Cronaca

Inchiesta sulla piscina comunale di Catanzaro al capolinea. Tre gli indagati (NOMI)

Oltre all'ex assessore allo Sport Mungo, sotto inchiesta il titolare dell'Asd Catanzaro Nuoto e Salvatore Veraldi per traffico di influenze illecite

Un “patto criminale” consistito nel mettersi a disposizione del gestore della piscina comunale di Catanzaro, venendo incontro a qualsiasi esigenza correlata alla gestione degli spazi d’acqua, avvalendosi delle sue conoscenze all’interno di Palazzo De Nobili dietro il pagamento di un prezzo o l’assunzione di “uno di famiglia”. E’ arrivata al capolinea una delle inchieste sulle presunte irregolarità nella gestione della piscina comunale Vinicio Caliò, nel quartiere Pontepiccolo di Catanzaro. Il sostituto procuratore Graziella Viscomi ha chiuso le indagini nei confronti di Giampaolo Mungo, 54 anni; Antonino Lagonia, 52 anni, e Salvatore Veraldi, 29 anni,  tutti e tre di Catanzaro, a carico dei quali si ipotizza il reato di traffico di influenze illecite.  Secondo il magistrato, titolare del fascicolo, Mungo, all’epoca dei fatti assessore comunale allo Sport avrebbe sfruttato e vantato relazioni con pubblici ufficiali  o comunque incaricati di pubblico servizio operanti al Comune di Catanzaro e nell’azienda municipalizzata della Catanzaro Servizi per farsi promettere ed effettivamente dare diverse utilità (corrisposte  tramite Salvatore Veraldi, all’epoca dei fatti fidanzato con la figlia di Mungo) da Antonio Lagonia, titolare dell’associazione sportiva dilettantistica “Catanzaro Nuoto”.

Lo scambio di favori. In particolare Mungo avrebbe promesso di mettersi a disposizione di Lagonia e della sua Asd Catanzaro Nuoto per qualsiasi esigenza connessa all’esercizio e alla gestione degli spazi d’acqua della piscina comunale Vinicio Caliò, anche in relazione alla programmazione per la gestione dei campi da tennis di Pontepiccolo, ricevendo in cambio una serie di utilità: la somma di 7.500 euro versati, il 20 luglio 2015  dal conto della Asd Catanzaro Nuoto sulla posta pay evolution  intestata a Salvatore Veraldi, con causale “assistenza spogliatoi, attività agonistiche e assistenza campus estivo” nel periodo intercorrente tra ottobre 2014 e luglio 2015. Ma quale sarebbe stato, per la Procura l’espediente per intascare questa somma? Lagonia avrebbe proceduto all’assunzione fittizia di Veraldi , definito dalla Procura “necessario e consapevole  conoscitore del patto criminale fra Mungo e Lagonia”, il quale, fra l’altro, risulta del tutto sconosciuto agli altri dipendenti e collaboratori  che hanno operato nella piscina comunale. Avrebbe corrisposto allo stesso Veraldi somme di danaro a titolo di stipendio, con l’anomala modalità di pagamento, in un’unica soluzione, “per 9 mesi di asserita prestazione lavorativa”, al solo fine di stornare i soldi in favore di Mungo, come si desumerebbe dai prelievi in contanti di Veraldi immediatamente dopo la ricezione del bonifico.  E poi ancora, la somma di 7.500 circa per l’anno 2016 corrisposta in contanti e sempre tramite Veraldi, con consegna mensile di 925 euro a titolo di stipendio per “l’apparente prestazione lavorativa svolta”.

L’assunzione della figlia. L’altro favore ricevuto da Mungo sarebbe stato quello di ottenere l’assunzione nella società sportiva della figlia. Fatti commessi a Catanzaro il 20 luglio 2015, ad ottobre 2016, mentre la promessa risale al mese di ottobre 2014. Fin qui le ipotesi di accusa, di fronte alle quali gli indagati, assistiti dai loro legali difensori, gli avvocati Giuseppe Pitaro e Vittorio Ranieri per Mungo, Antonello Talerico per Veraldi e Antonio Lomonaco per Lagonia, avranno venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogati, rilasciare dichiarazioni spontanee, depositare memorie difensive, prima che il pubblico ministero, vada oltre e proceda con una richiesta di rinvio a giudizio.

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