Cronaca

Cinque anni senza Maria Chindamo: il sit-in nel luogo della scomparsa

Il fratello Vincenzo: "Era una donna libera che ha onorato il suo esserlo in questa terra, e sappiamo che questo ha fatto paura"

Limbadi Chindamo

“Essere qui è un modo per onorare la memoria di Maria, che ha scelto di vivere in Calabria e di non subire, di vivere da donna libera, e per questo ha pagato un prezzo altissimo”. Così l’associazione Agape ha aperto il sit-in che si è tenuto questa mattina, a Limbadi, in memoria di Maria Chindamo, l’imprenditrice scomparsa nel nulla esattamente 5 anni fa: il 6 maggio del 2016. È stato scelto per l’occasione un luogo fortemente simbolico: quelle stesse terre che Maria voleva coltivare e in cui voleva portare avanti la sua impresa. “Maria – continua l’associazione – rappresenta la musica, una melodia che non si ferma, libera, e che in qualche modo unisce. Unisce tutti i costruttori di speranza. Siamo tutti costruttori di una speranza concreta, nel ricordo di Maria che voleva realizzare i suoi sogni in una Calabria libera“.

“Un tribunale clandestino ha preparato la sua fine”.
“Mi ha fatto male – ha detto il fratello Vincenzo – percorrere oggi da Laureana quella stessa strada che faceva Maria. Aveva deciso, dopo un anno di sofferenza, di riprendere in mano la sua vita. Questo tribunale clandestino, però, aveva già preparato per lei la sua fine. Ma non la fine di tutti i sogni delle donne e degli uomini calabresi. Siamo a 5 anni senza Maria, senza verità, senza giustizia. Qualcuno lo definisce ergastolo del dolore, ed è così. Tanti bocconi amari da ingoiare: per la vicenda stessa, per le persone che non abbiamo incontrato. Ma sono stati anche 5 anni di incontri importantissimi, uomini dello Stato, di Chiesa, che ci hanno abbracciato con un senso di affetto familiare. Incontri che ci hanno reso consapevoli di far parte di una comunità diversa, forse migliore di quella che pensavamo”.

“Non ci stancheremo mai di chiedere verità e giustizia”.
“A Limbadi – continua il fratello di Maria Chindamo – ci sono aule didattiche, beni confiscati, un premio di laurea dell’Unical, tantissimi eventi, che portano il nome di Maria. E così questo cancello che ha visto orrore è diventato un simbolo di rinascita. Forse è ancora una brezza e dobbiamo farlo diventare vento, ma noi non ci stancheremo mai di chiedere verità e giustizia, di combattere per la Speranza con la ‘s’ maiuscola. Sono certo che la speranza non la perderemo mai”. Con un appello finale: “Forze dell’ordine, magistratura, uomini dello stato, vi preghiamo: se anche state facendo un passo in più, fatene anche due”.

“Qualcuno ha avuto paura della libertà e della forza di Maria”.

Sono poi intervenuti i rappresentanti di “Controlliamo noi le terre di Maria Chindamo“, iniziativa che nasce “come risposta concreta, e simbolica, a chi pensava di comportarsi come padrone di questa terra. Nasce per costruire, insieme alla famiglia di Maria, non solo speranza ma possibilità. Sappiamo che in Calabria è possibile fare impresa. Controlliamo noi le terre di Maria perché se qualcuno ha pensato di poter controllare queste terre, così come la vita di Maria, ha pensato male. Maria era una donna libera che ha onorato il suo esserlo in questa terra, e sappiamo che questo ha fatto paura: qualcuno ha avuto paura della libertà e della forza di Maria“.

“Questo fa la ‘ndrangheta”.
Don Ennio Stamile di Libera, dal canto suo, ha affermato: “Oggi qui sta crescendo la speranza. La speranza non è un concetto astratto, oggi la speranza assume il volto di ciascuno di noi. Questo è un territorio ferito, fa registrare il maggior numero di vittime di lupara bianca. Questo fa la ndrangheta, questo produce la ndrangheta, una sofferenza inumana”. Ricordando i tanti altri scomparsi, come Francesco Vangeli. Poi ha concluso: “Vibo non merita questa girandola di questori e prefetti, chiedo scusa, merita una presenza proficua e continuata. Voi fate tantissimo in due anni, ma non si può fare tutto. Questo territorio se lo merita, se lo merita questa gente. Questo territorio che negli anni passati ha registrato un’assenza delle istituzioni, a volte addirittura colluse. L’augurio è che questo territorio possa registrare una presenza continuativa delle istituzioni“.

“Non c’è nessuno che soffre da solo”.
Il sottosegretario per il Sud Dalila Nesci è intervenuta dichiarando: “Ricordiamo Maria per questo suo bellissimo sorriso guerriero. Però ha sofferto tanto, sta continuando a soffrire la sua famiglia, stiamo soffrendo tutti: quello che ha subito lei è come se lo avessimo subito tutti. L’unità di intenti ci dà la forza di abbracciarci, facciamo uno sforzo tra cittadini e istituzioni per capire che la sofferenza è comune, il disagio è comune, e non c’è nessuno che soffre da solo. È una battaglia di civiltà che vinceremo tutti insieme, come questa giornata dimostra”.

Numerosi cittadini e istituzioni presenti.
Oltre ai familiari di Maria Chindamo – come il fratello Vincenzo, la madre Pina, i figli – erano presenti anche il neo prefetto di Vibo Roberta Lulli, il questore di Vibo, le forze dell’ordine, il testimone di giustizia Carmine Zappia, diversi sindaci della provincia, il sottosegretario Dalila Nesci in rappresentanza del Governo, Libera (tra cui il referente regionale Ennio Stamile), i giovani del centro comunitario Agape, “controlliamo noi le terre di Maria Chindamo” e le altre associazioni organizzatrici. Insieme a studenti e tanti cittadini comuni.

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