Cronaca

‘Ndrangheta, blitz di Polizia e Finanza anche in Calabria

L’ex capo di un a consorteria mafiosa continuava a comandare dal carcere

Reggio-Guardia-di-Finanza

Due persone sono state arrestate nel corso di un’operazione coordinata dalla Dda di Milano e condotta dalla Polizia e dalla Guardia di Finanza, con le accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa, di favoreggiamento, frode fiscale, bancarotta, intestazione fittizia e possesso illegale di armi; reati aggravati dal metodo mafioso.

In concomitanza sono state eseguite – tra Como, Varese e Reggio Calabria – delle perquisizioni con il contestuale sequestro di copioso materiale probatorio. In particolare, il primo dei due, un sessantaquattrenne originario di Giffone è già detenuto perché ritenuto colpevole, in via definitiva, di associazione mafiosa, essendo considerato il “capo società” della Locale di Fino Mornasco, in provincia di Como, nell’ambito dell’operazione “La Notte dei Fiori di San Vito”, nel 1994, e condannato in secondo grado all’ergastolo come mandante di un omicidio.

È accusato di aver gestito gli affari nonostante fosse recluso, impartendo disposizioni ai suoi uomini, tra cui un violento pestaggio subito da un soggetto debitore di denaro.

Inoltre, è accusato di essere l’amministratore di fatto, per il tramite di uomini di fiducia, di numerosi esercizi commerciali intestati a terzi, e di aver praticato prestiti a usura. Infine, dalle indagini emergerebbe anche come, per soddisfare le esigenze della sua organizzazione, tra cui il mantenimento dei detenuti, tramite una serie di reati fiscali e commerciali abbia raccolto ingenti liquidità in modo illecito.

Il secondo arrestato è invece originario del Catanese ma residente nel Comasco. È accusato di aver fornito un supporto logistico all’associazione mafiosa, partecipando a degli scavi, mettendo a disposizione la strumentazione per eseguirli, così da poter recuperare 55 mila euro che sarebbero stati nascosti in un maneggio nel comasco, maneggio considerato riconducibile all’associazione e che è stato sequestrato. L’indagine che ha condotto alle misure di oggi nel novembre del 2021 aveva portato all’arresto di 54 persone accusate degli stessi reati oltre che di estorsione, ricettazione, riciclaggio e corruzione. In particolare, si era allora fatta luce sull’operatività delle famiglie di ‘ndrangheta nelle province di Milano, Como e Varese, e sulle loro proiezioni in Svizzera.

Le indagini. Nel corso delle investigazioni, che hanno documentato anni di storia criminale in Lombardia, sono stati fotografati tre periodi, caratterizzati da altrettante modalità di assoggettamento del territorio.

Il primo, che va dal 2007 al 2010, fu caratterizzato da numerosi episodi di estorsione ad imprenditori locali. Durante il secondo, che va invece dal 2010 fino 2019, alle estorsioni si aggiunse anche il controllo e la gestione economica di appalti molto remunerativi relativi al servizio di pulizia di grandi imprese ed ottenuti dall’organizzazione grazie alla “collusione” di un imprenditore che si presentava come la “faccia pulita”; si tratta del titolare formale di cooperative del settore e con le quali si ipotizza fosse stato ideato ed attuato un articolato sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale attraverso cui si finanziava poi l’associazione mafioso. Durante il terzo ed ultimo periodo, infine, che va dal 2018 ed arriva ad oggi, e che vide disarticolato in parte questo presunto sistema di frode fiscale grazie ad alcuni arresti, si registrò una ripresa su larga scala delle estorsioni ai danni di piccoli e medi imprenditori e, anche, di semplici cittadini.

Le attività in Svizzera. “Oltre a questa ‘ndrangheta 2.0 attiva nel tessuto economico ed imprenditoriale lombardo – spiegano gli investigatori – non sono mancate, però, le consuete attività tipiche delle grandi organizzazioni mafiose”: il riferimento è al traffico di stupefacenti rispetto al quale sono emerse delle mire espansionistiche verso la Svizzera e, in particolare, nel Cantone San Gallo divenuto una vera e propria base logistica per alcuni degli indagati che vi si erano insediati stabilmente.

Al riguardo, è stata determinante la costituzione di una Squadra Investigativa Comune tra l’autorità giudiziaria Italiana e il Ministero Pubblico della Confederazione elevetica. Gli arresti, eseguiti dalla Squadra Mobile di Milano e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Como, aggiungono un ulteriore tassello all’indagine raggiungendo altri due indagati non colpiti, al tempo, dalla prima serie di provvedimenti emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia meneghina.

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