Cronaca

Imprenditori, professionisti e politici: gli “insospettabili” vicini al boss Rocco Anello

Dalle carte dell'inchiesta della Dda di Catanzaro "Imponimento" emergono i rapporti che il capo della Locale di Filadelfia avrebbe tessuto con i cosiddetti "colletti bianchi"

rocco anello

Chi lo conosce bene lo definisce senza esitazioni un “capo indiscusso” capace di rifornirsi di armi e munizioni provenienti dalla Svizzera. Uno di quei boss carismatici che sul suo territorio controllava tutto: dalle imprese che dovevano occuparsi del taglio dei boschi fino alle assunzioni nei villaggi turistici del litorale napitino. Rocco Anello, 59 anni, è per utilizzare il gergo di Andrea Mantella il “capo bastone” di Filadelfia. C’è chi come il più recente dei collaboratori di giustizia, Bartolomeo Arena, lo considera addirittura uno dei quattro capi più influenti di tutta l’area vibonese insieme al super boss Luigi Mancuso e agli altri componenti della “caddara” di mantelliana memoria: il capo di sangregoresi Saverio Razionale e quello di Zungri Giuseppe Antonio Accorinti. “Tutti questi soggetti – dichiara Bartolomeo Arena in un verbale dell’ottobre del 2019 – hanno elevate doti di ‘ndrangheta che tuttavia io non conosco. Mentre Saverio Razionale e Rocco Anello hanno anche delle capacità diplomatiche, di ascolto e di soluzione di problemi, Peppone Accorinti è secondo me ‘una bestia’, nel senso che è molto pericoloso, non ha rispetto e può decidere di uccidere senza un motivo apprezzabile”.

Il “regno” degli Anello 

Il locale di ‘ndrangheta di Filadelfia è saldamente retto da Rocco Anello. I suoi tentacoli si estenderebbero da Pizzo fino ai confini di Lamezia Terme. Al suo fianco in un regno incontrastato ci sarebbero il fratello Tommaso e i fratelli Fruci di Acconia di Curinga. Negli anni gli Anello avrebbero stretto stabili alleanze con altre consorterie criminali e in particolare con i Giampà e i Iannazzo di Lamezia Terme ma anche e soprattutto con i Bonavota di Sant’Onofrio. Edilizia, appalti pubblici, taglio boschivo, turistico-alberghiero ed eolico i settori imprenditoriali dove la cosca è risultata maggiormente impegnata attraverso rapporti intessuti con i cosiddetti “colletti bianchi”: professionisti, imprenditori, politici ma anche appartenenti alla massoneria. Secondo le indagini, con il traffico di sostanze stupefacenti la cosca si arricchiva e con quello delle armi importante dalla Svizzera diventava sempre più potente. A fare da ponte tra la Calabria e la Svizzera erano – da quanto emerge dal decreto di fermo dell’inchiesta “Imponimento” – i fratelli Masdea, mentre sul territorio a ricoprire il ruolo di luogotenente degli Anello ci pensavano i Giuseppe e Vincenzino Fruci, braccio operativo del sodalizio specie nella zona di Acconia di Curinga. Per gli inquirenti sarebbero stati loro ad occuparsi delle estorsioni e degli atti intimidatori.

I “fedelissimi” del boss

A disposizione di Rocco Anello c’erano soprattutto diversi imprenditori. Tra i “fedelissimi” individuati dagli investigatori spiccano Francesco Mallamace, 43 anni di Vibo, Nicola Antonio Monteleone, 40 anni di Polia, ma pure Daniele Prestanicola, 38 anni di Maierato, e Antonio Talarico, 65 anni di Feroleto Antico, che si sarebbero occupati, in tempi diversi, di recapitare i messaggi del boss agli altri sodali mantenendo un canale comunicativo con gli imprenditori vittime delle pretese estorsive. Tra gli imprenditori di riferimento del sodalizio nel settore turistico-alberghiero gli inquirenti indicano anche Antonio Facciolo, 61 anni di Francavilla Angitola, ritenuto già gravitante nell’orbita della cosca Bonavota di Sant’Onofrio e in diretto contatto con gli Anello-Fruci. Sarebbe stato lui a mediare con i fratelli Francescantonio ed Emanuele Stillitani. Tra i partecipi alla cosca alla dirette dipendenze di Rocco Anello e dei suoi più stretti collaboratori gli inquirenti inquadrano con ruoli diversi ed operativi Francesco Notaris, uomo di fiducia di Giuseppe Fruci, Francenscantonio Anello, Rocco Anello (classe ’91), Antonio Anania, Vincenzo De Nisi e Pasquale Rondinelli. Quest’ultimo, insieme a Giuseppe e Vincenzo Rondinelli, si occupava dell’acquisto, della custodia, della manutenzione e della cessione delle armi.

Gli insospettabili

La cosca aveva a disposizione imprenditori ma anche professionisti e politici insospettabili. Come Giovanni Anello, inquadrato come una sorta di “faccendiere”. Si tratta dell’assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Polia. Per l’accusa sarebbe stato in diretto contatto con Rocco Anello e con il suo entourage e insieme al boss avrebbe persino selezionato le imprese che dovevano lavorare, i tempi e i modi dei pagamenti che l’ente pubblico doveva effettuare per i lavori edilizi eseguiti dalle ditte del “cartello” mafioso. “Contribuiva a formare – si legge nel capo di imputazione – la strategia del sodalizio in ambito politico, come quando promuoveva il sostegno della cosca alle elezioni comunali di Maida del 2017 dei candidati Francesco Giardino (al Consiglio comunale) e Valeria Fedele (alla carica di Sindaco) ed alle elezioni politiche nazionali del 2018 al dott. Giuseppe Mangialavori, poi eletto al Senato della Repubblica”. E a chiedere voti alla cosca per il sostegno dello stesso Mangialavori era l’archietto Franco Tedesco, ex consigliere comunale di Vibo non rieletto tra le fila di Forza Italia alle Comunali di Vibo del 2019. Per l’intestazione fittizia di beni il clan avrebbe utilizzato gli imprenditori Domenico Gallello, Romeo Ielapi e Giovanni Giardino mentre per una serie di truffe ai danni dell’Inail sarebbe stato utilizzato Nazzareno Bellissimo.

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