuni terreni agricoli da coltivare. Ma anche l’ipotesi, da realizzare puntando a fondi del Pnrr, di un centro di prima accoglienza per persone in difficoltà all’interno di un appartamento da 120 metri quadrati. Sono i progetti – anticipa il sindaco di Quart, Fabrizio Bertholin – dell’amministrazione comunale per i beni confiscati nel 2017 a Giuseppe Nirta, 70 anni, originario di San Luca (Reggio Calabria) e ai suoi familiari, e assegnati all’ente locale. I beni “sono regolarmente pubblicati e sono state fatte le dovute comunicazioni all’Agenzia nazionale dei beni confiscati nel rispetto della normativa vigente”, precisa il primo cittadino, dopo che Libera Valle d’Aosta, in una nota, ha denunciato che nessuno dei sei comuni valdostani destinatari di beni confiscati alla criminalità organizzata pubblica sul proprio sito internet l’elenco e le informazioni su destinazione d’uso, tipologia e consistenza.

“Per i terreni – spiega il primo cittadino di Quart – è previsto l’affidamento ad enti che operano nel sociale, affinché possano coltivarli. L’alloggio più piccolo potrebbe essere destinato a un servizio di tata familiare, appoggiandosi a una cooperativa, mentre l’altro, più grande, è oggetto di valutazione per un progetto Pnrr, con l’assessorato alle Politiche sociali, volto al sostegno delle persone in situazione di estrema povertà: un centro di accoglienza per persone sole, con un’assistenza continua da parte di personale dedicato. Ora stiamo definendo i bandi e poi li affideremo definitivamente. Penso che quelli per i terreni e il servizio di tata nel corso dell’autunno verranno avviati e pubblicati”.

Nel marzo 2017 l’agenzia nazionale dei beni confiscati alla criminalità organizzata era entrata in possesso dei due appartamenti, con tre autorimesse e alcuni terreni, confiscati al settantenne originario di San Luca (Reggio Calabria) – ma residente in Valle d’Aosta dagli anni novanta – e ai suoi familiari. La confisca era diventata definitiva con una sentenza della Cassazione, nel marzo 2015, ed era stata chiesta dalla procura di Torino secondo cui quei beni sono il provento di “attività illecite”.
Per i Nirta invece si tratta del “lavoro di una vita”. Giuseppe Nirta aveva scontato una condanna a sette anni e otto mesi di carcere per narcotraffico internazionale. Gli inquirenti avevano chiesto il sequestro, complessivamente, di 16 immobili e 933.000 franchi svizzeri. Nel novembre 2020 Nirta ha poi patteggiato altri cinque anni di reclusione e 18.000 euro di multa nell’ambito dell’operazione “Feudora”, su un giro di cocaina ed eroina in Valle d’Aosta durante i mesi del lockdown.