‘Ndrangheta, da Anas a Poseidone: “Su Cesa il paese ha la memoria corta”

Il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra ripercorre le vicende che hanno interessato nel tempo l'ex leader dell'Udc

lorenzo-cesa-640-2.jpg

“Questo paese ha spesso difetti di memoria. Pertanto è giusto rimediare a tali amnesie provvedendo a ricordare ciò che si dimentica. Su Wikipedia si trova quanto segue su Lorenzo Cesa, in merito alle sue vicende giudiziarie. Ometto di riportare quanto di attualità per l’operazione ‘Basso profilo’. Lorenzo Cesa non è stato mai condannato con sentenza passata in giudicato”. Inizia così a ricordare il presidente della commissione antimafia Nicola Morra ed elenca la storia giudiziaria del segretario nazionale dell’Udc indagato dalla Dda di Catanzaro con l’accusa di associazione a delinquere.

Abuso d’ufficio. Morra parte da “un’indagine sul patrimonio del Comune di Roma. Nel 1992 Cesa fu indagato dalla Procura di Roma per abuso d’ufficio, insieme alla giunta del sindaco Franco Carraro, per presunti illeciti riguardo l’emissione di un finanziamento pari a 90 miliardi di lire destinato ad un incarico di censimento del patrimonio immobiliare del Comune. Fu assolto”. Passa poi all’inchiesta sull’Anas: “A partire dal 1993 ha avuto un processo intentato per concussione, accusato dai magistrati romani di aver riscosso una tangente di trecentomila euro per conto del ministro dei lavori pubblici Giovanni Prandini, subendo per questo in quell’anno un periodo di carcerazione, dopo alcuni giorni dall’ordinanza d’arresto. Inizialmente Cesa si sottrasse all’arresto, dal 6 all’8 marzo 1993, rimanendo due giorni in latitanza per poi consegnarsi spontaneamente al pubblico ministero”.

La condanna. “Il 21 giugno 2001 -prosegue Morra – è condannato in primo grado, insieme ad altri responsabili, a 3 anni e 3 mesi di reclusione per corruzione aggravata. Con lui, Prandini riceve una condanna a 6 anni e 4 mesi e a Crespo vengono irrogati 4 anni e 6 mesi. Le imputazioni confermate riguardano 750 miliardi di lire in appalti truccati, che hanno fruttato agli interessati 35 miliardi di lire in tangenti tra il 1986 e il 1993. Nel frattempo la Corte Costituzionale ha sancito che anche i coimputati di ministri sotto processo al Tribunale dei Ministri vanno giudicati dallo stesso Tribunale dei Ministri e non da quello ordinario. Ciò comporta che la condanna a Cesa venga annullata per vizi procedurali. Intanto, subentra la prescrizione del reato grazie alle modifiche alla legislazione attuate dal Governo Berlusconi”.

Morra ricorda poi l’indagine “Poseidone”: “Nel marzo 2006 è stato nuovamente indagato dalla procura di Catanzaro per truffa e associazione per delinquere, nell’inchiesta denominata “Poseidone”: l’accusa riguarda cinque miliardi di lire truffati all’Unione europea tramite una società fantasma. Nel novembre 2010 il GIP dell’inchiesta dispone il sequestro di beni di Cesa per un valore di un milione di euro. Il 3 febbraio 2011 il Gip di Roma Rosalba Liso archivia definitivamente la posizione di Cesa, perché “gli elementi a carico, pur rivestendo la qualità di indizi, non assurgono al rango della gravità, precisione e concordanza tali da provare il di lui possibile coinvolgimento nei fatti di cui all’imputazione e rendendo in tal modo infausta la prognosi di condanna in un’eventuale sede dibattimentale”.

Più informazioni