LA LETTERA | Il nuovo vescovo di Mileto si faccia guidare dalla fede e dal suo intuito

"A seguirla nel suo cammino ci saranno, ne siamo certi, il Beato don  Mottola e  Natuzza Evolo che sicuramente, in qualche modo, nei momenti difficili, le indicheranno la strada da seguire"

foto nostro agosto 2021

Abbiamo scritto a suo tempo, nel lontano 1979, da giovani cronisti, con la nostra Olivetti Studio 45,  al compianto monsignor Domenico Tarcisio Cortese –  il francescano di San Giovanni in Fiore  che nelle sue omelie soleva tirare le  orecchie ai politici –  e poi  nel 2007  da uomini maturi o quasi,  a monsignor  Luigi Renzo, il presule dalla penna colta e intelligente,  venuto a Mileto da Campana, dimissionato dal Vaticano al primo vagito ombroso del mese di luglio dell’anno 2021. Succede.

Non intendendo interrompere il ciclo, ci permettiamo di rivolgerci dalla nostra solita postazione di modesti raccontatori anche a lei. Solo che a differenza di quel lontano 1979, sognante e ingenuo, in quanto a vent’anni,  come recita il grande cantautore Francesco  Guccini in una sua canzone, “si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età”, oggi possiamo fregiarci di più di un capello bianco che fa sostanza nel pensiero  e di un cammino alle spalle, nel corso del quale ne abbiamo viste di cotte  e di crude e che, se  la memoria dell’età saggia, o presenta tale, non ci inganna, più di cotte che di crude: nella politica, tra schiere di falsi moralisti di giornata, nei palazzi delle nobili istituzioni, nelle pie stanze di giovani e attempate signore e nella sua e nostra Chiesa. Storie in cui la miseria umana e le maschere della mediocrità, della carriera e dell’arbitrio hanno avuto il sopravvento sul bene e sulla giustizia. Storie di piccinerie e di vuoti a perdere; di politici   pescati con le mani nella marmellate; di sottane al vento; di ladri che non erano ladri e di eroi celebrati che non erano né carne e né pesce, ma solo fuffa in abbondanza.

Ma andiamo al sodo.   Lei, caro don Attilio Nostro,   arriva da Roma,  la città eterna  che sa di gloria,  di potere e di intrighi, sia tra le sue mura, odoranti di passato e di incenso antico, che al  di là del Tevere.  Il suo atteso arrivo da queste parti, previsto per il due ottobre 2021, è accompagnato dalla sua fama di parroco instancabile, concreto e amato e dalle sue origini calabresi e per la precisione di Palmi,  dove –   come recitano le sue note – è nato ed  ha vissuto la sua prima giovinezza. Un valore aggiunto, la sua nascita in quel di  Palmi  e  l’avere, quindi,  percorso il primo miglio della sua vita  in questi luoghi che stupiscono, insegnano e forgiano gli uomini di ogni condizione. Quasi un segno del destino.    Palmi è, infatti, una delle città più belle della Calabria, che odora di mare, di salsedine,  di terra bruzia e di Sicilia, di libri e di  grandi uomini  di penna e di intelletto, ma  nello stesso tempo è anche un esempio  del Sud martoriato dalle assenze, dall’emigrazione, che lei ha vissuto in prima persona,  e dall’arroganza mafiosa.  Il che vuole dire, che lei, caro don Attilio, è bene allenato – avendo vissuto da giovane del mondo  in cerca di Dio e da prete in queste due realtà –   alla conoscenza di uomini e cose, alle loro miserie e alle loro nobiltà, al sacrificio, alla lotta e ben conscio di quanto possa essere  accecante  il bagliore sinistro del pregiudizio. Proprio per questo ha tutte la caratteristiche per essere l’uomo giusto, al momento giusto, in un territorio, come quello Vibonese, devastato dalla ‘ndrangheta, dai tanti alibi che la stessa ‘ndrangheta ha  creato,  dalle ingiustizie, dalla furberie  e dalla precarietà perenne del lavoro che qui continua ad essere merce rara.   Ovviamente, non competerà a lei, in quanto vescovo dell’antica e salda diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, la soluzione dei problemi, altri se ne devono occupare, ma è chiaro che la sua voce sui mali di questa terra, ma anche sulle tante positività che esprime ma che spesso sono trascurate e poco valorizzate, sarà importante, vitale e necessaria.  Una voce da far sentire subito e senza sconti per nessuno.

Ma attenzione, don Attilio, non si faccia ingannare dalle apparenze, dai tagliatori di teste, da quelli che vedono solo ombre dietro ogni porta e al di là di ogni collina, dalle parate di cui siamo maestri e soprattutto dalle rassicuranti parole di circostanza dei rappresentanti delle istituzioni, nessuna esclusa, e dai loro pennacchi sempre in bella mostra. Sappia, innanzitutto, che da queste parti, oltre al gioco delle tre carte, all’inciucio e al tavolo del sommo accordo tra poteri, è in voga la pessima abitudine di andare sempre in soccorso dei vincitori e di sposare, senza vergogna, le cause più convenienti, nella recondita speranza di guadagnarsi gli agi e gli onori di questo mondo e la gioia, una volta conclusa la vita terrena, del paradiso.  Ed ancora: Si guardi bene dai giocolieri osannanti, dagli adulatori e da quanti magari, pur non avendo il suo metro e 91 di altezza, per tentare di farle piacere, tenteranno di improvvisarsi giocatori di basket, lo sport che lei ha dichiarato di praticare.   Scenda sin da subito continuamente tra la gente, ma non si faccia mai tirare per l’abito talare da nessuno. La informiamo inoltre- così come facemmo nel 2007 con il suo predecessore monsignor Luigi Renzo – che qui a Mileto l’aria   è salubre, non per niente tra il capoluogo e Paravati,  vi è un posto chiamato “Qui si sana”, che il cibo è buono, che il paesaggio ispira è che l’azzurro mare è a soli pochi chilometri di distanza. Per il resto, caro don Attilio Nostro, si faccia guidare dalla provvidenza, dal suo intuito e dalla sua Fede salda. A seguirla nel suo cammino ci saranno, ne siamo certi, il Beato don Francesco Mottola e la Serva di Dio Natuzza Evolo che sicuramente, in qualche modo, nei momenti difficili, le indicheranno la strada da seguire. A presto.

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