Cronaca

La “protezione” del politico sulla piscina comunale di Catanzaro tra pressioni e minacce

L'ex assessore allo Sport del Comune di Catanzaro era consapevole che i rappresentanti delle altre associazioni sportive censurassero i suoi rapporti di natura clientelare con Lagonia

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Pressioni ricevute per essersi aggiudicato un lotto sulla gestione degli spazi della piscina comunale di Catanzaro “Vinicio Caliò”, “grazie a spinte politiche”, atteggiamenti ostruzionistici da parte di altre società ginniche che, di fatto, avrebbero ostacolato la campagna abbonamenti della Asd Catanzaro Nuoto creando difficoltà organizzative. Ed è in questo contesto che Antonio Lagonia, indagato in concorso con l’ex assessore allo Sport Giampaolo Mungo e Salvatore Veraldi, all’epoca dei fatti fidanzato con la figlia di Mungo per traffico di influenze illecite, decide di rivolgersi a Mungo, attivo nella vita politica catanzarese da anni e col quale era stato candidato nella stessa coalizione elettorale nella tornata del 2006, per ottenerne protezione.

La protezione di Mungo. Lagonia, nel corso dell’interrogatorio davanti al pubblico ministero, riferisce quella che per lui sarebbe stata una mera richiesta di aiuto andata a buon fine: “I miei problemi iniziarono proprio nel momento in cui il 19 settembre 2013 mi recai nell’impianto con mia moglie per prendere possesso della segreteria, su espresso invito della Catanzaro Servizi. Il locale destinato alla segreteria della mia associazione era chiuso con un lucchetto e nessuno provvide a rimuoverlo. Io e mia moglie fummo costretti ad adibire un bancarello a mo’ di scrivania per poter ricevere le iscrizioni degli utenti, iscrizioni che non avvenivano, poiché eravamo adagiati male e dunque non credibili, ma soprattutto vi era una campagna di dissuasione evidente. Gli stessi dipendenti della Catanzaro Servizi indirizzavano alle altre associazioni gli utenti che intendevano iscriversi. Decisi di rivolgermi a Mungo, mio amico di vecchia data e lui con il suo solito fare mi disse: “me la vedo io non ti preoccupare”. Lagonia non sa chiarire in che termini si sarebbe tradotto l’intervento di Mungo, precisando però che quel clima di ostruzionismo che si era venuto a creare era cessato, il lucchetto alla segreteria venne levato e la sua associazione ha tranquillamente potuto operare, sebbene l’ostilità dei titolari delle altre associazioni non era finito: “era come se stessero sempre con il fucile spianato per vedere se commettessi un errore nella gestione”. I rapporti tra Mungo e Lagonia iniziano ad incrinarsi e Mungo, secondo quanto riferisce Lagonia in atti, gli intima di corrispondergli delle somme di denaro, altrimenti sarebbe finito il suo sostegno e sarebbero ricominciate le difficoltà di gestione del lotto che si era aggiudicato.

“Quando ti chiedo qualcosa dammela e basta”. A partire dal gennaio 2015, epoca in cui il presidente della Asd Catanzaro Nuoto, aveva già ottenuto l’aggiudicazione della gestione degli specchi d’acqua, Mungo gli chiese  dei soldi quale remunerazione per il suo interessamento: “Dopo le feste di Capodanno Mungo mi chiamò per raggiungerlo al Ciaccio dove lavorava. Lo feci e lì mi chiese improvvisamente e inaspettatamente di dargli la somma di 3mila euro. Non capii e pensai che mi stesse chiedendo un prestito, senonchè Mungo mi disse che se volevo non avere problemi con la piscina avrei dovuto fare così, che sapevo benissimo come funzionava in questi casi”. Poi iniziano i toni intimidatori: “Antò quando ti chiedo qualcosa dammela e basta, perché hai capito bene come funziona. Se mollo io, tu il giorno dopo sei fuori”.

I timori di Lagonia.  Un colpo enorme a detta di Lagonia, “ma non sapevo cosa fare, poiché da me dipendevano le sorti del personale assunto ed il mio impegno economico con la Catanzaro Servizi. Devo dire infatti che non solo mi preoccupai  delle pressioni delle altre due associazioni che Mungo aveva dimostrato di placare (Sportinsieme e Gas ndr), ma soprattutto temevo, per l’esistenza di una clausola che consentiva alla Catanzaro Servizi di revocare la gestione praticamente ad libitum”. Una spada di damocle che lo indusse a consegnare 3mila euro in busta chiusa a Mungo. “Dopo di allora Mungo mi chiese altri soldi ed io feci capire che non avevo alcuna possibilità economica di farlo. Allora mi suggerì di attingere dai fondi dell’associazione e di farlo facendo figurare l’assunzione di un ragazzo, Salvatore Veraldi, all’epoca dei fatti fidanzato con la figlia (… ). Mungo cercava di strumentalizzare la mia associazione come se fosse politicamente vicina a sé e ne faceva una sorta di distorta sponsorizzazione di vicinanza politica”. Per la Procura non appaiono plausibili le giustificazioni reciprocamente fornite dagli indagati per spiegare la rottura dei rapporti, quelle di Lagonia che parla di un cambiamento,  di  un atteggiamento inaspettato da parte di Mungo e quelle dell’ex assessore allo Sport che riconduce la spaccatura alle dimissioni della figlia, istruttrice in piscina.

“Le verità” di Mungo. Per il pubblico ministero, titolare del fascicolo, un fondo di verità si intravede nella dichiarazione di Mungo quando afferma: “dal momento in cui divenni assessore Lagonia mi inondò di istanze e denunce aventi ad oggetto qualunque aspetto di gestione della piscina, giunse persino a chiedere di rettificare un aspetto del bando ed io rifiutai. Mi dava fastidio che si vociferasse di una vicinanza mia a lui, che i rappresentanti delle altre due società sportive scambiavano per favoritismo”, al punto che qualcuno l’aveva definito il socio occulto della Asd Catanzaro Nuoto.  Una dichiarazione da cui si evince che Mungo e Lagonia contrattassero aspetti di interesse propri dell’ex assessore allo Sport e che Mungo anticipando facili obiezioni fosse consapevole che i rappresentanti delle altre associazioni sportive censurassero i suoi rapporti con Lagonia poiché di natura clientelare.

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