Cronaca

“Sei una puttana…ti uccido e te la faccio pagare”: le angherie subite da una donna di Vibo

Il marito, condannato ieri a quattro anni e sei mesi di reclusione dal Tribunale, la avrebbe ripetutamente presa a schiaffi e pugni

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Storie di ordinaria violenza che si consumano tra le mura domestiche. Le donne, spesso vittime della violenza maschile, subiscono per molto tempo in silenzio prima di uscire dal guscio e reagire. E’ accaduto, secondo quanto stabilito dal Tribunale di Vibo, anche a F.B., difesa dagli avvocati Nazzareno Latassa e Marcello Scarmato, costretta a sopportare le angherie del marito che si concretizzavano in minacce, percosse e prevaricazioni di ogni genere.

“Sei una puttana -le avrebbe detto l’uomo -. Ti devo fare sparire dalla faccia della terra. Vi ammazzo a tutte e due”, avrebbe poi aggiunto riferendosi pure alla madre. “Piuttosto che darti gli alimenti mi licenzio e ti ammazzo. Non ho paura della galera. Le forze dell’ordine non mi faranno mai nulla. Sei un morto che cammina, ti uccido e te la faccio pagare. Stai zitta che ti volo dal balcone”. Una serie di frasi, non sempre consequenziali, emblematiche del clima che vi era tra le mura domestiche. Spesso partivano calci e pugni che hanno provocato nella donna lesioni personali alle gambe ed al basso costato. In una circostanza, F.B. sarebbe stata sbattuta con la testa sul mobile della cucina. Persino oggetti e suppellettili avrebbero fatto una brutta fine. La donna non aveva il diritto -secondo quanto sostenuto dalla Procura di Vibo e dai legali di parte civile Nazzareno Latassa e Marcello Scarmato -nemmeno di iscriversi ai social network. Con i suoi figli, inoltre, sarebbe stata costretta a rifugiarsi in un’altra abitazione, per come riferiscono gli atti giudiziari. Il tutto fino a quando la giovane non ha deciso di rivolgersi alle forze dell’ordine. Prima la denuncia, poi il processo, concluso ieri dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia con una condanna di Alessio Campisi a 4 anni e sei mesi carcere. Un anno e mezzo in più di quanto richiesto dall’accusa.

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