Petrolmafie nel Vibonese, il comandante del Ros: “Pietro Giamborino punto di partenza”

Altro soggetto di interesse per il Ros è stato Silvana Mancuso, nipote del boss Luigi Mancuso che gestisce alcuni affari con Giuseppe e Antonio D'Amico

Pasquale-Angelosanto

Il punto di partenza delle indagini coordinate dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione Petrolmafie, ha riguardato la posizione di un ex consigliere regionale della Calabria, Pietro Giamborino, già arrestato nell’operazione Rinascita-Scott e oggi imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. “Il consigliere – ha detto il comandante del Ros, generale Pasquale Angelosanto – ci ha portato ad attenzionare la posizione di due imprenditori, i fratelli vibonesi Giuseppe e Antonio D’Amico, con una società che poi diventa il fulcro attorno alla quale ruotano un po’ tutte le attività illecite: la Adr Service che eredita l’oggetto e i beni della Dmt Petroli, dichiarata fallita”. Il suocero di uno dei due imprenditori era stato capo della locale di Piscopio.

Altro soggetto di interesse per il Ros è stato Silvana Mancuso, nipote del boss Luigi Mancuso che gestisce alcuni affari con i due D’Amico assumendosi delle responsabilità notevoli. In una intercettazione Silvana Mancuso parlando con il padre dice: “Io sono uscita dalla pancia di mio padre e appartengo alla parte maschile della famiglia”. “Il Ros – ha detto Angelosanto – ha svolto questa indagine cche è un rivolo della più ampia Rinascita-Scott». Le attività investigative hanno consentito di individuare tre diverse strutture associative: l’associazione che fa capo alla famiglia Mancuso che dà una elevata capacità intimidatoria a tutti quelli che in qualche modo stabiliscono contatti con l’associazione, e due diverse associazioni per delinquere finalizzate alla commissione di reati di riciclaggio, di intestazione fittizia di beni e commercio clandestino di prodotto petroliferi. Gli imprenditori che si presentavano sotto l’egida della cosca Mancuso avevano una elevatissima capacità contrattuale nei rapporti che stabilivano con altri imprenditori a loro volta ritenuti contigui con altre organizzazioni mafiose operanti in Sicilia, con Cosa Nostra Catanese, con cosche della provincia di Reggio Calabria o appartenenti a clan importanti della camorra. (ANSA).

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