Cronaca

Processi aggiustati in cambio di sesso, la Dda contro la Tassone: “C’è corruzione”

La distrettuale di Salerno spiega le motivazioni del ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame di rimettere in libertà l'avvocato

Petrini-Tassone

“Errata applicazione della legge penale, lettura fuorviante della norma sulla corruzione in atti giudiziari”. La Dda di Salerno, nelle persone dei procuratori aggiunti Alberto Cannavale e Luca Masini e il sostituto Vincenzo Senatore motiva il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza con cui il Tribunale del Riesame ha concesso, in luogo degli arresti domiciliari, la libertà all’avvocato Maria Tassone, detta Marzia, indagata nell’inchiesta “Genesi”, accogliendo le istanze difensive dei codifensori Valerio Murgano e Antonio Curatola. Per i giudici del Riesame, tra la Tassone e l’ex presidente della Corte di appello di Catanzaro, Marco Petrini c’era un rapporto sentimentale, confermato da entrambi. Una relazione stabile nel tempo, che “si pone in contrasto con l’ipotesi di mercimonio dell’atto sessuale. Eventuali richieste di aiuto fatte dalla Tassone a Petrini, possono al più configurare ipotesi di abuso di ufficio, ma non la corruzione”, mancando, il patto finalizzato ad ottenere l’aiuto sull’atto giudiziario dietro compenso di una prestazione sessuale.

“Gravi indizi di colpevolezza assenti”. Per il Tdl mancano i gravi indizi di colpevolezza dal momento che “risulta difficile qualificare l’attività svolta in termini di corruzione, laddove non si ha contezza della richiesta eventualmente fatta (dalla Tassone ndr), ma soprattutto della commessa utilità promessa, circostanza quest’ultima contraddetta dagli esiti investigativi, atteso che i rapporti intercorsi tra i due indagati sembrano prescindere da accordi corruttivi”.

Valutazione dei fatti errata. Una valutazione dei fatti, quella operata dal Tdl non condivisa dalla distrettuale di Salerno: “infatti il Tribunale, da un lato, subordina la sussistenza del reato di corruzione alla adozione di un provvedimento giudiziario da parte del magistrato, sostenendo di contro l’irrilevanza in ambito penale di pareri e suggerimenti resi dal magistrato stesso a beneficio dell’avvocato Tassone nella redazione di atti difensivi, dall’altro condiziona lo stesso reato ad un accordo fra un determinato atto giudiziario e l’atto sessuale ”. Per la Dda di Salerno l’interpretazione della norma data  dal Tribunale del Riesame, contrasta con il prevalente e più recente orientamento della Cassazione che valorizza il concetto “di stabile asservimento delle funzioni pubbliche ad interessi privati”, disancorandola totalmente dalla necessità di individuare una diretta relazione fra atto del pubblico ufficiale ed utilità da questi ricevuta dal privato. “Non v’è dubbio che Marco Petrini nel ricevere dall’avvocato Tassone prestazioni sessuali e dunque utilità- scrivono i magistrati nel ricorso in Cassazione – abbia violato il dovere di ufficio di imparzialità cui ogni giudice è tenuto,  nell’adottare sia il provvedimento favorevole per la professionista (ndr facendo esplicito riferimento al processo “Ragno”, pendente dinanzi alla Corte di appello presieduta dallo stesso Petrini e in relazione al quale, nell’udienza del 14 gennaio 2019, veniva bocciata la richiesta della Procura generale di acquisizione dei verbali di interrogatorio del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, in accoglimento delle tesi difensive) sia nel dispensare, sempre a favore dell’avvocato Tassone, pareri e suggerimenti”. L’udienza in Cassazione, dove verrà discusso il ricorso della Dda campana si terrà il prossimo 25 settembre davanti alla VI sezione penale.

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