Cronaca

Imponimento, tutte le accuse a Stillitani. La Dda: “Politico di riferimento della cosca”

Secondo l'ipotesi accusatoria gli Anello-Fruci avrebbero fornito appoggio elettorale all'ex sindaco di Pizzo ed ex consigliere regionale. Così i clan si infiltravano nei suoi villaggi turistici

Concorso esterno in associazione mafiosa. E’ questa l’accusa che la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contesta all’ex assessore regionale e sindaco di Pizzo Francescantonio Stillitani e al fratello Emanuele, fermati nell’ambito dell’inchiesta “Imponimento” contro la ‘ndrangheta nel Vibonese e, più nello specifico, contro la cosca Anello-Fruci operante a Filadelfia e ad Acconia di Curinga. Per gli inquirenti i due fratelli Stillitani avrebbero “contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, operante sul territorio della provincia di Vibo Valentia e su altre zone del territorio calabrese, nazionale ed estero (Svizzera), ed in particolare della locale di Filadelfia e della cosca Anello Fruci”. Accuse pesanti nei confronti di due dei più noti imprenditori vibonesi attivi nel settore turistico-alberghiero e proprietari di alcuni villaggi ubicati al confine tra la provincia di Vibo e quella di Catanzaro sulla strada statale 18.

L’ipotesi accusatoria. Francescantonio Stillitani viene chiamato in causa anche per i suoi trascorsi politici da consigliere regionale prima e da assessore regionale dopo. Secondo l’ipotesi accusatoria sarebbe il “politico di riferimento del sodalizio” che gli avrebbe fornito appoggio elettorale come sindaco di Pizzo e per la scalata al Consiglio regionale della Calabria. Stillitani avrebbe consentito alle consorterie criminali che controllavano il territorio al confine tra Pizzo e Lamezia Terme “di infiltrarsi e di aver voce in capitolo negli affari relativi allo specifico settore della gestione di strutture turistiche, anche mediando con altri imprenditori in relazione alle pretese estorsive della cosca e dei suoi appartenenti, concorrendo nelle condotte estorsive, favorendo l’affidamento di opere, forniture e servizi ad imprese contigue alla cosca ovvero direttamente avvalendosene, garantendo l’assunzione di sodali o di soggetti comunque indicati dall’organizzazione”. Non solo “protezione” mafiosa, per assicurarsi la tutela attraverso il pagamento di un contributo in denaro, ma anche una serie di “servizi” che avrebbero consentito all’imprenditore-politico di trarre una serie di vantaggi ingiusti “quali la possibilità di rivolgersi al sodalizio e di avvalersi del metodo mafioso per la risoluzione di problematiche di vario genere, per il compimento di atti di concorrenza illecita o di natura estorsiva nello svolgimento della loro attività imprenditoriale, ovvero di atti intimidatori nei confronti di soggetti non graditi”.

Il “patto” politico-mafioso. Dapprima vittima degli “Anello-Fruci”, secondo la Dda Stillitani avrebbe quindi stabilito con la cosca un rapporto definito “stabile” dal quale ne sarebbe conseguito uno scambio politico-elettorale alle elezioni regionali del 2005. Candidatosi tra le file del’Udc, Stillitani avrebbe ottenuto dal clan un pacchetto di voti in cambio di una somma di denaro pari a circa 10mila euro oltre alla promessa di assumere nelle sue strutture turistiche soggetti vicini al sodalizio. Secondo quanto emerso dall’attività investigativa della Finanza ogni voto sarebbe stato pagato circa 100 euro e a fare da “cerniera” tra il politico e la cosca sarebbe stato un altro imprenditore Antonio Facciolo, ritenuta la figura di “riferimento del sodalizio nel settore turistico alberghiero”.

Il sequestro. Nell’ambito dell’inchiesta sono stati sequestrati oltre 169 milioni di euro. Nell’elenco figurano pure il villaggio turistico “Garden Resort Calabria” ubicato in località Torre di Mezza Praia sulla strada statale 18 a Curinga e il “Napitia”, sito in località Difesa nel comune di Pizzo e per gli inquirenti riconducibili ai fratelli Stillitani.

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