Filippo Ceravolo, otto anni senza giustizia: “Chi ha massacrato mio figlio deve pagare” (VIDEO)

Le commoventi parole di papà Martino: "Continuerò a lottare per tutta la vita, non abbiamo paura. Abbiamo perso un ragazzo di 19 anni, si rendono conto?"

“Se c’è qualcuno che dev’essere arrabbiato quella è la famiglia Ceravolo che ha perso un figlio, di 19 anni, e tutta la comunità di Soriano Calabro”. Così ha tuonato oggi Martino Ceravolo, padre di Filippo, il 19enne di Soriano Calabro, nel Vibonese, ucciso per errore dalla ‘ndrangheta otto anni fa. Era il 25 ottobre del 2012 e Filippo si trovava sul sedile passeggero di un’auto guidata da un altro ragazzo a cui aveva chiesto un passaggio. Ci fu un agguato, furono esplosi molti colpi. Il vero obiettivo di quell’agguato mafioso era il conducente, rimasto illeso, e non Filippo, che per un tragico errore si trovò a perdere la vita nel fiore della giovinezza.

“Si mettano in testa che non abbiamo paura”. Oggi, otto anni dopo, il santuario di San Domenico a Soriano Calabro era pieno di persone provenienti da tutta la Calabria – molto attente al rispetto delle norme anti Covid – per tenere vivo il ricordo di Filippo e per continuare a chiedere giustizia. “Si devono mettere in testa – ha affermato con forza il padre Martino al termine della celebrazione – che la famiglia non ha paura. Se mi chiamano lo ‘sbirro’, il ‘poliziotto’, il ‘carabiniere’, il ‘giornalista’. Non ho paura. Quando noi camminiamo lo possiamo fare a testa alta”. “Si mettano bene in testa – ha aggiunto – che il papà di Filippo Ceravolo lotterà per tutta la vita, ho sete di giustizia. Voglio vedere quel giorno quando verrà pronunciata la sentenza di condanna”. Sentenza che attendono, purtroppo, anche tante altre vittime di ‘ndrangheta che Martino Ceravolo ha voluto ricordare, evidenziando un dato che dev’essere un campanello d’allarme per le istituzioni: “L’80% delle vittime di mafia non ha avuto giustizia”.

“Chi ha massacrato mio figlio deve pagare”. Una giustizia di cui la famiglia e tutta la comunità continuano ad avere sete perchè, nonostante i molti anni, ancora non si è riusciti ad individuare i colpevoli. “Filippo – ha detto il celebrante della messa – non ha avuto il diritto ad un futuro. Dio ci ha creato per essere felici, e se qualcuno impedisce questa felicità deve renderne conto a Dio e anche a questa società”. Una richiesta di condanna ribadita più volte anche dal padre di Filippo: “I soggetti che hanno massacrato mio figlio devono pagare. Mi auguro che, dopo 8 anni, nel più breve tempo possibile arriverà la notizia degli arresti”. Dichiarando la sua “massima fiducia” nelle istituzioni che continuano a stargli vicino. Anche chi non ha potuto essere presente oggi per varie ragioni – dal prefetto Francesco Zito ai procuratori Camillo Falvo e Nicola Gratteri – lo ha infatti contattato, telefonicamente, per continuare a mostrare il proprio supporto.

La sofferenza di questi otto anni. Il tempo però passa e gli anni che si sono susseguiti non sono stati facili. “Devo prendere delle medicine – ha spiegato Martino Ceravolo -, Maria Teresa ha avuto una forte depressione. Non stiamo bene”. Cosa dà la forza per andare avanti, allora, nonostante tutta questa sofferenza? “Quando è successo mi volevo togliere la vita. È lui, Filippo, che mi dà la forza per andare avanti. Se non era per l’energia che mi dà, di combattere, di avere giustizia, a quest’ora non ero qua”. Da qui l’appello affinché chi sa qualcosa decida di collaborare con le autorità. Come è stato sottolineato durante la messa, infatti, “ci sarà chi ha autorizzato il delitto, chi l’ha eseguito, chi l’ha preparato, chi ha fatto da palo. Può essere che nessuno collabori con le autorità?”.

L’appello: chi sa qualcosa parli, si penta. “Hanno commesso qualcosa più grande di loro – ha affermato Martino Ceravolo – hanno ucciso un ragazzo di 19 anni. Loro hanno passato 8 natali, agosto, tutte le feste, stando con le loro famiglie: ma come fanno a stare a casa? Si rendono conto che – come disse il dottor Gratteri – non hanno ucciso una pecora o una gallina? Non so come facciano a dormire dopo aver tolto quel sorriso”. “Lancio un appello affinché si pentano. Basta fare finta di niente, nascondersi. Ormai andiamo al dunque: pentitevi. Noi abbiamo perso un ragazzo di 19 anni – conclude  – si rendono conto? Mi è rimasta solo la foto, mi manca mio figlio. E chi me l’ha tolto deve pagare”.

Più informazioni