Cronaca

Vibo, il processo al segretario del vescovo tra messaggi “scabrosi” e richieste di denaro

Sentito oggi in Tribunale il commissario che si è occupato delle indagini: dalla nascita dell'inchiesta ai rapporti con l'"assiduo frequentatore" di Pantaleone Mancuso

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Continua nel Tribunale di Vibo Valentia il processo nei confronti di don Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo di Mileto Luigi Renzo, e di don Nicola de Luca, accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Questa mattina è stato sentito il sostituto commissario Antonio Condoleo, in servizio presso la squadra mobile della Questura di Vibo Valentia, a cui nell’udienza – presieduta dal presidente del collegio giudicante Tiziana Macrì – è stato affidato il compito di tracciare un quadro generale delle indagini svolte dalle forze dell’ordine.

L’inizio delle indagini: il prestito alla parte offesa.
“L’indagine – spiega il sostituto commissario – nasce l’8 febbraio 2013, quando Roberto Mazzocca (parte offesa del processo, ndr) si è presentato spontaneamente alla Questura di Vibo per esibire dei file audio riguardanti una sua vicenda economica. In quell’occasione ha riferito che, nell’ambito di un’attività economica (un ristorante a Parghelia), aveva contratto dei debiti con Sergio Politi (non indagato nè imputato nel processo, ndr) e non avendo onorato questi debiti era scaturito un pignoramento dell’attrezzatura per scongiurare il quale, il signor Mazzocca, aveva ricevuto prima dei soldi a titolo gratuito da parte di don Nicola De Luca, all’epoca parroco di Tropea, e poi un prestito da don Graziano Maccarone“, segretario del vescovo di Mileto.

Le pretese “di natura extraeconomica”.
In questa vicenda, però, finisce coinvolta anche una delle figlie della presunta vittima, anch’essa parte civile all’interno del processo. In che modo? “Sostanzialmente secondo le dichiarazioni del signor Mazzocca – continua Condoleo – il signor Maccarone aveva forzato la restituzione di questo debito in quanto aveva ricevuto un diniego a pretese di natura extra economica nei confronti di questa ragazza”. “E queste pretese ulteriori emergevano nelle intercettazioni?”, ha chiesto il pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Irene Crea. “Si faceva riferimento – ha risposto il sostituto commissario – a questo scambio di messaggi un po’ scabrosi“. Il testo degli stessi, però, non è stato intercettato (essendo antecedente alla denuncia da parte di Roberto Mazzocca). La ragazza in questione, evidenzia, “era invalida al 100%“. “Il primo messaggio era in partenza da don Graziano – sottolinea ancora – e poi c’è stato un corposo scambio di messaggi: più o meno 3mila, tra l’11 ottobre 2012 e il 30 gennaio 2013″.

Rapporti con “l’assiduo frequentatore di Pantaleone Mancuso”.
Nel corso dell’udienza si è poi fatto riferimento anche ai rapporti tra don Graziano Maccarone e Antonio Giuseppe Tomeo, detto “Lello”, soggetto noto alle forze dell’ordine in quanto considerato “assiduo frequentato di Pantaleone Mancuso del ’61″ e recentemente coinvolto anche nella maxi inchiesta Rinascita Scott. “Vi era una parentela, anche se acquisita – spiega il sostituto commissario Condoleo – con don Graziano. È suo cugino acquisito“.

La “versione” portata avanti dai creditori.
L’interrogatorio da parte dei difensori delle parti offese – gli avvocati Michele Gigliotti e Daniela Scarfone – si è poi concentrato, tra le altre cose, sull’atteggiamento della presunta vittima, Roberto Mazzocca, che secondo l’appartenente alle forze dell’ordine “da sempre si è mostrato disponibile a restituire i soldi“. Naturalmente, aggiunge, “cercava di avere più tempo vincolando la restituzione alla disponibilità, in altre parole ‘te li restituisco quando ce li ho'”. Ed è qui che l’attenzione si concentra sulla presunta doppia richiesta rivolta alla parte offesa. Per capire il passaggio, però, è necessaria una precisazione: il signor Mazzocca non ha mai preso materialmente questi soldi, in quanto – secondo la ricostruzione – don Graziano glieli avrebbe prestati pagando direttamente il creditore, Sergio Politi. In questo modo non aveva più un debito verso Politi – perchè era stato estinto tramite don Graziano – ma solo verso il segretario del vescovo. A un certo punto, però, “viene imbastita – dice il sostituto commissario Condoleo – questa che loro chiamano ‘versione’ della restituzione della somma da Politi a Maccarone, e allora il Politi reclama l’intera somma da Mazzocca“.

“Nello stesso tempo uno li cercava da una parte e uno dall’altra”.
Si crea quindi un momento in cui, a voce e non tramite richieste formali, al signor Mazzocca sarebbero stati chiesti soldi da entrambe le parti. Questo nonostante il debito sarebbe dovuto essere nei confronti di una sola persona: o il debitore originale, Politi, o verso don Maccarone che aveva saldato il debito. In altre parole, hanno chiesto gli avvocati delle parti civili, “si può affermare che 9mila euro li chiedeva Politi e 6700 don Graziano Maccarone?“. “Sostanzialmente – ha risposto Condoleo – nello stesso tempo uno li cercava da una parte e uno li cercava l’altra. C’è una conversazione in cui sostanzialmente si diceva che poi magari li avrebbero divisi. Però allo stesso tempo uno premeva da una parte e uno dall’altra”. Anche questa circostanza, naturalmente, sarà oggetto di contraddittorio e dovrà essere dimostrata dall’accusa all’interno del processo.

Collegio difensivo.
Nell’udienza di oggi c’è poi stata una novità nella composizione del collegio difensivo. All’avvocato Fortunata Iannello, difensore di don Graziano Maccarone, si è infatti aggiunto l’avvocato Nicola D’Agostino.

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