Economia & società

Vibonese affetta da una rara malattia si appella alle istituzioni: “Non fatemi morire”

L'Asp le sospende le terapie domiciliari: "Non voglio pietà ma rivendico il mio diritto ad una esistenza dignitosa e ad avere la possibilità di vivere un giorno in più"

Il suo è qualcosa di più di uno sfogo. E’ una disperata richiesta di aiuto alle istituzioni di Vibo Valentia, che vengono accusate di averla abbandonata. Francesca Andrea Kristel, questo il suo profilo su Facebook, è affetta da una malattia rara (Atassia Spinocerebellare Sca1) che “non mi consentirà di vivere a lungo. Ho visto morire mio padre, la mia sorellina, nonni, zii e cugini di questa terribile malattia. E anche io, come loro, ho purtroppo una vita a tempo”.

Non per questo, però, ha mai perso il mio sorriso, anche se a volte “sono molto arrabbiata e mostro il “famoso” dito medio. Scrivo queste 4 righe non perché sono in cerca di un miracolo, anche se ogni notte sogno di svegliarmi una mattina e di riuscire a correre come una pazza! Ma no, nessun miracolo, perché sono consapevole della realtà”.

L’unico sollievo questa ragazza coraggiosa lo trova nelle terapie domiciliari: “Ci sono persone qualificate che vengono a casa e aiutano il mio piccolo corpo, sempre più rannicchiato in se stesso, a distendersi e a rilassarsi. E per una come me, costretta ormai da anni a stare seduta immobile, sapete cosa vuol dire avere 5 minuti di pace? Tanto, tutto”.

Un’assistenza domiciliare fondamentale destinata a finire: “Per qualche mese purtroppo queste figure non mi verranno più ad aiutare. Il motivo sembrerebbe sempre il solito: il taglio dei costi della sanità. Delle due terapiste presenti all’Asp di Vibo – scrive Francesca – una è stata infatti lasciata ferma in ufficio per l’emergenza Covid-19, mentre l’altra ha avuto un problema di salute e sta giustamente in malattia senza che nessuno, però, abbia ancora provveduto a sostituirla. Mi aspettano, insomma, dei mesi durissimi. Mesi in cui la malattia ricomincerà a correre più veloce. E quando dall’Asp qualcuno magari si degnerà di mandare una terapista sarà forse troppo tardi. Basti pensare che già adesso, per esempio, andare in bagno è praticamente impossibile senza un minimo di sostegno fisico. Il mio corpo è atrofizzato”.

Nemmeno dal Comune di Vibo è giunto l’aiuto sperato: “Dal Comune avevano  promesso di mandare delle operatrici socio-sanitarie e delle volontarie per aiutarmi fisicamente e psicologicamente a vivere meglio. Sarei potuta andare al mare, a mangiare un gelato, a farmi una passeggiata, a vedere il cielo, il sole, le persone per strada. Cose normali ma per me eccezionali. Ma niente, nemmeno in questo caso qualcuno si è fatto vivo. Tutti latitano o rispondono. Al massimo ti stringono le spalle”.

Da qui le amare conclusioni: “Ora, sia chiaro, io non sto qui a chiedere l’elemosina o il favore personale o la pietà. Vivo a testa alta da sempre e, fidatevi, ho le spalle abbastanza larghe per sopportare i dolori della vita. Ma su una cosa non riesco a transigere: i miei pochissimi diritti. Perché, badate bene, tutte queste attività che mi hanno tolto sono un mio diritto. Diritto alla salute, diritto alle cure. Diritto ad avere un’esistenza dignitosa. Diritti che sono cose semplici: assicurarmi di vivere un giorno in più. E nel silenzio generale mi stanno condannando, invece, a vivere un giorno in meno.Sono stanca, ma sorrido. E non mollo. Mai”.

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