Arti marziali, rischia di scomparire l’associazione “Amici della Polizia” di Vibo

La denuncia della nota Asd vibonese: "In una città così piccola, cosa diranno le madri ed i padri dei quasi 100 bambini iscritti?". Inascoltati gli appelli di tecnici e istruttori

amici della polizia

Dopo essere stata per 20 anni il fiore all’occhiello nella pratica delle discipline marziali riceve il ben servito a poche settimane dalla ripresa delle attività sportive. È quello che sta succedendo all’associazione sportiva “Amici della Polizia”, l’organo dilettantistico che dal 2000 accoglie e forma giovani vibonesi proiettandoli nel mondo sportivo, eredità del gruppo giovanile della Polizia di Stato, le Fiamme Oro, che dalla prossima stagione tornerebbero a gestire l’impianto all’interno della Scuola Allievi Agenti di Vibo Valentia, mettendo alla porta atleti e istruttori e sancendo così la fine di una realtà che da sempre non si occupa solo di sport, ma anche e soprattutto di educazione e legalità.

Associazione nata nel 1982

Di fatto ciò che sta andando definendosi è uno scenario già visto: è il 1982 quando l’Amministrazione sportiva vibonese della Polizia costituisce un gruppo che macina successo e raccoglie accanto a sè un numero non indifferente di iscritti i quali, anni dopo, rimangono a spasso grazie a quella stessa Amministrazione che ha deciso di chiudere tutto. Si mobilitano i tecnici, gli istruttori e gli atleti. Alla fine nasce la Associazione dilettantistica sportiva “Amici della Polizia” che quel cordone con l’organo statale che li ha messi al mondo, non vuole staccare. In tutti questi anni al primo posto vi erano sempre “i valori di legalità e giustizia che contraddistinguono la Polizia di Stato, formando adolescenti che si innamoravano della Polizia di Stato e prendevano, successivamente, posto tra le fila della nostra amata Istituzione”.

Inascoltati gli appelli di tecnici e istruttori

“Passano altri 20 anni – spiegano i componenti dell’associazione – e la storia si ripete, ma questa volte il ministero dell’Interno fa di più e rifiuta di permettere una coogestione insieme ad Amici della Polizia della palestra che è ormai diventata casa. A nulla valgono gli appelli dei tecnici e istruttori. L’amministrazione sportiva della Polizia ha deciso di lasciare a casa tutti, nonostante i valori identitari sociali e di legalità siano stati sempre baluardo e orgoglio della Associazione che ne ha raccolto la missione su un territorio martoriato e difficile; nonostante la storia marziale della città vede proprio il gruppo sportivo giovanile della Polizia di stato essere stato promotore nel lontano 1982, della pratica del judo e del kung-fu in tutta la provincia di Vibo Valentia”.

Vanificati 40 anni di impegno, valori e ideologia sportiva

Judo che, insieme a kendo, taekwondo, ginnastica artistica, calisthenics, boxe e pesistica olimpica, ha portato a importanti riconoscimenti all’Associazione e alla struttura tanto da essere stata insignita della medaglia di bronzo al merito sportivo dal Coni per gli anni di attività agonistica svolta nelle varie discipline. Discipline che scomparirebbero insieme all’associazione sportiva solo perché “non si vuole trovare un modo di collaborare da parte delle Fiamme Oro”. Ciò significherebbe “vanificare l’impegno, i valori, l’ideologia sociale e sportiva che va ancora oggi costruendosi e fortificandosi da 40 anni”. Ciò significa sbattere la porta in faccia ai numerosi atleti, alle federazioni nazionali e ai civili che in tutto questo tempo sono cresciuti insieme e nel gruppo, e che hanno reso conosciuti e rinomati gli “Amici della Polizia”.

Provincia povera dove fare sport è difficile

“Oggi l’Associazione – si legge in una lettera inviata al capo della Polizia Franco Gabrielli – propone lo studio e la pratica del judo, del taekwondo, del kendo (unica scuola in Calabria), della pesistica olimpica, del pugilato e della ginnastica artistica (per soli bambini, non esistendo nella città di Vibo Valentia un’area idonea all’avvio di tale fondamentale attività di base). Ognuna di queste discipline ha una sua storia ed una precisa collocazione all’interno del tessuto sociale vibonese. Una provincia povera, minacciata da tanta criminalità. Una provincia abbandonata a se stessa, tanto da meritarsi l’ultima posizione in classifica per qualità della vita. Una provincia in cui non esiste nemmeno un impianto di atletica e dove riuscire a trovare uno spazio ove coltivare lo sport dilettantistico, diventa davvero difficile. Ed in una città così piccola, cosa diranno le madri ed i padri dei quasi 100 bambini iscritti, cosa ne penserà la politica quando questi genitori gli chiederanno il motivo per cui lo Stato, ed in questo caso la Polizia di Stato, in un momento ancor più difficile come questo, non permetterà al proprio figlio di continuare a crescere con i sani valori dello sport che ha amato in tutti questi anni?”.

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