Cronaca

‘Ndrangheta, Libera Vibo e la denuncia contro chi “non prende posizione”

Nel corso della messa di Pasqua nei terreni confiscati a Limbadi sono state espresse "parole chiare contro chi, dalla Chiesa all’associazionismo, non prende posizione netta nella lotta alle mafie"

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Il giorno di Pasqua il Coordinamento di Libera Vibo Valentia si è ritrovato nei terreni confiscati alla ‘ndrangheta, nel comune di Limbadi, per celebrare una messa. Un uliveto andato in fiamme qualche tempo fa è così diventata cornice della celebrazione eucaristica della Santa Pasqua. “In un luogo prima simbolo tangibile dell’arricchimento economico della ‘ndrangheta basato sulla negazione della libertà e della dignità umana – si legge in una nota dell’associazione antimafia – sull’impiego del linguaggio della violenza, sul depauperamento delle potenzialità dei nostri luoghi e sull’avvilimento della libertà di impresa, abbiamo deciso di far splendere la luce del cero pasquale come simbolo di risurrezione”.

Limbadi e la Calabria rinnegano la ‘ndrangheta.
Dei terreni, quelli in località “Gurnera”, ora affidati alla gestione dell’Associazione San Benedetto Abate, che “devono diventare simbolo tangibile di riscatto, lavoro, diritti e giustizia”. “Simbolo di una rinascita sociale, culturale ed economica che deve sentirci tutti e tutte partecipi. La ‘ndrangheta, negli anni – continua l’associazione – ha fatto del simbolismo il nodo cruciale nel coniugare modernità e arretratezza, un simbolismo della morte e della violenza che doveva pietrificare le coscienze della società civile, quella stessa società civile che, connessa in diretta streaming, viste le restrizioni dovute alla situazione pandemica, ha deciso di partecipare alla liturgia e quindi essere parte di un momento dirompente e scomodo, foriero di un messaggio chiaro: la comunità di Limbadi e della Calabria tutta rinnega la ‘ndrangheta, i suoi codici e le sue leggi. Essere lì ha significato rimpossessarsi del maltolto, perché le ricchezze delle mafie si costruiscono sulla povertà a cui costringono la comunità, sulle lacrime di chi ne subisce violenze e soprusi e sul sangue innocente delle vittime”.

Denuncia contro chi, anche nella Chiesa, non prende posizioni nette.
Un messaggio chiaro quello di padre Giovanni Calcara che, affiancato da don Cosma Raso, ha celebrato la messa. Nel corso della messa, si legge nella nota di Libera, sono state espresse “parole chiare e di denuncia nei confronti di chi, in qualsiasi ambito, dalla Chiesa all’associazionismo, non prende una posizione netta nella lotta alle mafie, la necessità di ricercare e battersi per una giustizia che sia prima di tutto umana”. “La coscienza ce l’ha anche il lupo – ha affermato padre Giovanni Calcara – ed è anche a loro che bisogna parlare”: un appello anche a chi, dunque, negli anni ha preso la strada del male affinché possa attraverso l’amore per gli altri, riscoprire l’umanità perduta.

“Sfida culturale importante”.
L’auspicio di Giuseppe Borrello, referente provinciale di Libera, è che questo momento “sia solo uno dei tanti che dovranno vedere le nostre comunità sentire come propri questi beni: calpestare quei terreni, abitarli, viverli; sentire la necessità di fare la propria parte, è una sfida culturale importante”. Con un ringraziamento finale “agli uomini e alle donne dell’associazione San Benedetto Abate che hanno deciso di fare questa scelta così importante come quella di gestire dei beni confiscati, sperando che il loro impegno possa essere da monito affinché si moltiplichino queste esperienze e il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie non sia una eccezionale scelte di pochi ma diventi normalità di molti”.

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