Cronaca

Operazione “Eyphemos II”, gli investimenti della cosca nel settore imprenditoriale

Il ruolo chiave di un commercialista e la disponibilità di un prestanome

giovanni-bombardieri

La figura definita “preponderante” di Domenico Laurendi, detto “Rocchellina” al centro di un’inchiesta che, secondo gli inquirenti, svelerebbe come sotto l’egida della cosca di ‘ndrangheta di cui sarebbe stato uomo di fiducia – avrebbe promosso la creazione di un cosiddetto “banco nuovo”, con l’affiliazione di nuovi soggetti ed il consolidamento dei ruoli di quelli già affiliati, attraverso il conferimento di nuove doti e cariche. Non solo, l’uomo avrebbe acquisito un rango ancor più elevato, essendo stato in grado di interfacciarsi anche con politici nazionali, regionali e locali.

Dunque, una figura quella di Laurendi che viene ritenuta di “rilievo centrale” nelle indagini che hanno portato oggi a far scattare l’operazione “Eyphemos II”, che riassume gli altri esiti delle indagini condotte anche tramite intercettazioni telefoniche e telematiche disposte nell’ambito del procedimento penale nei confronti della cosca degli Alvaro di Sinopoli. Il blitz, eseguito non solo nel reggino ma anche a Milano, Ancona, Pesaro Urbino, Udine, Potenza, Sassari e Rovigo ha fatto scattare le manette ai polsi di nove persone, quattro finite in carcere e cinque ai domiciliari, ma anche al sequestro di imprese, società, bar, ristoranti e beni immobili, del valore di circa 2 milioni di euro.

In pratica si tratta del seguito della precedente inchiesta del 25 febbraio scorso, quando la Mobile reggina ed il Commissariato di Palmi, sotto le direttive della Dda, arrestarono 65 persone – 53 finite in carcere e 12 ai domiciliari – indagate per vari reati, tra cui ovviamente l’associazione mafiosa ma anche per scambio elettorale politico mafioso. La prima operazione si ritiene abbia svelato l’esistenza e l’operatività di una locale di ‘Ndrangheta a Sant’Eufemia d’Aspromonte, facente capo alla cosca Alvaro, clan i cui interessi sono tra i comuni di Sinopoli, San Procopio, Cosoleto, Sant’Eufemia d’Aspromonte e Delianuova. In particolare, quelle indagini avrebbero rivelato come – all’interno del locale eufemiese – coesistessero almeno tre fazioni: tra cui quella riferibile a Laurendi, che – tra la fine del 2017 ed in tutto il 2018 – fu protagonista proprio di una spaccatura interna.

Emerse allora la sua figura che avrebbe anche acquisito un rango ancor più elevato, essendo stato in grado di interfacciarsi anche con politici nazionali, regionali e locali. Una figura che – come dicevamo – viene ritenuta di “centrale” anche nelle indagini che hanno portato al provvedimento di stamani.

IL RUOLO DEL COMMERCIALISTA. La peculiarità dell’operazione risiede nel fatto che sono stati colpiti i patrimoni di alcuni indagati e delle condotte ritenute illecite messe in atto per celare i beni e così evitare possibili azioni, come il sequestro, da parte dello Stato.Secondo gli investigatori proprio le intercettazioni farebbero comprendere i meccanismi utilizzati da Laurendi per dissimulare il patrimonio posseduto. Su questo punto, il gip sostiene e scrive infatti che “ (…) Evidentemente, il Laurendi che commercia in droga di qualsiasi qualità, che commercia in armi anche da guerra costituendo veri e propri arsenali, che consuma estorsioni ai danni di imprenditori ha cumulato profitti illeciti che ha dovuto necessariamente reimpiegare e lo ha anche fatto attraverso vere e proprie scatole cinesi immobiliari ed imprenditoriali”.

Per fare ciò si sarebbe servito del valido apporto di alcuni soggetti, tra cui si ritiene vi sia il commercialista Gregorio Cuppari, definito suo “consigliori” oltre che “consulente tecnico” dell’associazione e a cui si contesta appunto il concorso esterno in associazione mafiosa.

L’ipotesi è che Cuppari abbia contribuito al perseguimento delle finalità della cosca, ovvero proteggerne il proprio patrimonio mobiliare ed immobiliare da eventuali aggressioni da parte dello Stato e, in secondo luogo, inserirsi, monopolizzandoli poi con la forza di intimidazione, nei settori dell’edilizia e della ristorazione. Per gli inquirenti il commercialista sarebbe stato bravo, quindi, nell’elaborare stratagemmi che consentissero l’interposizione fittizia di beni, anche con la finalità di permettere di acquisire appalti alle aziende considerate “mafiose”.  Inoltre, avrebbe dato suggerimenti tecnici per permettere la movimentazione di capitali illeciti ed il riciclaggio del denaro ottenuto illegalmente, per esempio dalle estorsioni, dai traffici di droga, dal trasferimento fraudolento di valori, anche per superare eventuali dinieghi da parte degli istituti di credito su movimentazioni bancarie ritenute “sospette”.

Il professionista, ancora, avrebbe fornito consigli tecnici, anche prestando attività “meramente materiale”, ad esempio accompagnando dal notaio i presunti intestatari fittizi, per la costituzione una ditta immobiliare e di costruzioni con nuovi soci (Rosario Bonfiglio e Diego Laurendi, quest’ultimo al posto del padre Domenico) o per la costituzione di un’altra ditta nata per rilevare un’attività ristorativa, la “la Taverna del Pirata” di Bagnara Calabra.

“IL PUNTO DI RIFERIMENTO MAFIOSO”. La contestazione del concorso esterno in associazione mafiosa riguarda anche Rosario Bonfiglio e Rosa Alvaro. Dalle indagini emergerebbe infatti che Bonfiglio abbia di fatto coadiuvato – eseguendone le direttive – Domenico Laurendi, per consentirgli di eludere le disposizioni di legge sulle misure di prevenzione patrimoniali e per agevolare attività di riciclaggio e autoriciclaggio, intestandosi fittiziamente dei beni immobili e delle attività imprenditoriali nell’esclusiva disponibilità del “Rocchellina”.

Ma non solo: sempre secondo la tesi investigativa lo avrebbe anche rappresentato sul territorio in sua assenza, divenendo, in sua vece, “punto di riferimento mafioso” per imprenditori che al locale di Santa Eufemia di Aspromonte si sarebbero rivolti chiedendo “protezione” o per i referenti di altre cosche di ‘Ndrangheta.

LA DONNA AL SERVIZIO DEL “CAPO”. Quanto a Rosa Alvaro, sempre sotto le direttive di Laurendi, che l’avrebbe aggiornata costantemente sui suoi spostamenti e sugli investimenti compiuti con i proventi delle loro attività, gli investigatori sostengono che gli avrebbe ad esempio procurato delle schede non intestate così che si potesse comunicare in maniera “protetta” tra gli affiliati, ed in particolar modo con il reggente della cosca Alvaro, Cosimo Alvaro detto “Pelliccia”. La donna avrebbe anche fornito un supporto logistico a Laurendi per permettergli una trasferta fino in Sicilia, dove avrebbe incontrato Alvaro, accompagnandolo con la sua autovettura. La Alvaro, poi, si sarebbe occupata della gestione burocratica delle numerose aziende riconducibili a Laurendi, preparando fatture, effettuando bonifici e mantenendo i rapporti con gli istituti di credito anche con delega ad operare. Infine, avrebbe anche custodito denaro e titoli di credito ricevuti in consegna dallo stesso.

LE INTESTAZIONI FITTIZIE. L’indagine mira a dimostrare che non solo Domenico Laurendi, ma anche altri indagati, avrebbero posto in essere delle condotte di trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio, investendo, i proventi delle loro attività. Quanto al primo caso, il trasferimento fraudolento, a Laurendi si contesta di aver attribuito al figlio Rocco un appartamento a Fabriano e un appezzamento di terreno a Frontone, mentre ne sarebbe stato lui il reale ed unico proprietario. A Laurendi come a Natale Lupoi e Saverio Salerno, si contesta anche di aver mantenuto fittiziamente la titolarità del ristorante “La Taverna del Pirata” di Bagnara Calabria, alla società “Salerno Rocco ed Enza” gestita da Salerno: “al chiaro fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e per agevolare la commissione di delitti di riciclaggio e autoriciclaggio, mentre erano invece Lupoi Natale e Laurendi Domenico i reali ed unici proprietari dello stesso”, affermano gli investigatori. Ancora a Laurendi (come socio amministratore) e al commercialista Cuppari e a Rosario Bonfiglio (in qualità di socio) si contesta poi di aver attribuito fittiziamente la titolarità della LD Immobiliare e Costruzioni a Diego Laurendi, così da eludere le disposizioni di legge sulle misure di prevenzione patrimoniali. Insieme a Cuppari (nel suo ruolo di tecnico professionista e “regista” dell’intera operazione), Rocco e Diego Laurendi (rispettivamente considerati intestatari fittizi) avrebbero attribuito (i primi due) la titolarità della LDR a responsabilità limitata semplificata a Diego e Rocco.

I GUADAGNI REINVESTITI IN IMPRESE. Quanto al reato di autoriciclaggio, si ipotizza che Domenico Laurendi, considerato “figura apicale della consorteria”, abbia commesso diverse estorsioni ai danni di imprenditori a cui erano stati commissionati lavori pubblici, chiedendo il versamento di tangenti, ma avrebbe ottenuto guadagni anche da armi e traffico di sostanze stupefacenti, e quindi impiegato i ricavi traferendoli in attività imprenditoriali, così da ostacolare l’identificazione della loro provenienza.

Stessa contestazione viene mossa a carico di Antonino Gagliostro: ritenuto uomo di fiducia di Laurendi anch’egli avrebbe impiegato i proventi delle attività in attività imprenditoriali.

GLI ARRESTATI. In carcere sono finti dunque, Domenico Laurendi, alias “Rocchellina”, nato a Sant’Eufemia d’Aspromonte il 7.10.1969, già detenuto ed indagato per trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio, aggravati dall’aver agevolato l’associazione mafiosa; Natale Lupoi, alias “Beccaccia”, nato a Sinopoli il 10.6.1975 e residente a Sant’Eufemia d’Aspromonte, già detenuto, indagato per trasferimento fraudolento di valori, aggravato dall’aver agevolato l’associazione mafiosa.

Inoltre, Antonino Gagliostro, alias “u mutu”, nato a Reggio Calabria il 5.5.1973, residente a Sant’Eufemia d’Aspromonte, già detenuto indagato per autoriciclaggio, aggravato dall’aver agevolato l’associazione mafiosa. Rocco Laurendi, nato a Cinquefrondi (RC) il 3.10.1996, residente a Sant’Eufemia d’Aspromonte, già detenuto ed indagato per trasferimento fraudolento, aggravato dall’aver agevolato l’associazione mafiosa];

Ai domiciliari, invece: Saverio Salerno, nato a Bagnara Calabra il 23.2.1959, indagato per trasferimento fraudolento di valori, aggravato dall’aver agevolato l’associazione mafiosa; Rosa Alvaro, nata a Cinquefrondi il 18.11.1983, residente a Sant’Eufemia d’Aspromonte e domiciliata a Reggio Calabria, impiegata ed indagata per concorso esterno in associazione mafiosa, nonché per trasferimento fraudolento di valori, aggravato dall’aver agevolato l’associazione mafiosa.

Sempre ai domiciliari, Gregorio Cuppari, nato a Sant’Eufemia d’Aspromonte il 21.10.1968, commercialista indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, nonché per trasferimento fraudolento di valori aggravato dall’aver agevolato l’associazione mafiosa; Rosario Bonfiglio, nato a Siracusa l’8.10.1974, residente a Sant’Eufemia d’Aspromonte, imprenditore indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e per trasferimento fraudolento di valori aggravato dall’aver agevolato l’associazione mafiosa; Diego Laurendi, nato a Polistena il 19.5.2000, residente a Sant’Eufemia d’Aspromonte indagato per trasferimento fraudolento di valori aggravato dall’aver agevolato l’associazione mafiosa. Le indagini sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria diretta da Giovanni Bombardieri, ed eseguite dalla Squadra Mobile locale dal Commissariato di Palmi, con il concorso del Reparto Prevenzione Crimine e delle Squadre Mobili di Milano, Ancona, Pesaro Urbino, Udine, Potenza, Sassari e Rovigo, sotto le direttive del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Giulia Pantano.

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