Cronaca

Dalla Calabria al Veneto, tutti gli affari della ‘ndrangheta nel Veronese: 26 arresti

I clan, radicati sul territorio fin dagli anni '80 avrebbero acquisito, direttamente o indirettamente la gestione e il controllo di attività economiche in svariati settori

operazione taurus

Sono 33 gli ordini di custodia cautelare (26 in carcere e 7 con obbligo di firma) emessi dal gip del Tribunale di Venezia, su richiesta della locale Dda, nei confronti di altrettanti indagati accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione, rapina, usura, ricettazione, riciclaggio, turbata libertà degli incanti, furto aggravato, favoreggiamento, violazione delle leggi sulle armi, con le aggravanti mafiose. I provvedimenti scaturiscono da un’attività investigativa del Ros per accertare la presenza, in Veneto, di strutture ‘ndranghetiste. Oltre cento le persone raggiunte da avvisi di garanzia. Gli arresti sono stati eseguiti dal Ros con il supporto dell’Arma territoriale in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Calabria. Contestualmente, si sta procedendo a numerose perquisizioni e sequestri di beni, mobili e immobili, per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro.

Operazione Taurus.
L’inchiesta condotta sul campo dai carabinieri del Ros è iniziata nel 2013 per ricostruire un traffico di stupefacenti verso il Veneto. L’indagine si è quindi allargata e ampliandosi ha accertato le infiltrazioni della ‘ndrangheta e la presenza di quella che gli investigatori definiscono “una strutturata consorteria ‘ndranghetistica stanziata a Sommacampagna in provincia di Verona da almeno il 1981″. Secondo l’accusa sarebbe riconducibile alle famiglie Gerace, Albanese, Napoli e Versace originarie della piana di Gioia Tauro e con ramificazioni in diversi comuni della provincia di Verona come Villafranca Veronese, Valeggio sul Mincio, Lazise e Isola della Scala. In particolare è stato possibile fare emergere importanti elementi di responsabilità partecipativa alla struttura ‘ndranghetista con articolata divisione dei compiti all’interno del sodalizio, nonché la sua costante connessione con il ‘Crimine di Polsi’ nel cuore dell’Aspromonte confermando ulteriormente il carattere unitario della ‘ndrangheta.
Le indagini hanno anche evidenziato “concreti e puntuali elementi di pervicace capacità di intimidazione e conseguente assoggettamento delle vittime, realizzato attraverso la commissione, nel tempo, di un sistematico e rilevante numero di reati (in particolare estorsioni ed usura), acclarando anche la realizzazione di un vorticoso giro di false fatturazioni per operazioni inesistenti”. Inoltre sono stati documentati “diversi episodi di riciclaggio, commessi attraverso società di cui i formali titolari si servivano, avvalendosi anche della mafiosità dei loro interlocutori, per trarre un personale tornaconto”.

Gli appetiti della ‘ndrangheta.
Dal quadro emerso dalle indagini è possibile ipotizzare – spiegano ancora gli inquirenti -, sulla base dei concreti elementi acquisiti, la capacità della consorteria di acquisire, direttamente o indirettamente, la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori (in particolare costruzioni edili e movimento terra, impiantistica civile ed industriale, servizi di pulizia e di affissione della cartellonistica pubblicitaria, commercio di autovetture e materiali ferrosi, nonché trasporti su gomma) anche in collegamento con soggetti contigui alla cosca ‘Grande Aracri’ di Cutro (KR) stanziali nella provincia di Verona. Infine, gravi elementi sono emersi in ordine alla gestione, da parte dei sodali, di un traffico di stupefacenti, sviluppato nel veronese attraverso due canali di approvvigionamento: uno in Calabria e l’altro facente capo ad appartenenti a gruppi criminali albanesi e sloveni. Nel corso delle attività, sono stati sequestrati ingenti quantitativi di cocaina e marijuana.