Cronaca

Rinascita, Emanuele Mancuso: “A Nicotera tutti gli imprenditori sono con la mia famiglia”

La 'ndrangheta controlla imprese e imprenditori. Come, secondo il pentito, nel caso di alcune note attività commerciali di Vibo Valentia

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La ‘ndrangheta distrugge l’economia, controlla gli imprenditori e mette in ginocchio la Calabria e la provincia di Vibo Valentia. L’abbiamo sentito dire diverse volte e, per fortuna, tante altre lo sentiremo. Ma cosa vuol dire, concretamente? Un modo per spiegarlo potrebbe essere usare le parole del pentito Emanuele Mancuso che, interrogato dal pm Antonio De Bernardo durante il maxi processo Rinascita Scott, si è trovato in difficoltà a elencare tutti gli imprenditori che avevano rapporti con la sua famiglia, la potente cosca di Limbadi. Ad esempio, ha spiegato il collaboratore di giustizia, “per quanto riguarda Nicotera sono tutti con la mia famiglia: o sono proprietari (anche i Mancuso, ndr) o ci pagano”. E per essere ancora più chiaro ha aggiunto: “Lì non è possibile che esista un imprenditore che non è messo a posto con la mia famiglia“.

“Ferrante uomo di Luigi Mancuso”.
Nel corso dell’esame, interrogato dal sostituto procuratore, Emanuele Mancuso ha anche fatto degli esempi concreti. Come nel caso di Gianfranco Ferrante, ex proprietario del Cin Cin Bar a Vibo Valentia. “Ogni volta che c’era Gianfranco io non pagavo mai. In una circostanza specifica, all’epoca dell’operazione Robin Hood – ha raccontato il pentito in collegamento da un sito riservato – Luigi Mancuso disse ‘lo dobbiamo togliere a tutti i costi’, togliere nel senso di buttare fuori dal carcere“. Perché quella frase? “Perchè Ferrante era un uomo di Luigi Mancuso, quella è stata più di una conferma”.

Michael Joseph Pugliese e la Latteria del Sole.
Ma non è certo il solo secondo quanto affermato dal pentito. Dichiarazioni forti che comunque, per poter portare a una condanna, dovranno essere confermate da altri elementi di prova. Come nel caso di Michael Joseph Pugliese, amministratore della “Latteria del Sole” sempre a Vibo Valentia. È lì che Emanuele Mancuso portava a vendere il pane di sua zia e “ogni volta che andavo mi regalava dolci, di tutto, mi cambiava anche gli assegni”. Perchè lo faceva? “All’inizio io, da appartenente alla famiglia Mancuso, ho preso la vicenda come se fosse un soggetto contiguo alla mia famiglia”. E poi? “Più in là sono venuto a conoscenza di due fatti: della rapina a seguito della quale gli hanno restituito i soldi, e di una dichiarazione di mio zio Luigi Mancuso (il boss della cosca di Limbadi, ndr)”.

La rapina alla Latteria e l’intervento di Luigi Mancuso.
Per quanto riguarda la rapina, “dopo uno-due giorni dal fatto gli furono restituiti i soldi, con tanto di scuse. Prestanicola mi disse che erano stati soggetti di San Gregorio se non erro. E il fatto che i sangregoresi avessero restituito i soldi era legato al fatto che esaltavano la figura di Luigi Mancuso. Non è che volevano bene a Pugliese, lo avevano fatto perché dicevano che la Latteria era di mio zio. Più di uno mi ha detto che la Latteria era di mio zio”. Nel secondo caso è stato lo stesso pentito a sentire dire al boss “una frase fortissima, era difficile farlo arrabbiare”: “Se Paolino Lo Bianco non li riesce a tenere – avrebbe detto Luigi Mancuso – me la vedo io”.  Cosa intendeva? “Si era deciso dell’eliminazione di un certo Morelli di Vibo – aveva affermato Emanuele Mancuso nell’udienza dell’1 aprile – perché andava a fare estorsioni a proprietà che erano della famiglia. Su mandato di Luigi dovevano beccare questo Morelli e metterlo a posto”. Elemento ribadito anche nell’esame di ieri, 7 aprile: “Perché Morelli voleva chiedere l’estorsione alla Latteria – ha chiosato il pentito – e quindi la voleva chiedere a mio zio“.

 

 

 

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